Dopo le deludenti prestazioni in Iowa, New Hampshire, e Nevada, in pochi si sarebbero aspettati una rinascita di Joe Biden nel fatidico Super Tuesday. Eppure, gli addii last minute di Amy Klobuchar e Pete Buttigieg, hanno infuso di nuova linfa vitale la campagna elettorale dell’ex vice presidente, che è riuscito a conquistare alcuni stati fino a pochi giorni fa inimmaginabili. Uno di questi è senza ombra di dubbio il Minnesota, che con i suoi 75 delegati doveva andare a Bernie Sanders. Le ultime proiezioni di Lunedì mattina davano Biden addirittura terzo, dietro alla padrona di casa Amy Klobuchar. Ma dopo l’endorsement di quest’ultima a Joe Biden, una marea di voti si è riversata verso l’ex vice presidente, il quale ha vinto superando Sanders di addirittura 9 punti percentuali.
Un’altro esempio è lo stato del Massachusetts, casa di Elizabeth Warren, dove Sanders era dato vincente nel 52% dei casi. Biden aveva solo un 20% di probabilità di vittoria e si classificava terzo dietro a Elizabeth Warren. Ma proprio come in Minnesota, l’ex vice presidente si è ritrovato primo a seggi chiusi, con il 33% del voto in mano, sopra sia a Bernie Sanders che a Elizabeth Warren. La medaglia di bronzo nel proprio stato decreterà con ogni probabilità l’addio di Elizabeth Warren dalla corsa alla nomination. In molti già ipotizzano come Sanders avrebbe tranquillamente vinto questo stato se non ci fosse stata di mezzo Elizabeth. Ma queste sono chiacchiere che lasciano il tempo che trovano, dato che in Virginia, dove la Warren aveva meno dell’un percento di probabilità di vittoria, Sanders non è comunque arrivato primo. Anche qui, Biden ha dominato, surclassando il favorito Sanders di ben 30 punti percentuali. Qua ha certamente contato l’ottima prestazione di Biden in South Carolina, uno stato molto simile alla Virginia a livello demografico, con il 21% della popolazione afroamericana. Ma hanno anche contato i pesantissimi endorsement a valanga che Joe ha raccolto dall’establishment afroamericano del partito Democratico a pochi giorni dal Super Tuesday. L’esempio più eclatante è quello di Jim Clyburn, senatore del South Carolina, una vera e propria istituzione per il popolo di colore.

Il voto afroamericano alla fine è stata la ragione principale dello storico “comeback” dell’ex vicepresidente di Obama. Questo è il motivo infatti per cui Biden ha vinto facilmente anche in Alabama e in North Carolina, dove ha collezionato rispettivamente il 70% e il 66% del voto afroamericano. Proprio come nel 2016, Sanders non è riuscito ad ottenere nessuno stato con una popolazione di colore al di sopra del 21%. Questo è un dato preoccupante per Bernie, dato che gli stati del cosiddetto “Deep South”, sono più di un quarto neri. Persino in Texas, dove la popolazione ispanica che predilige Sanders è in maggioranza, Biden è riuscito a strappare una vittoria sul filo di lana grazie al 12.7% di afroamericani, che lo hanno votato in massa secondo gli exit poll.
Ma non c’è solo stata il fattore afro-latino a dividere il voto tra Joe e Bernie. Gli exit poll provenienti dalla California dimostrano come Sanders abbia vinto il 70% dei voti under 30, mentre Biden ha vinto il 50% di quelli over 65. Questo è un dato che ritroviamo anche in Virginia e in Alabama, dove Biden ha vinto tre quarti dei voti over 65. In questi stessi due stati, Biden ha vinto tre quarti dell’elettorato che vuole “tornare all’era Obamiana”, mentre in California Sanders ha vinto il 70% dell’elettorato che si definisce “liberal”. Incominciamo dunque ad intravedere una relazione tra età e ideologia nell’elettorato Democratico. I più anziani sono nostalgici del moderatismo diplomatico di Obama, mentre le nuove generazioni – che però in certi stati non hanno superato le percenutali di voto “storiche” sperate da Sanders – esigono un cambiamento ideologico radicale, e quindi scelgono il populismo democratico-socialista del senatore del Vermont. Questa è una divisione che si andrà ad esacerbare nei prossimi mesi quando Biden e Sanders monopolizzeranno ancora di più la corsa alla nomination, facendo fuori “l’unificatrice” Elizabeth Warren e il miliardario Mike Bloomberg.
Secondo fonti del’NBC, Mike Bloomberg sta già valutando se rimanere nella corsa alla nomination dopo i pessimi risultati ottenuti al Super Tuesday. Dopo aver speso oltre $500 milioni, l’ex sindaco di New York ha vinto solo le piccolissime Samoa Island, che non sono neanche considerate uno stato vero e proprio, e mettono in palio la miseria di 6 delegati. Inoltre, Bloomberg non pare aver vinto neanche tutti i 6 delegati, dato che Gabbard – miracolosamente ancora in corsa e originaria delle Samoa – ha ottenuto almeno un delegato.
È infatti doveroso ricordare come non contano gli stati vinti, ma i delegati ottenuti. Purtroppo, otterremo questi dati solo più tardi in giornata, quando tutti i seggi verrano scrutinati, ma dalle percentuali di voto possiamo già notare come in alcuni stati sia Warren che Bloomberg non superano la soglia del 15% – necessaria per non rimanere a bocca asciutta ed ottenere almeno un delegato. Biden e Sanders invece, superano dappertutto la soglia del 15%, quindi anche in stati dove hanno fatto peggio – Sanders in Alabama o Biden in Utah – otterranno qualcosa. La soglia per ottenere la nomination è di 1991 delegati. Rimane la possibilità che ne Sanders ne Biden ottengano questa maggioranza e che quindi si vada incontro a una brokered convention. Ma è ancora troppo presto per questi discorsi, dato che il 10 Marzo si torna a votare in ben dieci stati, decisivi per il proseguo di tutti i candidati finora sopravvissuti a queste dannate primarie.
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