Ho letto il manifesto delle sardine, pubblicizzato dalla stampa entusiasta. Che delusione. Dicono di credere nella politica (per di più, affermano, “con la P maiuscola”) e non ne danno una definizione, non fanno un singolo riferimento a una qualsiasi teoria, dottrina o precedente storico, non spiegano i loro valori di riferimento, le loro strategie, come se non fossero importanti. Sanno solo dire ciò che “amano”, che in politica è proprio un verbo sbagliato in quanto non esprime un’opinione, che può essere criticata, discussa e argomentata, bensì un sentimento soggettivo e del quale non est disputandum. E cosa amano? “Amiamo la non violenza verbale e fisica”, frase senza senso sia perché la nonviolenza programmatica è una resa senza condizioni al potere (a maggior ragione quella verbale, che altro non è se non autocensura nei termini della correttezza politica dominante), sia perché, eventualmente, la nonviolenza la si pratica (a un alto prezzo), mica la si ama (senza conseguenze). E ancora: “Amiamo le cose divertenti e la bellezza”; come tutti, qualunquisti e menefreghisti inclusi; ed è grave che non sentano la necessità di precisare cosa siano il divertimento e la bellezza che hanno in mente, per cui è facile il sospetto che si riferiscano al tipico edonismo consumista della società dello spettacolo, e alla passiva e compiaciuta accettazione dei criteri estetici dettati dalla pubblicità e dal sistema delle celebrity.
Che linguaggio banale, superficiale, approssimativo, a livello di lessico e di sintassi e soprattutto di contenuti: “cerchiamo di impegnarci nel nostro lavoro, nel volontariato, nello sport, nel tempo libero”; e chi non lo fa? E poi, davvero dedicarsi allo sport e al tempo libero sarebbe un “impegno”? Ma si capisce, dietro ci sono decenni di berlusconismo e, quasi peggio, di finto antiberlusconismo liberal. Che tristezza: questi sono girotondini in ritardo di vent’anni, indiani metropolitani in ritardo di quaranta, figli dei fiori fuori tempo massimo, nel senso che almeno quelli originali scandalizzavano i borghesi, oggi i loro atteggiamenti sono autorizzati e mainstream, di moda, parte integrante della deriva individualista e globalista.
L’unico punto chiaro di questo vuoto manifesto è l’opposizione al populismo: “Cari populisti, la festa è finita”. Nessun tentativo di capire, nessuna analisi della dittatura planetaria del neocapitalismo e degli immensi danni che sta causando all’ambiente, alle comunità, ai ceti più deboli e meno capaci di competere, alle culture; nessun sentore che dietro la demagogia di squallidi personaggi come Salvini o Trump possano però esserci decenni di abusi e giustificate paure di un futuro dominato esclusivamente dal denaro, dai vincenti e dalle nuove tecnologie. No, per le sardine il solo problema è che i populisti (ossia chi loro etichettino come tale), “ridicolizzano argomenti serissimi buttando tutto in caciara” e spingono i loro “più fedeli seguaci a insultare e distruggere la vita delle persone sulla rete”. Che pena: un chiacchiericcio da movida o da talk show di bassa qualità, dello stesso tipo di quello esibito da Renzi alle feste della Leopolda.

Un “manifesto” meriterebbe un po’ più di attenzione, un po’ più di stile, un po’ più di competenza. A meno che non sia intenzionalmente un prodotto usa e getta, che miri ad assicurare ai suoi ideatori qualche invito in televisione, un sufficiente numero di “mi piace” e così l’ingresso nei circoli che contano. Non c’è dubbio che questo lo sappiano fare (il M5S dovrebbe imparare): promuovere sé stessi; a quanto vedo già sono nati circoli all’estero e domani le “sardine atlantiche” manifesteranno negli Stati Uniti, ovviamente a New York e nello scicchissimo e trendy West Village, mica nel noioso continente fra le due coste, popolare e populista. Le loro parole d’ordine?: “antifascismo, nonviolenza, inclusione, multiculturalismo”, molto trasgressive vero? E a cosa si oppongono?: “razzismo, xenofobia e populismo”.
Come ho detto, niente di nuovo, niente di attuale: come se gli ultimi vent’anni di neoliberismo selvaggio non ci fossero stati; è la consunta (e complice) sinistra radicale e liberal, precipitata a percentuali minime di consensi elettorali ma apprezzata dalle lobby e nei salotti bene, che si è rifatta il trucco aggiungendo al suo antifascismo d’antan l’antipopulismo. Che in assenza di qualsiasi altra novità ideologica e politico, costituisce purtroppo la sua unica caratteristica riconoscibile. Ma lo sanno che Bernie Sanders definisce sé stesso un “new populist”? Lo sanno che esiste (e meno male) un populismo di sinistra, espresso per esempio dalle riviste Jacobin e The Nation e da intellettuali come Chantal Mouffe e Eenesto Laclau? Lo sanno che CNN e il New York Times attaccano quotidianamente i manifestanti cileni, i gilets jaunes, i venezuelani e boliviani che resistono ai golpe amerikani appunto accusandoli di populismo? Se non lo sanno, prima di scrivere e di parlare dovrebbero informarsi (visto che denunciano, giustamente, la “comunicazione vuota” dei loro avversari); per evitare di dar vita a un movimento-civetta che miri a confondere la gente e a promuovere l’ideologia profonda del liberismo globalista, a Milano come a New York come a Hong Kong.