Da 630 a 400 deputati, da 315 a 200 senatori. La Camera ha dato l’ok al disegno di legge costituzionale per il taglio dei parlamentari, che prevede anche l’abbassamento del numero minimo di senatori che sono eletti in ogni regione (da sette a tre, mentre il Molise mantiene i due senatori e la Valle d’Aosta uno), e quello del numero dei parlamentari eletti all’estero: i deputati passeranno da 12 a 8 e i senatori da 6 a 4, con l’accorpamento del Collegio del Nord America con quello Oceania-Africa. Infine, il numero massimo di senatori a vita di nomina presidenziale che possono essere in carica sarà fissato a cinque. La riforma è passata senza modifiche rispetto al testo giunto dal Senato, perciò, nelle ultime due letture conformi previste dalla costituzione per le modifiche della Carta, si potrà solo approvarla o respingerla in blocco.
Il ministro per le riforme Riccardo Fraccaro l’ha definita “una tappa storica”, tappa che è stata sostenuta non solo dai partiti di maggioranza, M5S e Lega, ma anche dal Centrodestra – Forza Italia e Fratelli d’Italia –, con 310 sì. Contrari, invece, Pd, Leu, +Europa e Civica Popolare e Svp (107 no). Il neosegretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti aveva rilanciato la proposta, bocciata nel referendum costituzionale indetto dall’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi, di ridurre il Parlamento a una camera sola, ma ha lasciato che i suoi votassero contro la proposta di riforma della maggioranza. Tra i più colpiti, gli eletti all’estero: secondo quelli di minoranza, questo taglio sarà fortemente lesivo dei diritti di rappresentanza degli italiani non più residenti nella madrepatria.
Non è un caso che, tra i “dissidenti” di Forza Italia che hanno votato contro la proposta, oltre a Guido Pettarin e e Carlo Fatuzzo, anche Fucsia Nissoli Fitgerald, eletta nella ripartizione Nord-Centro America. Nell’annunciare il proprio voto, l’on. Nissoli ha dichiarato: “Oggi, questa maggioranza di Governo, presa dalla frenesia di tagliare per far vedere ai cittadini di aver risparmiato sui costi della politica senza fare una riflessione sulla qualità della democrazia, ha di fatto ucciso la rappresentanza parlamentare all’estero riducendola ad un gruppetto che si conta sulla punta delle dita e che non da merito alla grandezza della Comunità italiana nel mondo, ormai più di 5 milioni di cittadini. Cittadini italiani a tutti gli effetti, che amano profondamente l’Italia, con gli stessi diritti di quelli che risiedono sul territorio nazionale”. Nissoli si è anche chiesta: “Che pensereste se una Regione come il Lazio avesse solo 6 deputati e 4 senatori a rappresentarla in Parlamento? Perché la Circoscrizione estero conta tanti cittadini quanti la regione Lazio! Chissà che direbbe, oggi, il compianto Ministro Tremaglia che ha tanto voluto il voto all’estero?”. La deputata di Forza Italia ha quindi osservato: “Avete dimezzato i diritti di cittadinanza degli italiani all’estero ma se ci sarà un referendum su questa riforma il voto all’estero sarà pieno e chiedo sin da oggi a quei cinque milioni di italiani di bocciarla! Signor Presidente, non posso votare una legge che umilia gli italiani all’estero, una riforma che va contro lo spirito innovatore di inclusione degli italiani all’estero nelle dinamiche istituzionali della Madrepatria che caratterizzò l’istituzione della Circoscrizione estero! Per queste ragioni non voterò questa riforma!”.
Sulla stessa linea l’on. Francesca La Marca (Pd). “Nel mio intervento ho sottolineato la cecità di una classe dirigente che si ostina a non considerare il peso della presenza di milioni di cittadini italiani all’estero e le dimensioni della ripresa dell’esodo che è tornato ai livelli del passato”, ha spiegato poco dopo il voto in una nota. La Marca ha specificato di non aver portato avanti “una difesa corporativa di un limitato gruppo di eletti”, ma, piuttosto, di aver “posto una questione delicatissima di democrazia e di equilibri democratici, dal momento che ridurre a un numero sostanzialmente simbolico la rappresentanza dei cittadini all’estero significa aggravare irreversibilmente lo squilibrio nel rapporto eletto/elettori tra l’Italia e l’estero”. E ha proseguito: “Nel frattempo, la base elettorale all’estero è passata da 3,3 milioni di elettori iscritti all’AIRE a circa 5,5 milioni, mentre la platea degli elettori in Italia è rimasta la stessa. Una tendenza alla divaricazione destinata ad accentuarsi, dal momento che i flussi in uscita sono ripresi e non si attenueranno in breve tempo. La rappresentanza della circoscrizione Estero in questo modo diventerebbe sostanzialmente simbolica e ininfluente: il primo passo di una dichiarazione della sua inessenzialità in vista probabilmente della sua completa cancellazione”. Anche perché, ha spiegato, nella sua ripartizione – Nord e Centro America, che comprende Canada e Stati Uniti – la rappresentanza si ridurrebbe a un solo deputato e un solo senatore. “Chi può dire, onestamente, che questa possa essere una soluzione seria ed efficace non solo per i connazionali lì residenti, ma per gli stessi interessi dell’Italia?”. La Marca ha definito “aggiacchiante” l’atteggiamento degli eletti all’estero di maggioranza, “che non hanno presentato un solo emendamento e non hanno aperto bocca”, così come, a suo avviso, lo è stato “il silenzio assordante del Sottosegretario Merlo, che pure ha la delega per gli italiani nel mondo”.
In una lettera al nostro giornale, a febbraio anche la senatrice di Forza Italia eletta in Nord Centro America Francesca Alderisi aveva espresso la propria contrarietà alla riforma: “Si tratta di una riforma di cui condivido i principi generali e la motivazione di fondo. Ciononostante, essa ignora i cambiamenti intervenuti recentemente a tal punto da essere anacronistica. Negli ultimi dodici anni il corpo elettorale in Italia è rimasto quasi invariato. Al contrario, gli iscritti all’Aire hanno avuto un incremento ragguardevole: nel 2006 erano 3.1 milioni, oggi sono saliti a 5.1. Una crescita di più del 50%!… Le leggi costituzionali prevedono un percorso complesso e articolato. La mia speranza è che nell’iter parlamentare la proposta possa essere rivista”, ci aveva scritto.
Secondo Michele Schiavone, segretario generale del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (Cgie), “questa decisione riporta indietro nel tempo il processo di integrazione degli oramai sei milioni di cittadini italiani, nella vita sociale e politica del nostro paese. Le distanze tra il paese reale e le comunità italiane all’estero si allontanano sempre di più. Ci sarebbero ancora i margini teorici per rimediare alla decisione assunta dai deputati della maggioranza di governo, se solo tutti gli eletti all’estero, compreso chi per la prima volta ci rappresenta nell’esecutivo, assumessero una comune e forte iniziativa politica facendo sentire le vere rivendicazioni delle Comunità sparse nel mondo”. Secondo Schiavone,
“Il cammino è tortuoso ma non impossibile. Vorremmo sperare che nel breve tempo che ci separa dalla nuova discussione e votazione in Senato, si capisse il futuro disegno dell’architettura della rappresentanza degli italiani all’estero. La modifica degli articoli 56 e 57 della costituzione è avvenuta sopra le nostre teste e la discussione sulla nostra rappresentanza è stata sterile e camuffata anche da interessi di potere, che dal nostro osservatorio penalizzano duramente gli italiani all’estero. La nostra battaglia deve continuare a rivendicare il rispetto delle minoranze e del bene comune di tutti gli italiani”.