Nemmeno l’usciere. Il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, in realtà, in Via Arenula non dovrebbe fare nemmeno l’usciere. Ha detto, ieri, intervistato da Bruno Vespa, nel corso del noto talk show:
“Quando per il reato non si riesce a dimostrare il dolo, e quindi diventa un reato colposo, ha termini di prescrizione molto più bassi”.
Il reato in generale, è punibile se commesso con dolo, ovvero, semplificando, con coscienza e volontà. In singoli casi, e quando la legge lo prevede espressamente, è ammessa la punibilità di talune condotte, anche a titolo di colpa, cioè in assenza di volontà, ma perché si ritiene una trascuratezza.
La legge, il Parlamento; la prova, il Giudice. Piani distinti, poteri separati. Dovrebbe essere chiaro. Soprattutto, è noto che simili nozioni si apprendono già dal secondo anno di giurisprudenza, proprio perché attengono all’ABC.
Essendo avvocato, Bonafede, avrebbe avuto almeno oneri minimi di conoscenza. E invece no. Se un giudice non ritiene sufficiente una prova per un reato doloso, seduta stante, si fa Parlamento, ci ha fatto sapere il Ministro: e giudica un “suo” reato colposo, cotto e mangiato.
Vorremmo poter scrivere che, in fondo, non è così grave: sì, un errore, ma chi non sbaglia? E poi sono parole. Vanno, vengono. Magari.
Ma non si può. E tuttavia, è realmente inesprimibile la misura della dismisura, il senso di vuoto cosmico, di desertificazione delle coscienze e delle conoscenze che quelle parole comprovano. Manca l’aria.
Bisogna attingere al surreale, all’onirico, al delirio incontenuto, per tentare una esemplificazione.
E’ come se un medico avesse confuso un femore con un polmone; o un ingegnere, un cerchio con un quadrato; o un fisico, il giro della Terra con quello del Sole. E l’avessero detto, non in un momento di momentaneo deliquio; ma sostenendolo seriamente, pubblicamente, senza nulla far seguire all’altrui sbigottimento, alle altrui domande. Ma tu, chi sei? Ma da dove vieni? Ma che vuoi, dalle nostre vite, dalla nostra libertà? Chi ti regge, chi ti porge i fogli da firmare?
Parliamo di un Ministro in carica, in carne ed ossa, nella formale legittimazione ad incidere sui presupposti legislativi della nostra libertà personale. Quello stesso che sta intestandosi la formale nullificazione del Processo Penale, come anche la coda grezza di quella scempiaggine ci ha ricordato, “i termini di prescrizione più bassi”.
“Più bassi”, con immagine raccogliticcia, presa a prestito da una percezione basica del più e del meno, e non “più brevi”, o “minori”: per aggiungere sconcio a sconcio, in una sorta di libidine dell’orrido. Perché il disprezzo per la nobiltà del diritto, che è nobiltà della parola, è tale da sputacchiare con una voluttà compiaciuta in ogni direzione, ad ogni fiato, incessantemente.
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo, ha decorosamente chiesto le dimissioni del Ministro. Ma il Consiglio Nazionale Forense? Dice che è una “gaffe”, un simpatico divertissement in prima serata? E se lo dice, se lo pensa, non ne ha vergogna, almeno un pochino?
Oltre una certa soglia, l’ignoranza irresponsabile si fa immoralità. E la responsabilità democratica si distrugge con simili veleni soporiferi. Questo deve essere detto. Altro che gaffeur.
C’è però ancora una conseguenza, apparentemente accessoria, ma in effetti capitale, di questa uscita, per chi voglia solo vederla. Una specie di “prova definitiva”, per così dire, sul come e perchè siamo giunti a tanto.
Certo: siamo giunti a questo punto perché la Magistratura (l’avanguardia ha agito, la retroguardia ha taciuto: perciò “la”) ha svolto una consapevole azione di “mutazione genetico-costituzionale”, in danno della nostra Repubblica. Perché si è inventata “vere storie d’Italia”, terzi e quarti livelli, “non poteva non sapere” e simili altre imposture. Ma non ha fatto tutto da sola.
Ha avuto ed ha i suoi servi e servetti all’interno dei Palazzi di Giustizia, vissuti a ciarlare ad ogni piè sospinto “Ossequi, Consigliere” anche a giovani di prima nomina.
Ha avuto ed ha i suoi ruffiani ideologici, pronti a lapidare (ben) altri Guardasigilli, che tentavano di soccorrere la Costituzione mentre impazzava il pestaggio di squadracce (Biondi); o a confezionare mozioni di sfiducia ad personam contro altri che mandavano ispettori dove non dovevano (Mancuso); o a consumarne la degradazione in effige, previo vilipendio alla memoria, quando osarono attestare la tragica complessità delle stragi, agendo con tormentata ma coscienziosa e coerente dignità (Conso).
Servi, ruffiani, che ora minimizzano, ironizzano o, più semplicemente, tacciono: nascostamente compiaciuti, perchè il campo è sgombro, e tutto si può fare. Miserabili non si nasce. Si diventa.