Giggiolino pensa ancora che sia estate e grida: “Cocco, cocco bello!” Invece è già il tempo delle zucche. Vuote. Gli italiani che hanno ancora qualche soldo da parte non intendono perdere la festa e stanno prenotando le vacanze di Halloween al caldo, per prolungare l’estate. Gettonatissima Marsa Alam: le famose vacanze d’Egitto. Seguono alle riforme d’Egitto. E quando torneranno sul suolo natio, potrebbero ritrovarsi nel bel mezzo delle piaghe d’Egitto, una manifestazione divina reale. Saranno dieci, come da testo biblico, o di più? Solo allora gli allegri vacanzieri realizzeranno dove sono finiti ed esclameranno: “Ma che vacanze d’Egitto! Ma che riforme d’Egitto!”
Traduzione: vacanze e riforme soltanto sognate, deludenti, effimere, impossibili, inesistenti. D’Egitto, appunto. Il tempo dei faraoni è finito. Non è più l’epoca in cui si sfamava e dissetava il popolo con una noce di cocco.
Lo chiamiamo Giggiolino, perché ci appare ogni giorno più giovane di testa, dentro e fuori. Speriamo non regredisca a una noce di cocco.
Lorsignori al governo ce la mettono tutta per realizzare un super-mercato nel Paese, ma non è come fare un Paese appetibile per il mercato mondiale: l’Italia rischia di finire fuori mercato mentre questi giocano a fare i venditori di frutta e verdura, disquisendo se è biologica o no.
Il lepeniano Salvini, che ormai si rimette ogni giorno a Dio, potrebbe o prendersela con il vendicativo Dio dei giudei oppure direttamente con Satana trionfante a causa dei massoni che reggono le finanze mondiali. Vedremo cosa gli detterà il suo cuore ingegnoso. Di Maio invece darebbe la colpa ai giornali trovando il pretesto per chiuderli tutti. Tanto c’è il web, ma lui non se n’è ancora accorto.
Certo è che non ci sono santi che tengano davanti all’ira di Dio.
Seppoi la manovra, costando l’iradiddio, non si riuscisse a realizzare e montasse una rivoluzione, il governo potrebbe pure dare la colpa agli extracomunitari musulmani e al loro dio; giusto per trovare dei capri espiatori ove scaricare le colpe della propria inefficienza. Sempre che le zucche vuote non venissero appese prima. La fine di Mussolini insegna: gli italiani sono volubili nell’urna quanto a letto; se gli tocchi il portafoglio, finisce la poesia.
Il reddito di cittadinanza e la riforma pensionistica faranno aumentare le tasse. Le imprese di Stato sono già state sollecitate da Conte a versare l’obolo per i poveri italiani; in pratica un prelievo coatto.
Di Maio spera ancora che un Conte possa far quadrare i conti? Credeva pure che Tria li triplicasse. E ha azzardato: “La crescita supererà il debito”. Savona ha minacciato Draghi: “Se lo spread s’incendia, tocca a te spegnerlo”, intervenendo cioè sull’acquisto di titoli di Stato.
DEF è il diminutivo di deficit culturale del M5S? Che ha promesso mari e monti, pensa di stare al mare sotto l’ombrellone a sgranocchiare cocco, mentre non si rende conto che deve effettuare una manovra rischiosa su una stretta strada ghiacciata lungo un crinale di montagna. Il rischio è di cadere dai monti e precipitare in mare. Inabissarsi.
Intanto Salvini è sempre in campagna elettorale e cerca di imbarcare Di Maio sul Titanic con tutti gli extracomunitari. Nel Nord-Est è al 48 per cento. Assumerà 10 mila poliziotti. E questi non lo aiuteranno quando bisognerà assestare un colpo secco alle noci di cocco per farle cadere dall’albero?
Tutte le dittature sono sempre partite come governi del popolo, quelle di sinistra hanno tolto ai ricchi per dare alla massa e acquisirne il consenso. Non vorremmo che un colpo di sole di Giggiolino ci portasse a un colpo di Stato.
Speriamo che i tre unti dal Signore facciano la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Speriamo che la Corte dei Conti, la Banca d’Italia, l’ufficio parlamentare di bilancio, l’Istat non abbiano fatto i conti giusti. Perfino tenerci un Conte come premier sarebbe preferibile alla limitazione delle libertà democratiche.
A quando l’istituzione di agenzie di rating che certifichino affidabilità e qualità dei politici? Tanto per fare un esempio, la testa di Giggiolino non può valere quanto la testa di Draghi: il paragone uno vale uno non regge.