John Bolton diventa ufficialmente il terzo consigliere per la sicurezza nazionale dell’amministrazione Trump ad essere licenziato. Segue i due predecessori Michael Flynn, durato meno di un mese, e Herbert Raymond McMaster, durato poco più di un anno. Bolton è stato di gran lunga il più longevo, essendo riuscito ad affiancare lo spericolato Trump per la bellezza di 520 giorni. Alla lunga però, le divergenze su alcuni temi chiave come la Corea del Nord, l’Iran, e più recentemente l’Afghanistan, hanno spinto il Presidente degli Stati Uniti a liberarsi del falco Bolton.
Si, perché di falco si tratta. Bolton infatti non nasconde il proprio disprezzo verso gli accordi multilaterali e le risoluzioni diplomatiche. Giudica questo sistema di negoziazione debole e poco efficace per una superpotenza mondiale come gli Stati Uniti. Sostiene invece che l’America debba assolutamente puntare sul proprio potere militare per risolvere le vicende problematiche all’estero. È strano dunque, che Trump abbia scelto proprio lui per ricoprire la delicata carica di consigliere per la sicurezza nazionale, dato che durante il corso della campagna elettorale, Donald ha più spesso reiterato la volontà di interrompere le operazioni militari in vari paesi in guerra come la Siria e l’Afghanistan, garantendo il progressivo o addirittura l’immediato ritiro delle truppe militari statunitensi. Sorge dunque spontaneo il dubbio che Trump non abbia alcun minimo interesse o voglia, di selezionare di volta in volta i suoi fidati consiglieri, ma che lasci questo arduo compito “amministrativo” ai suoi potenti bracci destri: l’ultra conservatore Stephen Miller e l’adorato genero Jared Kushner. Questo spiegherebbe gli inevitabili disaccordi che sistematicamente emergono ogni qualvolta un neo consigliere dell’amministrazione osa sfidare Trump su qualsiasi argomento.
Nel caso specifico della nomina di Bolton, pare che abbia avuto un peso notevole l’amicone di Donald, Sheldon G. Adelson: un miliardario ottantaseienne che si vanta di essere “il King del casino”. Siamo messi bene.
Per chiunque abbia seguito un minimo di politica Americana in questi ultimi mesi, era abbastanza prevedibile che Bolton sarebbe stata la prossima testa a saltare. Le prime tensioni tra il Consigliere per la sicurezza nazionale e il Presidente degli Stati Uniti si sono registrate lo scorso Maggio durante il viaggio di Trump in Giappone. In quell’occasione Bolton accusò Kim Jong-un di aver violato alcune risoluzioni delle Nazioni Unite con i suoi lanci missilistici a corto raggio. Trump fu rapidissimo a contrastare pubblicamente le dichiarazioni di Bolton, chiarificando che nonostante alcuni dei suoi consiglieri pensassero che i lanci fossero una violazione, lui era in netto disaccordo. La mossa di Trump fu giudicata dai media come una strategia per calmare le acque e convincere il dittatore Nord Coreano a un accordo che includesse lo smantellamento delle basi nucleari in Corea del Nord. Una mossa risultata fallimentare, dato che tutt’ora Kim continua a lanciare missili e a sviluppare le proprie basi.
Il secondo scontro avviene lo scorso Giugno quando l’Iran fu accusato di aver attaccato due petroliere nel Golfo Arabo con degli esplosivi e di aver abbattuto un drone Americano. Bolton, storicamente favorevole a un intervento militare in Iran, non ha perso tempo e ha immediatamente organizzato un attacco aereo contro alcuni radar e strutture nevralgiche dello Stato Iraniano. Trump, inizialmente d’accordo con Bolton, ha cambiato idea una manciata di minuti prima dell’attacco, dichiarando successivamente di essersi spaventato per l’alto numero di potenziali vittime civili che avrebbe causato l’attacco. Un gesto che ha naturalmente mandato su tutte le furie Bolton, il quale pensava di poter finalmente puntare a un cambio di regime in Iran.
Il terzo e ultimo grande scontro avviene proprio in questi ultimi giorni quando sui media esce l’indiscrezione, poi confermata da Trump attraverso un tweet, di un accordo segreto tra Stati Uniti e Talebani che consiste nel ritiro di 5400 truppe statunitensi dall’Afghanistan in cambio di una garanzia che l’Afghanistan non sarebbe più stato utilizzato per avanzare scopi terroristici e che tutti i collegamenti con l’Isis sarebbero stati eliminati. Da indiscusso narcisista e buon animale mediatico qual’è, Trump aveva organizzato il tutto nei minimi dettagli, pianificando di dare l’annuncio dello storico accordo nel tradizionale ritiro presidenziale di Camp David, invitando come suo ospite il Presidente Afghano Ashraf Ghani. John Bolton avrebbe visto questo accordo con i Talebani come uno sputo nell’occhio a tutti i patrioti Americani, non solo per il suo odio personale verso i terroristi islamici, ma anche per la tempistica dell’annuncio che sarebbe avvenuto poco dopo l’11 Settembre, data di anniversario della tragedia delle torri gemelle in cui parteciparono giusto appunto i talebani. Alla fine l’accordo non è andato in porto per via dell’uccisione di un soldato Americano da parte dei Talebani, e potrebbe essere – ma questa è pura fantapolitica – che Bolton abbia provato a far pesare a Trump il fatto che lui aveva ragione dall’inizio sull’accordo con i Talebani. Ci possiamo immaginare una frase del tipo: “che t’avevo detto Donald…”.
Fatto sta che stamane Trump ha deciso di licenziare il suo terzo consigliere per la sicurezza nazionale dall’inizio della legislatura, causando non pochi problemi agli alleati degli Stati Uniti, che devono costantemente aggiornarsi per identificare la strategia estera della Superpotenza. Bolton però non lascia il suo incarico a mani vuote. Durante i suoi 520 giorni a servizio del paese è riuscito a portare a casa alcune vittorie importanti, come ad esempio il ritiro degli Stati Uniti dal trattato sul controllo degli armamenti con la Russia, ma anche l’implementazione di nuove regole stringenti per i viaggi e le rimesse di pagamento verso Cuba. Bolton ha anche tentato invano di procedere con un intervento militare in Venezuela per abbattere il regime di Maduro e metterne su uno compiacente, ma ancora una volta, le divisioni di vedute con un Presidente che non desidera più vedere l’America come il “poliziotto del mondo” hanno avuto la meglio.
Proprio mentre si scriveva questo articolo Trump ha annunciato che il nuovo consigliere per la sicurezza nazionale a interim sarà Charles Kupperman, già vice di Bolton. Vedremo nei prossimi giorni dove ricadrà la scelta di Trump per ricoprire questa fondamentale carica dell’esecutivo. Ci si può augurare soltanto che sia lui stesso a scegliere, e non i suoi advisor o amici fidati, onde evitare nuovi licenziamenti tra poche settimane.