La giornata di ieri, che molti commentatori hanno ritenuto cruciale per il destino della Presidenza Trump, ha visto milioni di americani dirigersi un’altra volta verso le urne elettorali. I risultati delle midterm, come è ormai noto nel mondo, indicano la riconquista della Camera da parte del Partito Democratico, che però si è dimostrato ancora debole in diverse competizioni cruciali.
I repubblicani hanno invece, come previsto in scala generale, ritenuto il controllo del Senato. Si ritorna, dunque, a ciò che gli americani chiamano uno “split congress”, un Congresso dove una camera è controllata dalla maggioranza democratica, mentre l’altra da una maggioranza repubblicana. La pur parziale e traballante riscossa popolare del partito democratico, però, non è l’unico sviluppo notevole di queste ultime elezioni: le midterm del 2018 marcano infatti una distinta vittoria per un partito ancora più massiccio, quello delle donne.
Oltre al record di partecipazione di votanti a un’elezione di metà mandato, le elezioni della giornata di ieri hanno registrato un numero record di donne presenti sulla scheda elettorale. Ben 230 donne erano presenti sul ballot presentato ai votanti, solo per le corse riguardanti la House of Representatives. Come se non bastasse, di queste, 75 donne hanno potuto assaporare la gloria della vittoria. Molte di loro, in certi Stati dell’America, rappresentano i primi volti femminili destinati a posizioni di potere.
Lo stato dell’Iowa, ad esempio, ha eletto, per la prima volta nella sua storia, due donne, le democratiche Abby Finkenauer e Cindy Axne, per rappresentarne gli interessi all’interno del congresso Americano. Per l’Iowa, stato notoriamente repubblicano, l’elezione di due volti femminili rappresenta una relativa svolta dello standard sociale tradizionale. “Tutti mi dicevano che una cosa del genere fosse impossibile”, ha detto la Finkenauer nel discorso celebrativo di ieri sera, “ma ora sappiamo tutti che non è così, basta vedere com’è andata”.
Stessa storia per lo stato del Kansas, che nella giornata di ieri ha votato al congresso Sharice Davids, donna di origini Native-American del partito democratico. Insieme alla collega Deb Halaand, votata al potere in New Mexico, saranno le prime donne d’origini Native-American a metter piede nel Parlamento Americano. Una vittoria del progresso, dunque, su molteplici fronti, che, a prima vista, pare rappresentativo di un’America, che, dopo le batoste del 2016, riporta le voci delle sue infinite sfaccettature etniche e sociali all’occhiello del voto popolare.
Sembra confermare questi iniziali sospetti anche l’elezione al Congresso di Rashida Tlaib e Ilhan Omar nello stato del Minnesota. Oltre ad essere rappresentazioni dell’eccellenza femminile, le democratiche future rappresentati del Minnesota prendono inoltre posto al Parlamento Americano come le prime donne musulmane presenti all’interno dei suoi ingranaggi legislativi. Una vittoria fondamentale, illustrativa, a sua volta, di un popolo esausto dalla retorica anti-musulmana, che, a differenza del 2016, ha fatto sentire la propria voce. Capofila di questa riscossa, Alexandria Ocasio-Cortez, padre del Bronx e madre di Porto Rico, candidata che vanta l’endorsement di Bernie Sanders, che ha trionfato a New York. Con lei, si sono distinte, sempre a New York, Julia Salazar e Alessandra Biaggi. Degna di nota, anche l’elezione di Ayanna Pressley, prima donna afroamericana a rappresentare il Massachusetts in Congresso.
In generale, le donne del partito blu godono forse della vittoria più rappresentativa di quest’ultime elezioni. In Pennsylvania, per esempio, stato che a sorpresa nel 2016 votò rosso, il blu ha rimpiazzato tre seggi tenuti dai repubblicani con tre donne: Mary Gay Scanlon, Chrissy Houlahan, e Susan Wild. L’ascesa di questa pink wave, come la definiscono i media americani, va però oltre le differenze di partito. Anche tra le file Repubblicane, di fatti, giacciono degli sviluppi interessanti. Marsha Blackburn, esponente del partito rosso, ha battuto Phil Bresden per il seggio senatoriale del Tennessee, diventando la prima donna a rappresentare lo stato del profondo Sud nel Senato Americano.
Nonostante a livello legislativo questi sviluppi sul fronte femminile della politico non porteranno forse a ribaltamenti concreti, ciò che rende la pink wave una vera e propria vittoria è proprio il lato simbolico e politico in sé. Oltre ad assicurare voci più concrete e rappresentative degli interessi femminili in ogni dibattito che si terrà all’interno della House of Representatives, quest’ascesa al potere rappresenta la volontà e la forza di espressione di milioni di donne, nonostante la terribile batosta subita dalla Clinton nel 2016. È una vittoria della tenacia. Una vittoria che torna, con rinnovata forza, a simboleggiare la necessità di una comprensiva rappresentazione femminile all’interno del decision-making politico ai livelli più alti del sistema politico americano.