“Non si tratta solo di resistere e affrontare Trump. Perché le ineguaglianze e le disparità sistemiche a cui mi riferisco esistevano da ben prima che quell’uomo occupasse la Casa Bianca”. A parlare è Ayanna Pressley, prima donna di colore a sedere nel Boston City Council, e che presto potrebbe diventare la prima anche a entrare nel Congresso per lo stato del Massachusetts. Perché, nelle scorse ore, ha sconfitto il Rappresentante in carica da 10 mandati Michael Capuano nelle primarie democratiche del Settimo Distretto.
Una vittoria che ricorda quella di fine giugno conquistata da un’altra stella nascente della sinistra progressista americana – quella, per intenderci, alla Bernie Sanders -, Alexandria Ocasio-Cortez. Ad accomunarle, il fatto di essere donne, appartenenti a minoranze etniche, ma soprattutto di sposare una filosofia politica ben racchiusa nella dichiarazione con la quale abbiamo aperto questo pezzo: Donald Trump, sì, è un nemico, ma, ancor prima di lui, il “nemico” è un sistema economico e sociale che nutre e fa proliferare le diseguaglianze, sostenuto e alimentato dalla stessa classe politica democratica degli ultimi decenni.
Un po’ il fil rouge, questo, della performance di Cynthia Nixon nel dibattito con l’attuale governatore dello stato di New York Andrew Cuomo di qualche giorno fa: mentre il suo avversario si affannava a descriversi come l’unico argine affidabile contro le politiche trumpiane, l’obiettivo della sfidante era invece quell’establishment democratica che, a furia di tutelare i grandi interessi, ha finito per spianare la strada all’attuale Commander-in-Chief. Un’analisi, questa, condivisa da tutti i rappresentanti di questa nuova opposizione di sinistra, che, dalla Cortez a New York alla Pressley in Massachusetts, passando per Stacey Abrams in Georgia, Andrew Gillum in Florida e Ben Jealous nel Maryland, in diverse competizioni elettorali sta convincendo di più dei politici esperti e di lungo corso del campo democratico.
Ayanna, in realtà, non è esattamente un volto “nuovo” in senso stretto. La sua battaglia politica è iniziata, anni fa, dal tema della concessione delle licenze per gli alcolici, un sistema fatto di interessi cristallizzatisi nel corso dei decenni, che hanno impedito un’equa distribuzione della ricchezza, anche dal punto di vista sociale ed etnico. Così, Pressley ha incoraggiato l’approvazione di riforme che hanno portato al rilascio di 75 nuove licenze, anche nei quartieri più poveri di Boston. Da allora, la sua è stata una irresistibile ascesa. Il video principale della sua campagna, diffuso via social, riecheggia, in certa misura, lo slogan che fece la fortuna di Obama, “Yes We Can”: “Siamo forti, e ora è tempo di essere coraggiosi”, afferma. “Credo nel potere di tutti noi”. Le immagini che fanno da sfondo a queste parole sono simili a quelle scelte nel video promozionale della sua collega più giovane Ocasio-Cortez: la candidata è tra la gente comune, spesso rappresentante di minoranze etniche; è a loro che parla ed è con loro che interagisce.
Poco prima della sua vittoria, il Boston Globe ha pubblicato un endorsement a favore della donna, sottolineando come la rivendicazione di Capuano di aver messo in salvo ben 5 miliardi di dollari di fondi per il trasporto pubblico non sarebbe potuta bastare per convincere gli elettori. “Il distretto non ha bisogno solo di soldi”, ha sottolineato il quotidiano, “ha bisogno anche di un portavoce in contatto con le esperienze quotidiane dei residenti, compresi i più vulnerabili”. E Pressley, oltre ad aver combattuto per una più equa distribuzione delle licenze per gli alcolici, è anche un punto di riferimento per le minoranze (il 57% degli abitanti del distretto è oggi di colore, ispanico o asiatico), e per le donne e le ragazze vittime di abusi sessuali e traffico di esseri umani (lo è stata lei stessa, e lo ha pubblicamente raccontato). Soprattutto, ha scritto il Globe, Ayanna è una “voce fresca” per il Congresso. Non a caso, reduce dalla vittoria, Pressley ha commentato icasticamente: “Pare che il cambiamento si avvicini”.
Cambiamento: ecco un’altra parola chiave. Parola che accomuna tutte queste nuove leve progressiste che, pur prive di grandi somme di denaro per le proprie campagne, si presentano però come il futuro, all’insegna della discontinuità, dei democratici, e quindi del Paese. “Il fatto che la gente si senta vista e ascoltata per la prima volta nella propria vita”, ha affermato Pressley, costituisce “la vera vittoria. Ben più importante di una vittoria elettorale”. In effetti, il suo slogan recita: “Il cambiamento non aspetta”. Un cambiamento che pare aver travolto anche una città come Boston, tendenzialmente bianca e fedele all’establishment politica.
“Con i nostri diritti minacciati, con le nostre libertà sotto attacco, non è abbastanza vedere i democratici di nuovo al potere”, ha brillantemente sintetizzato Ayanna. “Serve capire chi siano questi democratici”. Anche perché, ha argomentato più volte, alcune delle leggi che hanno acutizzato la sperequazione sociale sono state promosse quando i democratici controllavano Casa Bianca e Congresso. E lasciando dunque intendere che, se il Partito continuerà a rifiutare il cambiamento, allora sì che rischierà di soccombere a Trump.