Il Procuratore Generale degli Stati Uniti, William Barr, è stato messo alla gogna dai deputati Democratici per ben cinque ore Martedì. In una delle più vivaci e scontrose audizioni congressuali mai andate in scena, i Democratici hanno accusato Barr di aver calpestato i diritti dei protestanti di Portland con una repressione “eccessivamente violenta”. Barr si è giustificato dicendo che stava semplicemente facendo rispettare la legge a quelli che lui definisce “rivoltosi” che si nascondono dietro le proteste pacifiche per “commettere crimini violenti”. I rivoltosi a cui si riferisce Barr avrebbero utilizzato “fuochi d’artificio, Taser, pistole ad aria compressa, e laser” contro i 114 agenti federali disposti in città per far rispettare l’ordine pubblico. Le proteste di Portland sono state innescate dalla morte di George Floyd avvenuta lo scorso 25 Maggio per mano di un poliziotto bianco. In larga parte, le proteste sono rimaste pacifiche, ma in alcuni casi sono state dirottate da un gruppo di istigatori violenti che hanno causato feriti sia tra le file dei poliziotti che tra quelle dei protestanti. Nonostante questo, i deputati democratici hanno pensato fosse sensato far passare William Barr come un pericoloso consigliere dispotico al servizio di Donald Trump.
Ma in realtà, l’audizione congressuale di ieri, aveva ben altri fini. I democratici hanno infatti speso gran parte del tempo a disposizione non per interrogare Barr sui fatti di Portland, ma per accusarlo di aver interferito sui processi giudiziari degli alleati di Trump: Roger Stone e Michael T. Flynn – il primo ha scampato la prigione il mese scorso grazie a una commutazione richiesta dal Presidente in persona, e il secondo si è visto esonerare tutti i procedimenti penali a carico dopo una decisione inaspettata del Dipartimento di Giustizia. Barr si è difeso ribadendo che la legge è uguale per tutti e che gli amici del Presidente “non meritano trattamenti speciali”. Ma i democratici sostengono che Barr abbia agito in tal modo per compiacere il Presidente Trump e ritagliarsi un posto di rilievo in un potenziale secondo mandato del Tycoon newyorkese.
Non è un mistero che Trump abbia già una grande stima nei confronti di Barr. Oltre ad aver salvato i suoi amici dalla prigione, Barr – dall’alto del suo scranno – potrebbe aiutarlo a giustificare una probabile sconfitta questo Novembre, gridando allo scandalo delle schede truccate. In realtà, Barr sta già portando avanti una campagna sui pericoli del prospettato voto per posta che potrebbe favorire i democratici. Non è surreale pensare che se Trump non dovesse farcela questo Novembre, Barr sarà al suo fianco per chiedere un riconteggio delle schede o addirittura per avviare un vero e proprio processo giudiziario. Infatti, i democratici hanno incalzato Barr anche su questo tema, rendendogli conto delle sue recenti interviste al New York Times e a Fox News in cui, senza un briciolo di prove, ha agitato lo spauracchio dell’interferenza di alcune potenze estere nel processo democratico se si decidesse di far votare il popolo americano per posta questo Novembre. Su questo punto Barr è stato intransigente anche davanti ai deputati democratici, ribadendo che un voto per posta “incrementerebbe sostanzialmente il rischio di un broglio elettorale”.
In fin dei conti, l’audizione congressuale di ieri si risolve in un nulla di fatto, sia per Barr che per i deputati democratici. Il primo ha avuto una chance per mettere in guardia i democratici, annunciando che la tanto attesa Durham report – riguardante le origini della vicenda Russiagate, in cui potrebbe anche essere coinvolto Joe Biden – potrebbe venire rilasciata poche settimane prima del voto. Una sorta di avvertimento, come per dire “non datemi troppo fastidio o vi incasino la campagna elettorale del vostro candidato”. Mentre i democratici hanno avuto la loro chance di far vedere al popolo americano quello che loro sono convinti sia un procuratore generale con un agenda politica ben definita. Chissà se gli americani hanno prestato attenzione…