Se qualcuno avesse avuto ancora delle illusioni, durante la notte del 12 dicembre le speranze di poter ottenere gli strumenti politici necessari per cambiare il corso della Brexit sono svanite completamente: la Gran Bretagna ha votato in grande maggioranza per il Partito Conservatore/Brexit (365 seggi contro i 203 dei laburisti). Una maggioranza cosi vasta non si vedeva dai tempi della Thatcher; vittoria ottenuta anche grazie ad una partecipazione al voto fra le più alte di questi ultimi trent’anni. Come se il popolo britannico abbia percepito un diffuso desiderio collettivo di partecipare alla incoronazione del loro Cesare: Boris Johnson.
Con questo voto, siamo giunti al termine delle incertezze: Brexit sarà, e si concretizzerà nei termini e stile voluti da ‘Boris’, come qui viene chiamato il Tory leader. Qui Boris è conosciuto con il solo nome, come il ragazzo della porta accanto, quello approcciabile, amichevole, il compagno di banco giocarellone, con i capelli costantemente arruffati, il suo parlare per slogan, con messaggi semplici e diretti, e che humor! Come non amarlo, come non perdonarlo di qualche marachella, menzogna, mancanza di progettualità etc.. È un ragazzone sempliciotto, come tanti di noi.
Questo sembra essere il feeling di molti britannici che con la loro stragrande maggioranza dei voti, hanno conferito al loro leader il mandato di ridisegnare il team del lavoro politico a suo piacimento, donandogli quasi i pieni poteri.
All’indomani dal voto ‘La Voce’ ha raccolto alcune testimonianze, impressioni e reazioni all’ esito del voto.
Quale è stata la sua reazione ai risultati del voto? La Voce ha chiesto al Professor James Foadi, Docente del dipartimento di Matematica presso la Bath University.
“Questa mattina ci siamo risvegliati da un sogno e ci siamo ritrovati a vivere un incubo” ci racconta “un incubo che si chiama Brexit e con cui dobbiamo fare i conti d’ora in avanti nella nostra vita giornaliera. Una grande problematica che coinvolge me e tanti miei colleghi che veniamo dall‘estero. Nonostante ci sia stata in questi anni una parte delle società britannica che, responsabilmente, ha cercato di dimostrare i danni nel caso di una eventuale uscita dall’ Unione Europea, in realtà, gli effetti funesti delle politiche populiste, corroborate da menzogne, hanno avuto la meglio sulla volontà del popolo”.
Quale è la sua posizione come Professore Universitario in UK?
“Io, come tanti altri europei mie colleghi, non abbiamo scelto la Gran Bretagna solo perché qui ci è stato offerto lavoro, ma anche perché abbiamo sempre considerato questa nazione come una nazione esemplare in termini di accoglienza. Questo ha significato aver riposto fiducia in questo paese a tal punto da creare qui la nostra famiglia. È qui che i nostri figli sono cresciuti, vanno a scuola, all’Università. Una fiducia che ci è stata ripagata con la Brexit. Ma la cosa peggiore è che a nostro parere, la Brexit non è altro che un sintomo di sgretolamento dei valori comunitari sociali che rischia di condurre il paese ad abbissarsi verso un futuro oscuro”.
Altre interessanti considerazioni sono state delineate dal Dr Stelios Andreadakis, Senior Lecturer in Corporate and Financial Law presso università di Brunel. Alla domanda: cosa pensa dell’esito elettorale? Il Dr Andreadakis ha risposto:
“Questa è stata la più importane elezione dopo la Seconda Guerra Mondiale, considerando che il voto avrebbe avuto forte implicazione in relazione all’attuazione della Brexit e tutte le ripercussioni sul sistema economico, il sistema sanitario e sui diritti dei lavoratori. È stata una opportunità per il popolo britannico di esprimere i suoi desiderata e decidere quale direzione dare al proprio paese.
Io, come molti accademici viviamo in una ‘bolla di protezione’, circondati da persone con cui condividiamo opinioni, valori e spirazioni. Dopo i risultati delle elezioni, con grande dispiacere ho dovuto constatare che queste stesse mie aspirazioni non sono condivise dalla maggioranza della popolazione britannica. Anzi, dopo tre anni dal referendum avevo sperato che i britannici avessero capito quello che Brexit potesse comportare. Con questo risultato, hanno perduto una nuova opportunità a loro offerta per ridisegnare il futuro delle nuove generazioni”.
A suo parere questo risultato ha anche significati più profondi?
“Quello che ha trionfato con il voto di ieri è la xenofobia, il nazionalismo, la discriminazione, tutti valori che si contrappongono all’idea di unità, integrazione e rispetto reciproco. Oggi Venerdi 13 dicembre è un vero ‘Black Friday’ per tutti noi costretti a vivere un futuro fatto di divisione”.
Lei come vede il progetto politico di Boris Johnson?
“Boris Johnson non sembra avere una visione di cosa veramente occorra all’UK in questo momento storico. Io non sono per niente ottimista ma, essendo la Grecia il mio paese di origine, ho nel mio DNA un profondo senso di democrazia; ho imparato l’importanza di essere pragmatici e di rispettare le regole dettate e volute dalla maggioranza, anche quando non ne condivido la razionalità che la sorregge”.
La Voce ha intervistato inoltre la professoressa Sonia Morano, Docente di Diritto Europeo, School of Law, presso l’Università di Oxford, che ha cosi espresso le sue reazioni all’esito del voto britannico
Dalla sua posizione di ricercatrice di Diritto Europeo come interpreta i risultati elettorali?
“Il mio lavoro verte su studi dell’integrazione europea, diritti fondamentali dei cittadini europei e sulle migrazioni. Inoltre, essendo una italiana residente da oltre venti anni in questo paese ho osservato queste elezioni sia con interesse intellettuale sia con partecipazione emotiva.
Indubbiamente dai risultati di questa notte si evince che questo paese ha espresso posizioni nazionalistiche e sovraniste che mi spaventano. Se è pur vero che anche gli anni ’80 furono caratterizzatati dalle consolidate vittorie dei conservatori, la loro stessa leader, la signora Thatcher, si era sempre espressa a favore dell’Unione Europea. I nuovi leader sembrano aver tradito gli ideali su cui si dovrebbe basare il loro progetto politico”.
Come studiosa del diritto europeo e dei processi di integrazione Europea, chi altro lei pensa sia stato tradito?
“Il mio pensiero oggi va ai padri fondatori dell’Unione Europea e ai loro ideali di pace e prosperità che avrebbero voluto diffondere su tutto il continente Europa. Con questo voto si calpesta e si nega tutto ciò. Un grande pensatore nel 1863, Baha’ullah, ha detto ‘La terra è un solo paese e l’umanità i suoi cittadini’. Mi piacerebbe pensare che questo progetto sia ancora possibile”.
La Voce inoltre ha cercato di capire le motivazioni del voto Conservatore, raccogliendo testimonianze degli elettori di Boris Johnson.
Un convinto sostenitore della linea conservatrice e della Brexit è il signor Tony Maxwell, commercialista in pensione.
Signore Maxwell perché il suo voto è andata al Partito Conservatore?
“Troppi stranieri vogliono venire nel nostro paese, non possiamo accoglierne tanti. I nostri servizi socio sanitari ed educativi devono essere al servizio dei cittadini britannici. Non possiamo continuare a dare anche agli altri. Inoltre l’Europa ci ha sottratto troppi soldi”.
Ma l’Unione Europea non restituisce in termini di investimenti e favorisce uno scambio commerciale-socioculturale di cui anche voi britannici avete bisogno?
“No, a noi non occorre la EU. UK potrà fare accordi con USA e incentivare i nostri accordi commerciali con i paesi del Commonwealth. Nel nostro passato eravamo un Impero e perché mai adesso dovremmo avere bisogno dell’Europa? No, forse avremo un po’ di anni di crisi e austerity ma in futuro la Grande Britannia si rimetterà in piedi senza l’aiuto dell’ Europa”.
Poiché il risultato ottenuto dai laburisti è stato uno dei peggiori sin dal 1935 c’è da chiedersi se il voto a favore di Boris non sia stato anche un referendum contro Jeremy Corbyn: la gente ha riposto più fiducia ad un leader definito “menzogniero e buffone” come Boris piuttosto che metter il proprio futuro nelle mani di Corbyn.
Volendo capire meglio questo aspetto di queste votazioni La Voce ha chiesto a Johanna Turner, dirigente del Ministero della Difesa, da sempre elettrice laburista, ma che ieri ha votato il partito conservatore.
Come si spiega la grande sconfitta del partito Laburista?
“Il voto per Boris era anche un voto contro Jeremy Corbyn: un referendum conto Corbyn. È stato un leader che ha frantumato il partito. Questa volta ho votato Boris anche se non ho mai condiviso le sue idee, e sono a favore di rimanere in EU. Ma non potevo votar per Corbyn”,
Cosa non le piace di Corbyn?
“Ha diviso il partito, non ha capito quando era ora di lasciare la leadership e crearne una nuova capace di essere molto più inclusiva e molto più rappresentava. Corbyn ha sempre dimostrato di porre la sua vanità al primo posto piuttosto che le sorti del partito. Ha dato spazio a posizioni radicali, non capendo che questi non sono tempi per radicalizzazioni di sinistra. Cosi ha voluto portare avanti il principio del socialismo con cui non vinci, non governi, e non realizzi niente del tuo manifesto politico, lasciando molte sacche di povertà soprattutto nel centro e nord Inghilterra”.
Si, ma Corbyn aveva promesso un abbassamento del costo dei trasporti, nazionalizzazione dell’energia e acqua, università e broadband gratuiti. Insomma i laburisti dicevamo di far risparmiare a ciascuna famiglia 6.700 sterline annualmente.
“Si, è vero, queste erano le loro promesse, ma Corbyn avrebbe dovuto prima conquistare la fiducia della gente piuttosto che concentrarsi sulle battaglie di potere all’interno del suo partito. E’ un uomo senza le qualità di un leader: non è un buon retore, sembra non sapere cosa sia una strategia politica, non ha senso di humor, e non ha carisma”.
Insomma, ha stravinto Boris o ha straperso Corbyn?
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