Ho rivisto 2 volte il discorso di Barack Obama. Ho letto l’articolo scritto dal Direttore della Voce di New York, Stefano Vaccara. La sua puntuale e attenta analisi mi spinge ad esaminare gli aspetti più concreti degli effetti straordinari che può produrre l’ efficace comunicazione politica.
Ascoltando l’ex Presidente Obama si ha la sensazione per un attimo di sognare. E di non smettere di credere che ancora nella politica esistono le tre cose che gli hanno permesso di essere un grande comunicatore oltre che un grande Presidente: valori, contenuti e strategia. Nessuna comunicazione improvvisata, nessuna svolta populista per avere ragione a tutti i costi. E proprio nelle ore in cui Obama con la doverosa chiarezza parla a tutti gli americani, in Italia un grande accademico e uomo di Stato, Sabino Cassese, richiama addirittura J.F. Kennedy per spiegare quanto la politica non deve rincorrere il consenso a tutti i costi, ma governare o fare opposizione. Perché il concetto che sta passando di moda è che la verità in politica, così come nell’attività di governo diventa relativa, se bisogna essere certi di avere consensi, o di recuperarli e quindi di non perderli.
Ripeto, il messaggio diventa forte quando è chiaro. Ho scritto su Barack Obama, articoli scientifici o opinioni per i media, ho dedicato alla sua capacità di comunicare due libri: Come dire qualcosa di sinistra e La Net Comunicazione Politica. E’ stato lui che mi ha permesso di argomentare come e perché si può fare buona comunicazione politica. E durante il suo ultimo comizio alla Convention dei Democratici pro Biden ha saputo colpire e affondare Donald Trump con frasi che non sono scontate, ma che rimangono scolpite. Ancora di più se pronunciate con la sua voce calda, oggetto di più studi, che hanno dimostrato la fortissima efficacia.

“Dovremmo aspettarci -ha detto Obama- come minimo un presidente che prenda in custodia questa Costituzione, protegga le libertà. Non mi sarei mai atteso che seguisse la mia politica o condividesse la mia visione, ma per il bene del Paese ho sperato che Donald Trump mostrasse interesse nel ruolo a cui era stato chiamato, lo facesse seriamente e che sentisse un po’ di rispetto per la democrazia. Invece non l’ha mai fatto”.
Parole pesanti come pietre che arrivano al cuore degli americani, non soltanto dei democratici. Ci sono statunitensi di tutte le età a cui lui sa parlare allo stesso modo, con la stessa enfasi, emozionando e convincendo.
Sabino Cassese nel suo editoriale sul Corriere della Sera “La politica sempre più corsara” cita, come detto, John F. Kennedy, uno dei politici più popolari degli Usa, che da giovane senatore, nel 1956, scrisse il libro Profiles in Courage per segnalare che: “la virtù massima dell’uomo di Stato è il disprezzo della popolarità” .

Per Kennedy era importante non sminuire il concetto del governo democratico e del potere popolare:
“La democrazia vuol dire molto di più di governo popolare e dominio della maggioranza… La vera democrazia pone la sua fede nel popolo; la fede che il popolo non eleggerà semplicemente uomini i quali rappresenteranno le sue opinioni abilmente e coscienziosamente, ma eleggerà anche uomini i quali eserciteranno il proprio giudizio coscienzioso; la fede che il popolo non condannerà coloro che per devozione ai principi saranno indotti a compiere atti impopolari”.
Tutto molto lontano dal populismo. Nell’era della post verità la politica e il movimentismo che ha assunto un ruolo predominante sulla scena politica stanno cavalcando l’onda della risposta emotiva alimentata da sfiducia e paura. Prevalgono gli slogan preconfezionati. La razionalità dei fini prevale sull’insieme di interessi e valori e si adottano strategie atte a penetrare nell’opinione pubblica per conquistare consenso in chiave elettorale. Nel linguaggio politico appannaggio dei populismi la verità assume un’importanza secondaria ed i media diventano strumenti per governare il potere.
Barack Obama nel suo discorso capace di convincere anche i più populisti e conservatori ha saputo raccogliere, come sempre, il pensiero di Kennedy. I valori, gli ideali, i progetti possono vincere.
E se idealmente dall’America torniamo all’Italia è impossibile non essere d’accordo con Sabino Cassese che scrive come “la politica corsara quando si impossessa del governo, ha una forte propensione a distribuire sussidi per ingraziarsi gli elettori. Le politiche infrastrutturali (le grandi opere pubbliche, edifici scolastici, ospedali, verde attrezzato) e quelle strutturali (sanità, istruzione, efficienza amministrativa) non interessano la politica corsara, che ha bisogno di attrarre consenso immediato, non è interessata alle politiche di lungo periodo…Sono interventi che soddisfano appetiti immediati”.
I corsari, secondo Cassese che diventano pirati. Ed allora le parole di Barack Obama le risentiamo forti nelle nostre orecchie nell’appello finale. Una grande lezione di comunicazione. Un finale stupendo come soltanto i grandi leader sanno fare.
“Stasera, vi sto chiedendo di credere nell’abilità di Joe e Kamala di guidare il Paese fuori da questi tempi oscuri e ricostruirlo meglio. Per questo sto chiedendo a voi di credere nelle vostre capacità, di abbracciare la vostra responsabilità di cittadini, per far sì che i principi basilari della nostra democrazia resistano. Perché questo è ciò che c’è in gioco ora. La nostra democrazia”.
Punto. Non occorre aggiunge altro perché il messaggio è davvero planetario.