La faccenda delle statue abbattute è di grande interesse. Perché “simbolo” e “massa”, sappiamo, sono due parole di cui è impossibile sopravvalutare l’importanza politica e culturale.
Quando la massa si accosta ad un simbolo, intesse un suo “discorso”. Un discorso tanto più potente, se inteso ad affermare ciò che è “giusto” verso ció che è “ingiusto”.
Chi gode del duplice privilegio di poter osservare, in quanto
1) non si trova sotto un brutale ginocchio, con il volto schiacciato sull’asfalto mentre sta andando in asfissìa, e…
2) ha acquisito qualche dimestichezza teorico-conoscitiva (vale a dire, ha avuto una Mamma e un Papà che lo hanno potuto mandare a studiare, e non a zappare: come invece, purtroppo, ancora avviene vastamente, in giro per il mondo), pertanto, deve tentare di intendere quel “discorso sulle statue”.
Esso nasce da un omicidio: l’Autorità che uccide un uomo inerme o ridotto all’impotenza, è la negazione radicale di ogni “Giusto”, sia morale, ovviamente, che politico/giuridico. Il Potere che si disfa di ogni Dovere.
Il “discorso”, ogni discorso, secondo l’innata e universale vocazione umana a cercare e trovare una “spiegazione” (tale è l’essenza della parola “Colpa”: una spiegazione), si è volto ad una ipotetica “genealogia” del Male Storico.

George Floyd è stato ucciso perché “nero”; la qualificazione razziale è la “causa della causa” del suo omicidio; dunque, è la “vera” causa. La Colpa. Poichè la “qualificazione razziale” non è riducibile all’atto di uno solo (qui il poliziotto col suo ginocchio omicida), ecco che occorre trovare una “Colpa/Spiegazione”, che riassuma la miriade di atti e di parole che, non solo qui e ora, ma ovunque e nell’intero Corso Storico (quanto meno Moderno e Contemporaneo) hanno sostanziato la “qualificazione razziale”.
Cosa, meglio di una statua, un volto, un nome, fissati in una immobilità, pegno di memoria perenne?
Fin qui, il “discorso delle massa” è leggibilissimo; e comprensibilissimo. Non, malgrado la sua costitutiva approssimazione: ma proprio a partire da questa.
Da qui in poi, però, dopo l’abbattimento, l’Osservatore, memore del suo duplice privilegio, dovrebbe almeno chiosare, rileggere, articolare.
Infatti, se può, e anzi, deve intendere la immediata “plastica del discorso”, senza cedere a remore emotive, avverte inevitabilmente l’insidia che si cela dietro ogni “riduzione simbolica”: il Capro Espiatorio, la “Colpa/Spiegazione” per eccellenza, che, per eccellenza, maschera una (per lo meno) più plausibile colpa, e, a conti fatti, non spiega un granché.
Consideriamo Churchill. L’idea che il colonialismo sia stato la prima matrice della “qualificazione razziale” è fondata. Come pure che Churchill l’abbia sostenuta. E, anzi, una celebre interpretazione, (Arendt), lo pone fra i precordi del totalitarismo (tenendo fermi i passaggi “intermedi”, tuttavia). Solo che il “discorso della massa” non ne ha abbattuto la statua perché era “colonialista”, e, di qui, “razzista”; ma, fondendo l’uno e l’altro aggettivo, lo ha ritenuto “razzista” punto e basta; sicché, senz’altro riconducibile al “pantheon del ginocchio omicida”.
Incorrendo in una sorta di autoaccecamento: proprio nella prospettiva della “qualificazione razziale”, quale “causa delle cause” dell’omicidio Floyd.
Il “non distinguere” è un “non vedere”; e già, la soppressione di un “passaggio intermedio” (l’equivalenza pura e semplice, o metastorica, fra colonialismo e razzismo) indiziava il progressivo accecamento.
Vediamo meglio. Hitler non era un colonialista, quindi, un razzista. Era una un razzista “puro”; nessuna “contaminazione civilizzante” era nei suoi piani. Fu portatore di un’idea di uomo, se così si può dire, definitivamente antiumana. Sopprimere per sopprimere: anche quando “un popolo di schiavi” poteva essergli “utile”, specialmente nell’incedere degli Alleati.
Per questo, inorridiva, e inorridisce, il suo abominio teorico non meno della sua ferocia pratica. Che nasce da sè, e da sè si svolge, senza la “mediazione” di “degenerazioni intermedie” (come nel passaggio colonialismo/razzismo). Puro Male. Senza equivoci, senza pur scivolosi “gradualismi”.
Se il nazismo è oggi una “statua”, ben chiaramente “leggibile”, e non un Potere in atto, lo si deve però principalmente a Churchill. Non al Governo di Sua Maestà, o al suo Partito, o agli Stati Uniti, che per due anni opposero un troppo distratto isolazionismo all’attento Roosevelt. Costoro vennero dopo, e agirono per il meglio. Ma vennero perché, per due anni, quell’uomo, da solo (e il suo popolo) fece la guerra a Hitler. La notazione non è didascalica, ovviamente, dato che è (o dovrebbe essere) nozione elementare. Ma metodologica. Riguarda gli osservatori, non il “discorso della massa”. La quale, da simili cortocircuiti interpretativi, semmai, risulta, come accennavo prima, solo presa in giro.

Si potrebbe rilevare che i Black Lives Matter hanno abbattuto anche le statue dei meno noti Robert Milligan, tra i costruttori dei West India Docks di Londra e proprietario di circa cinquecento schiavi; e Edward Colston, azionista della Royal African Company, anch’egli “importatore” di schiavi dalle colonie, pur essendo amato (al tempo) filantropo nella britannica patria: verso i quali la complessità del giudizio sembra ridursi. E non occupandoci di Colombo che, secondo Leopardi (ma era pur sempre un Conte), con la sua impresa, incarnava l’insopprimibile valore della scoperta, della navigazione che si protende verso l’infinito. Come Ulisse (altro “sospetto”).
Ma sarebbe solo un piccolo esorcismo ermeneutico, una divagazione/obiezione non riuscita; perché, fra gli “abbattuti” risulta anche il Mahatma Gandhi, che del Churchill colonialista “simboleggia” l’esatto opposto. Per non dire della universale “Non Violenza”, come altissimo “esperimento sul campo” politico, in un secolo che, fino al l’indipendenza dell’India, aveva celebrato due guerre mondiali, varie guerre “locali”, tre genocidi (Medz Yeghern/armeni, Olodomor/ucraini e Shoà/ebrei) e un paio di bombe atomiche.
Sicché, il “discorso delle masse” risulta sviato nell’approdo, perché viziato all’origine: impugna clericalmente la “peccaminosità”, disconosce il kantiano “legno storto dell’umanità”, e finisce col riproporre una specie di Sillabo on the road.
Churchill, infatti, per sconfiggere Hitler, il Moloch di ogni “qualificazione razziale”, si volle alleare con Stalin; che pure si era alleato con Hitler, fino a quando, per nostra buona sorte, non ne venne ripudiato come alleato, e così costretto a volgersi verso le Pseudodemocrazie Capitalistiche e Sopraffattrici. Insieme, vinsero.
Il Bene che vince il Male attraverso il Male. Il Male che fa il Bene contro il Male. Cioè, l’uomo: che non è una statua. E sceglie, e rischia, e cade e si rialza. Nella Pólis e per la Pólis.
E non c’è altro da sapere. Anche in nome del comune martire George Floyd.