Questa è la prima di una serie di interviste con gli eletti nella ripartizione Nord-Centro America sul referendum costituzionale
Il 20 e 21 settembre, gli italiani saranno chiamati alle urne per fare la propria scelta in merito al referendum costituzionale relativo al taglio dei parlamentari (Ma gli italiani all’estero dovranno in questi giorni inviare nei consolati già il loro voto). Di referendum, motivazioni del sì e del no e di futuro, abbiamo parlato con l’Onorevole Francesca La Marca, eletta tra le fila del Pd nella circoscrizione estera del Nord e Centro America. Nata a Toronto da genitori italiani, La Marca ha da sempre mantenuto un legame diretto con l’Italia e con le sue comunità, sia in Canada che negli Stati Uniti. Ha conseguito un PhD in letteratura francese presso l’Università di Toronto, parla quattro lingue e in Canada ha svolto l’attività di docente. Nel 2013 è eletta per la prima volta alla Camera dei Deputati, sempre con il PD.
Onorevole La Marca, quale sarà il suo voto al referendum del 20-21 settembre e quali sono le ragioni principali della sua scelta?
“Io voterò convintamente “no” al referendum per vari motivi, ma soprattutto perché questa riforma va a penalizzare gravemente gli italiani all’estero. Noi, come collegio estero, vediamo la nostra rappresentanza ridotta di un terzo, perché passiamo da 18 a 12 rappresentanti. Io mi auguro di no, ma se dovesse passare il “sì” verrebbe dato un messaggio sbagliato per quanto riguarda il nostro ruolo sul territorio nazionale, cioè il contributo degli italiani nel mondo e si andrebbe a ridurre drasticamente la nostra rappresentanza, che finirebbe per diventare più che altro simbolica”
Ricordo che nell’Ottobre 2017, quando si discuteva riguardo la legge elettorale, il Rosatellum bis, il Movimento 5 Stelle aveva presentato un emendamento con l’obiettivo di abolire il voto per corrispondenza, che di fatto è la modalità attraverso cui si partecipa alle elezioni fuori dall’Italia, e più o meno sulla stessa linea era anche riguardo la stampa all’estero, alla quale voleva togliere ogni aiuto. Ora il Partito Democratico è alleato con i 5 Stelle, ma lei fino a dove crede che l’alleanza possa continuare? Qual è il limite che lei non sarebbe più disposta ad accettare?
“Più che altro la domanda è se, essendo alleati di governo, la pensiamo allo stesso modo. La risposta ancora una volta è: assolutamente no. Ricordo che, nel 2017, io e i miei colleghi del PD ci siamo detti contrari e abbiamo anche manifestato contro le proposte dei 5 Stelle sull’abolizione dei contributi alla stampa estera e del voto per corrispondenza. Pensiamo a una zona come la nostra, il Nord e Centro America. Far votare nei seggi andrebbe a penalizzare non soltanto chi fa parte di una fascia d’età avanzata e non si può recare fisicamente alle urne, ma considerata l’immensità del territorio e la dispersione della popolazione, si rischierebbe veramente di far votare soltanto l’1%. Noi, come PD, siamo a favore del mantenimento del voto per orrispondenza e siamo diversi dai 5 Stelle, non la pensiamo allo stesso modo. Nonostante siamo alleati di governo, abbiamo posizioni ben diverse, soprattutto per quanto riguarda l’estero”
Un gruppo tra ex parlamentari e componenti delle istituzioni ha scritto una lettera indirizzata al Presidente Mattarella chiedendo “rassicurazioni immediate sulla partecipazione dei residenti all’estero al referendum”. Infatti, i residenti all’estero rischiano di non poter prendere parte alla votazione. In Brasile, ad esempio, dove vivono oltre 500.000 connazionali, a causa degli impedimenti dovuti alla pandemia i sindacati dei servizi postali hanno indetto uno sciopero a tempo indeterminato, rendendo di fatto impossibile la trasmissione dei plichi elettorali. Quanto è importante questo voto per gli italiani all’estero e crede ci saranno problemi per l’esercizio del voto in questa circostanza?
“Penso sia molto importante far sentire la nostra voce, il referendum è un’espressione di democrazia. Per questa occasione io spero di no, ma temo ci possano essere problemi dal punto di vista logistico. In Canada e Stati Uniti siamo un po’ privilegiati, qua le poste funzionano, ma a prescindere da questo, nel periodo di emergenza covid in tutto il mondo c’è stato un rallentamento delle funzioni. Bisogna innanzitutto verificare che le schede arrivino in tempo, io ho persone che mi contattano ogni giorno dicendo di non aver ancora ricevuto le schede. In ogni caso, se si votasse “sì” si andrebbe a penalizzare gravemente soprattutto gli italiani residenti all’estero, perché sarebbe il primo passo verso l’indebolimento del nostro peso in Italia. Abbassando il numero dei deputati da due a uno per tutto il Nord e Centro America e tenendo un senatore da spartire con l’Australia, si andrebbe a sminuire e svuotare di senso la nostra rappresentanza. Per questi motivi credo che questo referendum debba essere preso non alla leggera, ma molto seriamente”
Parlando di economia, pensa che il taglio dei parlamentari sia un buon modo per ridurre la spesa pubblica, o crede che esistano proposte migliori?
“Io ho sempre detto, sin dal primo giorno della mia prima legislatura, che sia sbagliato dare ai parlamentari in Italia la possibilità di continuare la loro attività professionale mentre sono in Parlamento, perché questo fa perdere tempo. Quindi la prima cosa che propongo è che ogni parlamentare debba andare in aspettativa per quanto riguarda la propria attività professionale per dedicarsi al 100% all’attività politica. Un secondo aspetto, e lo dico da donna nordamericana nata e cresciuta in un ambiente anglosassone, è la presenza di colleghi che ogni giorno fanno assenze giustificate perché vengono messi in “missione” per partecipare a conferenze o altro. Non si presentano in aula, ma sono comunque retribuiti. Questo non dovrebbe succedere e anche solo partendo da qui si potrebbe trovare un modo migliore per risparmiare”
Considerate le riduzioni che verrebbero effettuate, crede che, con la vittoria del sì, si finirebbe con l’avere un problema di rappresentatività? Questo è un argomento ricorrente tra i sostenitori del no. Attualmente, l’Italia è il terzo Paese al mondo per numero di parlamentari, dietro soltanto a Cina e Regno Unito. Con l’approvazione della riforma passerebbe al settimo posto, finendo dietro a Francia, India, Germania, Giappone e Spagna. Crede sia un problema?
“Credo proprio di sì e le spiego il perché. Ancora non si capisce in che modo la riduzione del numero dei parlamentari comporti dei risparmi significativi. Gli esperti stimano che ogni italiano risparmierebbe il costo di un caffè all’anno, ma in ogni caso quando si parla di democrazia non so se si possa parlare anche di risparmi, anche perché qual è il costo della democrazia? Ha un valore inestimabile. Detto ciò, il problema più grave a mio avviso è il fatto che non si vada a toccare il bicameralismo perfetto, come
Renzi tentò di fare quattro anni fa. Sono convinta che quella sarebbe stata una riforma giusta, che avrebbe portato dei risparmi significativi. Quando si approva un qualsiasi provvedimento, questo deve avere l’approvazione di Camera e Senato e spesso ci sono magari due o tre passaggi. Tutto ciò si traduce in una perdita di tempo e di denaro, quando invece si potrebbe fare tutto in modo molto più semplice dando al Senato una funzione ben diversa da quella della Camera. Io penso che il problema sia veramente un altro, ovvero rendere tutto il sistema molto più efficace, modificando il bicameralismo perfetto”
Secondo un sondaggio di Alessandra Ghisleri, quattro italiani su dieci sono convintamente a favore del taglio dei parlamentari. Considerando l’ampia astensione prevista, ci si aspetta una vittoria netta. Se vince il sì lei si ricandiderà?
“Per me l’importante è focalizzarsi sul referendum e fare di tutto perché, almeno all’estero, vi sia un forte “no”. Guardi, io mi rendo conto che probabilmente ci siano forti probabilità che vinca il “sì”, ma quello su cui sto puntando è spendere tutte le mie energie sul referendum portando avanti il “no” e facendo campagna per il “no”. Penso sia importante, almeno dall’estero, dire un “no” convinto, perché se la partecipazione al voto sarà scarsa, questo sarà il pretesto giusto per l’Italia per dire ‘Riesaminiamo il voto all’estero. È un lusso che non ci possiamo permettere, perché soltanto il 2% della popolazione ha votato’. Quindi è importante votare ed è importante votare “no” per tutelare noi stessi. Per quanto riguarda la ricandidatura, al momento non penso proprio ad una prossima elezione. Il mio focus è fare bene il mio lavoro in questo momento, dare il massimo per i nostri concittadini e la nostra collettività”
In un’intervista il presidente della Camera Fico ha detto che “Vada bene tagliare i parlamentari, non è solo risparmio di soldi ma porta efficienza nel lavoro”. Lei crede che ridurre il numero dei parlamentari significhi aumentare l’efficienza delle Camere?
“Non ne sono convinta. Intanto le dico che io non sono contraria in assoluto ad un taglio dei parlamentari, però fatto in questo modo, francamente, non vedo tutta questa efficienza che le Camere andrebbero a recuperare e tutti questi risparmi, anche perchè bisognerà comunque continuare a pagare i funzionari, che godono di uno stipendio molto alto. Ridurre soltanto il numero di senatori e deputati significa avere meno rappresentanza. Sa, io sento gli italiani in loco che si lamentano del fatto che non sia come una volta, quando c’era un rapporto diretto tra parlamentare ed elettore. Io, in queste due legislature, ho dato molta importanza al legame con i cittadini, ho viaggiato tanto e incontrato molte persone. Tagliare così, con questa sforbiciata drastica, significa che la nostra rappresentanza diventerà soltanto un fattore simbolico, e finiremo per dire addio al contatto diretto con il popolo”
I sostenitori del “no”, tra le varie motivazioni in sostegno della loro scelta, ribadiscono che con la riduzione del numero dei parlamentari si finisca con l’indebolire il Parlamento, crede sia così?
“Si finirà per indebolire il Parlamento nel senso che si ridurrà la nostra rappresentanza e quindi quel contatto tra elettore e parlamentare. In questo senso sì”
Se avesse la possibilità di modificare il quesito referendario, lo farebbe? E se sì cosa cambierebbe per riuscire a migliorarlo?
“Io avrei personalmente lasciato fuori la circoscrizione estero da questo referendum, non avrei toccato la nostra rappresentanza. Non per salvare la poltrona, ma proprio perché vedere ridotto da due deputati ad un deputato, con la possibilità di dover condividere un senatore, penso che sia completamente sbagliato. Quindi, intanto, dal quesito referendario avrei lasciato fuori i parlamentari italiani all’estero, perché un conto è ridurre in Italia, dove ripeto ha un senso se fatto in modo diverso, e un conto è all’estero. In definitiva, posso soltanto ribadire il mio “no”, auspicando che così si voti convintamente all’estero”
Quindi se nel quesito avessero lasciato fuori i parlamentari all’estero, avrebbe votato sì?
“Penso che in fin dei conti avrei comunque votato “no”, perché anche se l’idea non è certamente cattiva, anzi se ne parla da decenni, non credo vada fatta in questo modo. Ci sono regioni come la Calabria o il Molise che verrebbero fortemente penalizzate dal taglio. Avrei votato “no”, perché la riforma andava fatta in modo diverso, proprio come aveva proposto l’ex presidente del consiglio Renzi”.
Seguirà domani l’intervista sullo stesso tema con l’On. Fucsia Nissoli di Forza Italia.