Luigi Di Maio è per l’amore universale. Dopo essersi accoppiato con Salvini per un governo di mutuo soccorso, ha architettato di unirsi a Xi Jinping per mutuo vantaggio. Quando a settembre andò a trovarlo, lo chiamò “Ping” pensando di diventarne subito intimo, perché non vogliamo nemmeno sospettare che non riuscisse a pronunciare il nome completo del presidente della Repubblica popolare cinese.
Ma qui non si tratta di matrimonio, bensì di ius primae noctis e non ne immaginiamo le conseguenze. Sul talamo c’è una tanto bella quanto povera ragazza di nome Italia, i cui genitori vorrebbero facesse il matrimonio del secolo con lo Stato cinese, in modo da poter campare all’ombra del Sol Levante. A Di Maio e al presidente Sergio Mattarella sfugge che un così ricco pretendente non cerchi il matrimonio, ma solo il concubinato, perché le concubine possono essere molte e tutte pronte a cedere la propria verginità per la pagnotta. Se la donzella Italia ha ancora qualche remora, i 5 Stelle si stanno trasformando in 5 Stalle e c’è un reale rischio che la donzella finisca nel letame.
Per l’arrivo del presidente cinese a Roma, Giggino non stava più nella pelle: finalmente il suo partner cinese gli avrebbe risolto il problema di come pagare i redditi di cittadinanza. Perciò ha personalmente confezionato le bomboniere avvolte in seta italiana per dimostrare che la produciamo anche noi. Poi voleva parlargli di una seteria comasca con la cui produzione annuale ci si fa il giro del mondo, per garantire che la Via della Seta è assicurata per quanto concerne l’Italia. Ma il protocollo del presidente Mattarella gli ha vietato di dare informazioni top secret. Che già facciamo una seta assai migliore di quella cinese e finiremmo a dover ripagare tutte le infrastrutture della Belt and Road Initiative in seta italiana. Allora Giggino è passato ad offrire arance siciliane, avendo scoperto che la maggior parte degli stilisti italiani produce già l’abbigliamento in Cina. Non gli è chiaro dove venga davvero prodotto il made in Italy, ma è certo che sulla Via della Seta andrà “dove ti porta il cuore”. Sulla scia del vogliamoci bene, ha dichiarato che “i rapporti con la Cina sono una grande opportunità per l’Italia, primo Paese del G7 a siglare un memorandum, una volta tanto siamo i primi”. Non sa il nostro ministro del lavoro che il bilancio di interscambio Germania-Cina è di 200 miliardi, raddoppiati negli ultimi 10 anni nonostante la crisi europea, mentre l’Italia non ne fa nemmeno un quinto. I tedeschi sono con le loro banche e assicurazioni in Cina da almeno vent’anni.
Già 14 Stati europei hanno firmato il memorandum e ceduto porti alla Cina e fra breve tutte le strade porteranno in Cina. Mentre gli Stati europei litigano tra loro e i musulmani minacciano la guerra santa, i cinesi costruiscono vie di serica seta virtuale non solo per vendere le loro produzioni, ma soprattutto per comprarci. Chi sono i più pericolosi? Si eccepisce che nemmeno più la Chiesa teme il Dragone: come non amare il dio denaro? Che poi sia comunista, non ci crede più nessuno. Né c’è qualcuno che crede che un impero possa essere comunista. Nessuno si è ancora reso conto che sia finito l’impero romano e che Roma non sia più caput mundi. E nessuno vede che siamo precipitati in un nuovo feudalesimo dove ci sono i ricchissimi e i poveretti e che la borghesia è stata annientata.
Prima o poi doveva succedere che la Cina facesse a spaghetti l’Italia. Del resto gli spaghetti li hanno inventati in Cina. Noi li abbiamo solo realizzati meglio. Speriamo di continuare ad avere questa vena artistica. E’ la nostra unica salvezza.