Il Ministro dell’Interno, tramite il suo account Twitter ufficiale “Lega-Salvini Premier”, ha esposto la nota fotografia di una persona indagata e bendata (il cittadino statunitense Christian Hjorth, arrestato per l’omicidio del Vicebrigadiere Mario Rega), sotto la domanda-tweet: “alcuni giornali sostengono che si tratti di una FOTO-CHOC, voi che ne pensate”?
Ha poi ribadito personalmente, dichiarando: “A chi si lamenta della bendatura di un arrestato, ricordo che l’unica vittima per cui piangere è un uomo, un figlio, un marito di 35 anni, un Carabiniere…”.

L’iniziativa si presta a molteplici considerazioni, ma una prevale su tutte.
Il Comandante Generale dei Carabinieri, Giovanni Nistri, riferendosi all’atto investigativo, per così dire, ha dichiarato che si tratta di “episodio inaccettabile, e come tale va trattato”.
Fra “chi si lamenta della bendatura di un arrestato”, allora, c’è anche il Generale Nistri, ed in posizione eminente.
Il Ministro dell’Interno lo sa, e peró ugualmente “pone la questione”. Quale, allora?
Quella strettamente cronachistica, legata al pur miserevole lucro emotivo? Quella della difesa dell’Arma, lui che non ha inarcato un sopracciglio, da politico lungo gli anni, rispetto all’ipotesi che sia stata autrice, nientemeno, di colpevoli negoziati sulle Stragi del 1992-93?
No. Evidentemente. Qui c’è del metodo. E uno scopo preciso, proprio, e che si vuole duraturo.
L’Arma si è espressa. La Procura di Roma si appresta ad avviare un’indagine. Un Ministro dell’Interno, a questo punto, tace. Invece, Salvini sugge come un parassita dallo sbigottimento della “base”, tentandone una sobillazione contro il “vertice”. Soffia sul fuoco del dolore, nel giorno dei funerali del Vicebrigadiere Mario Rega Cerciello.
Dunque, i Carabinieri. Il cui Comando, in questa come in altre note vicende (ad es. Cucchi), ha dimostrato di rilanciare un convinto concetto di “fedeltà costituzionale”.
Salvini sta ponendo la questione del suo potere personale: punta a svellere ogni struttura che possa ribadire il primato dell’Ordine Costituzionale. Ecco che sta facendo.
Come per l’apparentemente illogico divieto di sbarco imposto ad un natante statale, la “Gregoretti”: il Decreto Sicurezza bis, pur attribuendo al Ministro dell’Interno il potere di “limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale”, aggiunge: “salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale…”. Pare che Salvini abbia voluto così sancire una dominicale superiorità sulle “sue” stesse leggi. E, a partire da questa, il suo arbitro sistematico su tutte le altre, quando lo ritenesse.
Analoga movenza testimonia la clamorosa strafottenza verso l’Arma e il suo Comandante.
Salvini “testa” la tenuta costituzionale dei suoi avversari, attuali o potenziali, che quella tenuta “minacciano” di sapergli opporre.
L’azione di costui, pertanto, è passata di grado.
Dopo il primo anno e mezzo in cui si è messa a punto la “macchina”, per un indottrinamento di massa, moderno nella forma ma antico nella sua sostanza, fatta di paura, Nemici Pubblici e Quintecolonne, da demonizzare prima e poi da liquidare; dopo una prima estate spesa ad inscenare un assedio e un’invasione esterni; ecco che ora, alla seconda estate, ci si volge all’Interno: e dalla propaganda, si passa ai “test” di conflitto, di urto, di sovversione attiva.
Non la Guardia Costiera, che conduce in salvo derelitti. Non i Carabinieri, che censurano illegalismi. Non la Magistratura giudicante, se discolpa. Non la Presidenza del Consiglio, di cui conta garantire solo l’irrilevanza costituzionale. Non il Parlamento, disertato come luogo della responsabilità politica. Da qualche settimana, nulla e nessuno, eccettuato il suo personale potere, rimane indenne da ripetuti, mirati, espliciti atti di degradazione funzionale, di dileggio, di intimidazione, di diretto disconoscimento istituzionale.
Salvini ha preso a muoversi in un’area di azione politica pre-golpistica. Putineggia.
Ora, il concetto e l’interpretazione qui proposta, per la loro gravità, esigono un’immediata esegesi e delimitazione.
La varietà della categoria “colpo di stato”, infatti, è ampia, come sappiamo. Inoltre, a complicare il quadro, concorre anche un lungo abuso polemico, che del concetto è stato compiuto nel nostro recente passato: sul presupposto che taluni assetti geopolitici, segnatamente sudamericani, potessero essere senza meno trasfusi e ripresi in Italia (cd Sindrome Cilena).
Troppe ragioni, anch’esse note, ne rendevano impossibile una tale esecuzione: equilibri internazionali, una coscienza democratica allora comunque più radicata.
Perciò, il concetto di Colpo di Stato, per un verso, rischia di apparire screditato, da un pregresso abuso; e, per altro verso, richiama più o meno subliminalmente (per l’insistenza, nella nostra ancora viva memoria collettiva, di quegli stessi schemi d’azione, a lungo superficialmente temuti), la necessità che esso abbia luogo per via di una sollevazione popolare, guidata con piglio tipicamente militaresco: e tale da richiedere, certo, se non una misura minima di fegato, almeno una qualche diffusa attrazione per l’urto aperto, per lo scontro plastico, personale e, in certa misura, anche rischioso.
In questi termini, è assai improbabile che un Colpo di stato ci sia. Stante che la pur perturbata sequela giallo-verde, schiamazza ma, da sola, non morde.
Tuttavia, qui ci dobbiamo riferire ad un’altra “fattispecie”, se così possiamo dire.
Dove il mutamento autoritario dell’Ordinamento (rapporto fra Governo/Parlamento, da un lato, e del “politico” con i “Corpi Separati”, dall’altro), avviene non mediante un improvviso, sebbene annunciato o previsto, rovesciamento di Istituzioni, di insegne e di assetti normativi fondamentali; ma attraverso gli stessi istituti, le stesse Istituzioni, lo stesso Ordinamento vigente, ed esautorato progressivamente proprio con il suo stesso uso “contra se”.
Una sorta di suicidio indotto.
In tale secondo ordine di possibilità, non occorrono folle acclamanti per strada e pronunciamientos.
Il maneggio è piuttosto ristretto: e passa, certo, per l’intrapresa “normativa” dell’Uomo Nuovo; ma, non meno, per il silenzio della classe dirigente (e, ovviamente, dei media maggiori, loro “voce”): per un contegno complessivamente riduzionistico, stagnante fra l’asservito e il complice. Ragionevolmente, si può già cogliere un simile movimento, lungo questo tracciato.
E se segue l’Intendenza, come da tradizione autorevolmente autocratica, figurarsi le masse, più o meno inconsapevoli e capillarmente sollecitate. Per coinvolgere queste ultime, d’altra parte, è essenziale e sufficiente l’apparenza che sia tutto gratis, che, in concreto non gli si chiederà più del ruggito social e che, semmai, grande utilità possa loro derivarne. Al resto, pensa Lui.
I conti però si fanno sempre, quando si scherza col fuoco: alla fine e tutti insieme.
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