Nuove decisioni del governo britannico sembrano aver allineato la strategia politica del proprio paese per combattere il Corona Virus, verso la direzione scelta dalla maggior parte dei governi europei. L’approccio precedente, adottato da Boris Johnson, Primo Ministro britannico, su suggerimento del suo team scientifico, era di combattere il Corona Virus in Gran Bretagna attraverso una sperimentazione di immunizzazione di gregge (Herd Immunization), con un conseguente elevato e impressionante numero di morti.
In data 17 marzo, il Primo Ministro, parlando alla popolazione dai canali della BBC in diretta conferenza stampa, ha annunciato l’inizio di un cambiamento di rotta e l’adozione progressiva di misure più stringenti.
Ma nonostante fermo sia stato il tono con cui il primo ministro ha ribadito la necessità di evitare posti pubblici, di lavorare il più possibile da casa, di lavare le mani ripetutamente, di fatto nessun ordine è stato decretato per la chiusura dei pub, palestre o altre situazioni di possibile aggregazione. Solo un provvedimento di restrizione importante è stato emanato: la chiusura delle scuole e delle università da venerdì 20 marzo.
Questo parziale cambiamento di rotta adottato dal Governo è intrinsecamente legato alla pubblicazione, durante lo scorso weekend, di un lavoro di ricerca ad opera di un team del Imperial College di Londra con a guida il professore epidemiologo Neil Ferguson: ‘Impatto degli interventi non –farmaceutici (NPIs) per ridurre la mortalità e la domanda ospedaliera dovuti al COVID-19” , questo l’oggetto della ricerca.
Il modello epidemiologico della ricerca dell’Imperial College informa che, in assenza di un vaccino, due sono le possibili strategie: la ‘mitigazione’ della diffusione della epidemia con l’obiettivo di ridurre la domanda della ospedalizzazione o la ‘soppressione’ della diffusione del virus, che invece mira alla scomparsa della crescita epidemica. In base ai risultati della ricerca, la ‘mitigazione’, che prevede un isolamento fra le mura domestiche solo in caso di sintomi o positività al test e distanziamento dalla popolazione anziana, potrebbe ridurre la necessità di ospedalizzazione dei 2 terzi degli infettati, ma il fabbisogno della richiesta ospedaliera sarebbe sempre otto volte oltre la capacità ospedaliera attualmente disponibile in UK. Inoltre con la ‘mitigazione’ il numero dei decessi raggiungerebbe i 250.000 casi; un numero sempre molto alto.
La ‘soppressione’ invece richiede una combinazione di interventi: distanziamento della popolazione, isolamento dei gruppi famigliari, quarantena obbligatoria per i soggetti con sintomi o positività al test, chiusura delle università e scuole. Un modello ricalcato principalmente dall’esperienza italiana.
Secondo i risultati della ricerca dell’Imperial College, il numero di morti in questo scenario potrebbe essere contenuto intorno ai 10.000 casi. Vi sembrano tanti? No, rispetto all’ecatombe della cosiddetta “herd immunization”? Infatti secondo lo studio, i morti sarebbero stati mezzo milione!
La chiusura delle scuole è resa necessaria dalla considerazione esplicitata dalla ricerca che i giovani, sebbene reagiscano in modo meno severo alla malattia, di fatto sono possibili trasmettitori della malattia stessa. Questo spiega perché la chiusura delle scuole deve essere realizzata in combinazione con il distanziamento sociale.
La ricerca dimostra che l’adesione a queste severe misure restrittive, non solo diminuisce la necessità dei ricoveri ospedalieri in terapia intensiva, ma diminuisce drasticamente anche la trasmissione dell’epidemia dei casi di COVID-19. Ne sono un chiaro esempio l’esperienza della Cina e della Corea del Sud, dove il modello della soppressione è stato ampliamente adottato; in Cina non solo i sintomatici, ma anche i casi positivi al virus sono stati ricoverati, venendosi cosi a creare un distanziamento obbligatorio che ha aiutato la Cina a ripristinare in poche settimane un ‘quasi stato di normalità’.
Ma in entrambi i paesi, Cina e Corea del Sud, la strategia di soppressione è stata necessaria e adottata per un tempo limitato. Poiché la ‘soppressione’ richiede una organizzazione sociale intensa, la ricerca dell’Imperial College si pone il problema degli effetti collaterali nella società, che potrebbero prodursi se la durata del periodo di ‘soppressione’ dovesse prolungarsi per un lungo periodo di tempo, fino all’arrivo del vaccino, previsto non prima di 18 mesi.
Il rapporto ipotizza che la strategia della ‘soppressione’ potrebbe essere adottata per periodi di tre mesi alternati a periodi brevi di ‘rilassamento sociale’. Una situazione di cui è però difficile predirne l’impatto etico ed economico, come evidenziato dai risultati della ricerca.
Dopo quattro giorni dalla pubblicazione della ricerca, il governo britannico, seppure abbia aderito alla chiusura delle scuole, misura ormai adottata nella maggior parte dei paesi europei, di fatto sta rinviando l’introduzione di misure più stringenti. L’attuale strategia vigente in UK, si avvicina molto di più ad una strategia di ‘mitigazione’ del fenomeno piuttosto che di ‘soppressione’. Anche nella sua ultima conferenza stampa del 19 marzo, Boris Johnson ha ribadito “la necessità di lavarsi le mani, di mantenersi alla larga da raggruppamenti sociali, di lavorar da casa, etc.”
Tutto ciò è ben lontano dal concetto di ‘soppressione’ e dal conseguente ‘distanziamento sociale’ come ordinato e organizzato in altri paesi europei, dove è severamente vietato uscire di casa se non per ragioni motivate e documentate (lavoro, malattia, spesa). Oltre alle raccomandazioni di “mantenersi lontano dai raggruppamenti, stare a casa per coloro che hanno i sintomi”, il Ministro Johnson ha infuso nella popolazione la speranza-certezza che in 12 settimane l’epidemia decrescerà, eclissando sul potenziale numero dei decessi che potrebbero verificarsi in questi 12 settimane.
Questo il senso di ambivalenza: si, il problema esiste; si è vero, in Europa hanno adottato misure più restringenti; ma in UK, dove si contano ad oggi “solo” 137 decessi, la situazione sembra essere ancora sotto controllo per giustificare nuove misure restrittive che metterebbero in crisi il sistema economico. Questo sembra voler essere il ‘non detto’ del primo ministro e del suo team di esperti.
Questo si traduce in un comportamento di ambivalenza che si percepisce nel comportamento dei britannici: la stessa gente che prende d’assalto gli scaffali dei supermercati poi passeggia nei vari borghi o città, dedita ad ogni tipo di shopping, ad ore spese in palestre, senza distanziamento sociale e senza nessuna forma di tutela come guanti e mascherine.
‘Cose d’altri tempi!’ per gli altri europei.
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