In Germania sabato sarebbero stati decine di migliaia i manifestanti (fonti ufficiali parlano di 38.000 persone): molte ma infinitamente meno di quelle che si aspettavano gli organizzatori che avevano previsto un milione di manifestanti. “Siamo qui per dire: dobbiamo stare attenti! Crisi del corona virus o no, dobbiamo difendere le nostre libertà”, ha dichiarato all’Afp una delle manifestanti.
Una manifestazione osteggiata sin dal primo momento dalle forze dell’ordine: fin dalla richiesta dell’autorizzazione che, in un primo momento, le autorità avevano negato il consenso temendo che i partecipanti potessero non rispettare le misure di sicurezza imposte dalla pandemia. Poi, forse temendo che i commenti sui social network (che minacciavano pressioni e violazioni dei divieti) potessero diventare realtà e che le conseguenze potessero essere ben più gravi, il tribunale amministrativo di Berlino ha concesso l’autorizzazione.
Ben diversa la situazione nelle altre capitali europee: a Londra, erano solo un migliaio i manifestanti riuniti a Trafalgar Square per chiedere la “fine della tirannia medica”.
E poche centinaia i giovani che hanno partecipato alle proteste a Parigi: non più di 300 che hanno marciato contro la decisione del governo di rendere obbligatorio l’uso della maschera in tutte le aree pubbliche (ma c’è già chi paventa il ritorno al lockdown). “Sono semplicemente una cittadina arrabbiata contro le misure di limitazione della libertà che non hanno alcuna giustificazione medica”, ha detto una delle ragazze che ha preso parte alla protesta.
In molti paesi europei si sta assistendo ad una crescita esponenziale dei contagi. Gli ultimi dai ufficiali indicano Spagna, Regno Unito e Francia in cima alla classifica dei casi di contagi. In Francia, l’ultimo bollettino parlava di oltre 7.300 casi in 24 ore. La Spagna, giovedì scorso, ha segnalato 9.658 nuovi casi di corona virus, il più grande aumento della seconda ondata di infezioni, con Madrid, Andalusia, Catalogna e Paesi Baschi in testa. Preoccupante la situazione anche in Europa orientale dove l’Ucraina ha registrato un aumento giornaliero record di contagi, superando per la prima volta 2.000 nuovi casi: nelle ultime 24 ore, le autorità sanitarie hanno segnalato 2.134 nuovi casi positivi per un totale di 98.537 contagi.
Una situazione che, unitamente al lungo periodo di lockdown da poco terminato, ha scatenato malumori in tutto il vecchio continente.
A Berlino, la polizia tedesca è intervenuta e ha sospeso la manifestazione contestando il mancato rispetto delle regole sul distanziamento. “La distanza minima non è rispettata dalla maggior parte dei manifestanti nonostante le ripetute richieste” hanno dichiarato le forze dell’ordine, “non c’è altra possibilità che quella di sciogliere il raduno”. La polizia ha sciolto la protesta di massa poche ore dopo l’inizio e 300 persone sono state arrestate. Sono seguite dure proteste (secondo alcuni guidate dagli estremisti di estrema destra) e alcuni manifestanti hanno cercato di assaltare l’edificio del parlamento tedesco, ma senza riuscire ad entrare. In una dichiarazione rilasciata sull’incidente
Il ministro dell’Interno, Horst Seehofer, ha chiesto “tolleranza zero” contro “vandali ed estremisti”. Più diplomatico il commento della Merkel: “Dovremo convivere con questo virus per molto tempo a venire. È ancora grave. Per favore, continuate a prenderlo sul serio”.
A sorprendere più di ogni altra cosa è stata forse l’eterogeneità dei gruppi che hanno aderito alla manifestazione. Alcuni dei partecipanti protestavano contro l’obbligo dei vaccini o delle maschere per il viso. Altri contro il governo tedesco in generale. Alcuni hanno sfoggiato magliette che promuovevano la teoria della cospirazione “Qanon”. Altri ancora sventolavano slogan nazionalisti bianchi e insegne neonaziste (sebbene la maggior parte dei partecipanti negasse di avere opinioni di estrema destra). Alcuni hanno partecipato per protestare su questioni che non avevano nulla a che vedere con la pandemia: Uwe Bachmann, 57 anni, ha dichiarato ad un giornale tedesco di essere a Berlino per protestare per la libertà di parola. E c’è anche chi voleva protestare contro l’attuale sistema politico tedesco e chiedeva il ritorno alla costituzione del 1871.
Tra i manifestanti anche Robert F. Kennedy Jr. che, oltre a partecipare all’evento, ha approfittato del momento mediatico per tenere una conferenza stampa e presentare la Children’s Health Defense Europe Chapter, la sede europea dell’associazione con sede negli USA di cui lui stesso è presidente. Presenti alla conferenza stampa Senta Depuydt e Tina Choy (membri del consiglio di CHD Europe), RA Markus Haintz (Querdenken-731 Ulm) e Heiko Schöning (MD, Ärzte für Aufkärung). Kennedy Jr. ha dichiarato di essere a Berlino per incontrare colleghi da tutta Europa per “discutere le sfide globali sulla salute e sui diritti umani” e per intervenire a quella che “si prevede sarà la più grande folla della storia tedesca”.
Non si sa se per l’affluenza infinitamente minore o per le caratteristiche della manifestazione, ma di certo la presenza del presidente della Children’s Health Defense è rimasta in secondo piano, nonostante i buoni propositi e il nome blasonato del presidente. Un fattore mediatico non indifferente che lo stesso Robert F. Kennedy Jr. ha cercato di sfruttare annunciando che avrebbe tenuto il proprio discorso di fronte alla Porta di Brandeburgo, dove suo zio, il presidente John F. Kennedy, il 26 giugno del 1963, tenne il famoso discorso “Ich bin ein Berliner”.
Ma nel 1963, Kennedy (John Fitzgerlad) era presidente degli Stati Uniti. E il discorso pronunciato a Berlino ovest (ai tempi la città era ancora divisa) fu uno dei suoi discorsi più famosi. J.F. Kennedy parlò di “comunismo” e di “Unione Sovietica” (si era appena chiusa la vicenda dei missili sovietici a Cuba). Kennedy (John Fitzgerald non Robert Jr.) parlò a braccio davanti a centinaia di migliaia di berlinesi. E le sue parole sono rimaste nella storia.
Ad ascoltare il discorso di sabato dal nipote di Kennedy, Robert Jr., c’erano molte meno persone, per lo più presenti per i motivi più disparati e non per ascoltare le sue parole. Molti giornali non hanno ritenuto opportuno neanche citare l’evento o cosa abbia detto Kennedy (Robert Jr. non JFK). E hanno preferito concentrarsi sul tema che ormai distoglie l’attenzione di tutti da molti, troppi mesi: la pandemia. E le sue conseguenze.