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November 7, 2018
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Gli asinelli raglianti democratici troppo divisi per scalciare il Gop di Trump

Nelle elezioni di Midterm, l'ondata blu per spazzare i repubblicani di Trump resta il miraggio pronto a diventare l'incubo del 2020

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Gli asinelli raglianti democratici troppo divisi per scalciare il Gop di Trump

L'asino simbolo del Partito Democratico

Time: 3 mins read

Immaginata anche da un’isola dall’altra parte del mondo (in questo momento chi scrive si trova a Taiwan), l’ondata blu che nelle elezioni di Midterm americane avrebbe dovuto travolgere col Gop anche il presidente Donald Trump si è rivelata un miraggio. I democratici si riprendono la House che era stata persa nel primo Midterm di Obama nel 2010, ma non sfondano, neanche per i governatori. E questo più che un merito di Trump, è sicuramente un demerito di chi avrebbe dovuto approfittare di avere contro alle elezioni di Midterm il partito del peggior presidente della storia degli Stati Uniti.

Non saranno certo alcuni supposti dati economici a frenarci dal ripetere che questo presidente continui ad essere la più grave disgrazia che sia mai accaduta in oltre due secoli di democrazia USA. Trump resta un bully palazzinaro più volte fallito che invece che “sovranista” è chiaramente un “supremastista bianco” capace, in due anni, di disseminare veleno tra i cittadini calpestando i valori della costituzione americana. Trump avrebbe meritato una mazzata tremenda in queste elezioni, e invece è riuscito a “pareggiare” e quindi a far meglio dell’Obama del 2010. E questo è dovuto alle carenze d’attacco della formazione blu, un partito democratico che resta lento a trasformarsi, ingrassato com’è da troppi anni di “clintonismo” pro-lobby e Wall Street, incapace di accorgersi e reagire al populismo di destra che stava infilzando in contropiede la più importante democrazia del mondo, soprattutto perché priva di un partito che potesse dare una risposta agli americani rimasti indietro e spaventati dalle trasformazioni della global economy. Dopo che la disastrosa candidatura di Hillary Clinton nel 2016 ha spalancato la Casa Bianca a Trump, ora le continue divisioni dei democratici su quali debbano essere le idee forti da portare avanti nel 2018 così come nel 2020, hanno permesso ai repubblicani di restare a galla.

Nancy Pelosi, che potrebbe essere troppo presto per darla sicura nel ritorno come Speaker, ha detto a caldo che grazie al voto che ha assicurato la riconquista democratica della Camera “domani sarà un nuovo giorno in America”. Ma di nuovo abbiamo visto veramente poco nel risultato di queste elezioni. L’America resta spaccata in due, con un partito repubblicano che si sposta sempre più a destra soggiogato dall’estremismo di Trump, mentre i democratici restano fermi al bivio, indecisi se restare il partito ancora paralizzato dalla “clintonite acuta” o ascoltare chi vorrebbe portarlo ad una svolta “populista” di sinistra, auspicata dal vecchio senatore indipendente del Vermont Bernie Sanders e le sue “nipotine” socialiste (come la neo vincente a New York per il Congresso Alexandra Ocasio-Cortez).

Trump ha ragione ad esultare stanotte col suo tweet, ha capito che è ormai il “commander-in-chief” di un GOP inginocchiatosi al suo credo razzista del “Make America Great (leggi White) Again”, e che non viene gettato nella polvere dal confronto elettorale proprio per la debolezza del partito democratico.

Il presidente più “divisionista” della storia, che a pochi giorni dal voto è stato, almeno per chi scrive,  l’ispiratore morale del bombarolo via posta contro i “nemici” , così come del suprematista che a Pittsburgh ha provocato la più grande strage di ebrei della storia USA, non è stato travolto da un’ ondata blu perché, per farlo ingrossare il mare della politica, ci vuole il vento delle idee forti che possano ridare speranza ai cittadini. Forse l’ondata non c’è stata semplicemente perché l’America ormai in maggioranza si riconosce con Trump? Non lo crediamo affatto, semmai c’è una larga maggioranza di cittadini americani che non ha ancora capito dove porterebbero, una volta eletti, gli asinelli raglianti e divisi democratici. Per battere Trump nel 2020 e l’America poter tornare ad essere “decent again”, il partito democratico avrà bisogno di leader capaci non solo di dare “speranza” alla Obama, ma di indicare un “new deal”, un patto nuovo e chiaro (sulla sanità, l’istruzione, aumento salari minimi) per un cambiamento concreto, con cui si possa affrontare senza più paura il futuro garantendo i diritti di tutti gli americani.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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