Comunque la si pensi, non si può certo negare che quello a cui stiamo assistendo sia un percorso di governo inedito nella storia della Repubblica italiana. E se già Matteo Renzi prepara i pop-corn per godersi lo “spettacolo” dall’alto della sua poltrona-scranno di senatore semplice in prima fila nel settore “opposizione senza-se-e-senza-ma”, c’è chi più da più lontano ci osserva e prova a metterci a fuoco, come l’Europa. E chi, come l’italiano medio, sospira, tra un’alzata le spalle e uno sguardo al cielo: che tanto, peggio di così, c’è solo l’inerzia. O la restaurazione.
Dopo mesi di stallo, bastano poche ore a Matteo Salvini e a Luigi Di Maio per imboccare la via dell’accordo, di fronte allo spauracchio del governo tecnico agitato dal presidente Sergio Mattarella, che preso atto del fallimento delle consultazioni, aveva annunciato di voler dare il timone del Belpaese a un esecutivo “di garanzia”, per fronteggiare le emergenze e le sfide più imminenti, fino all’approdo in un porto più sicuro. Giammai, gridano in coro i leader del “neopopulismo all’italiana”. Uno scudo di no si erge in difesa di quel voto popolare, che in modo così chiaro – ma non sufficientemente netto – aveva espresso la volontà degli italiani di un cambiamento.
Ordunque, che forma assumerà il millantato, sempre evocato cambiamento nella Terza Repubblica con un governo a trazione giallo-verde? La parola chiave è “contratto”. I due principali sottoscrittori saranno proprio Luigi Di Maio e Matteo Salvini, leader rispettivamente della forza politica e della coalizione più votata alle elezioni del 4 marzo.

I primi colloqui fra M5S e Lega sono iniziati ieri a Montecitorio e proseguono oggi al Pirellone a Milano, sede della Regione Lombardia. Ne avranno almeno fino a domani, dicono. Ma sul tavolo c’è già la bozza. Il leader dei pentastellati, su Facebook, parla di “ampie convergenze sui temi che stanno a cuore agli italiani: reddito di cittadinanza, flat tax, lotta al business dell’immigrazione, abolizione della legge Fornero, conflitto d’interessi”. “Manterremo la parola data”, scrive su Twitter Salvini.
Sarebbero 19 i punti del programma stilato, contenuti in un documento che consta di 26 pagine. Oggi si entra nel dettaglio. Prima il tavolo tecnico, poi il nuovo faccia a faccia Salvini-Di Maio. Il titolo del plico contenente le priorità di programma è “Contratto per il governo del cambiamento”.
I paragrafi di maggior peso riguarderebbero il tema fiscale: presenti sia il reddito di cittadinanza, bandiera del M5s, sia la Flat Tax, cavallo di battaglia del Carroccio. Il primo prevede 780 euro al mese per due anni da destinare a chi ha perso il lavoro: sussidio vincolato a un limite di tempo, come chiesto dalla Lega. La Flat Tax prevede invece un’aliquota unica al 15% da applicare al reddito familiare. Ma, entrambi gli interventi, dicono gli esperti, richiederebbero diversi miliardi di euro per l’attuazione, così come la completa abolizione della legge Fornero sulle pensioni, che costerebbe addirittura 20 miliardi: più probabile una sua revisione. Insomma, bisogna fare i conti con la praticabilità finanziaria delle misure, considerato anche che il nuovo governo si troverà con una mina da disinnescare: l’aumento dell’Iva, per scongiurare il quale si dovrebbero trovare 12 miliardi entro dicembre.
Ampio spazio nel contratto troverebbe poi anche il tema giustizia, con due punti focali: la certezza della pena e l’aumento delle strutture carcerarie, caro alla Lega, ma che inizialmente vedeva contrari i 5Stelle. Il capitolo immigrazione non contemplerebbe invece l’abolizione del reato d’immigrazione clandestina, prevedendo il rimpatrio degli irregolari e una forte stretta sugli sbarchi.

Infine, il nodo conflitto d’interessi, particolarmente delicato vista la presenza incombente di Silvio Berlusconi, oggi peraltro tornato candidabile, che pur avendo fatto un fondamentale “passo di lato” per permettere a M5S e Lega di trovare la quadra per dare un governo all’Italia, ha dichiarato ufficialmente che valuterà la bontà dell’azione di governo provvedimento per provvedimento, riservandosi di votare solo quelli in linea con il programma e le convinzioni di Forza Italia. Di fatto, dunque, il nascituro “governo a due” avrà un ingombrante “sostegno esterno”, poco gradito a molti elettori del Movimento 5 Stelle.
L’accordo da siglare sarebbe un contratto a tutti gli effetti, con tanto di dati anagrafici e firme in calce di Salvini e Di Maio da sottoporre quindi al capo dello Stato, Sergio Mattarella, che avrà l’ultima parola. Ma il punto dirimente, su cui si discute serratamente proprio in queste ore, è la scelta del nome del premier che possa guidare il nuovo esecutivo, su cui ancora un accordo non c’è. Negli ultimi giorni, invece, era circolata l’ipotesi che i due leader potessero ritagliarsi rispettivamente il ruolo di ministro degli Esteri (Luigi Di Maio) e degli Interni (Matteo Salvini). Ma è ancora tutto sul tavolo.

La prassi istituzionale impone che sia il capo dello Stato, almeno ufficialmente, ad affidare l’incarico al presidente del Consiglio che dopo avere individuato la lista dei ministri del suo esecutivo deve tornare al Quirinale: a quel punto Mattarella li nomina su proposta dell’incaricato. Ma l’utilizzo della rete, sia in campagna elettorale che negli oltre due mesi seguiti al voto, è diventato a tutti gli effetti non più un semplice mezzo di comunicazione, ma esso stesso strumento cruciale per orientare le decisioni politiche e le mosse dei due principali schieramenti.
Solo poche ore fa Casaleggio ha annunciato l’intenzione del Movimento 5 Stelle di sottoporre il contratto di governo a un referendum online riservato agli iscritti, sulla piattaforma operativa Rousseau, scatenando subito feroci polemiche. Possibile che il futuro della nazione possa essere deciso online da un gruppo di utenti? La Terza Repubblica potrebbe così assumere i contorni di una repubblica 3.0, con effetti e soluzioni difficili da prevedere.