Quest’anno i re magi non sono arrivati alla capanna il 6 gennaio, come da tradizione. Truppe cammellate pentastellate li hanno raggiunti a mezza via informandoli che il messia tanto atteso era apparso sulla terra già adulto, anzi over anta. Eh, sì anche Matteo non è più giovane, ha appena compiuto 43 anni; infatti non sbandiera più la sua giovinezza quasi fosse un merito. Come se non bastasse, sembra più giovane Silvio di lui, con quel figurino e quella cera che sfoggia. Pertanto i re magi, preoccupatissimi di questo invecchiamento del messia, stanno cercando di sistemare sul pagliericcio – si fa per dire perché a palazzo Chigi si sta come papi – il giovinastro Luigi, che ha assunto quell’aria da politico di lungo corso di andreottiana memoria.
Lui sì ha solo 31 anni, oltre a vantare tutti i capelli ed essere dimagrito alla bisogna per fare concorrenza a Berlusca. O viceversa.
Ma c’è un ma: Luigi non è l’unto del Signore perché non è figlio di Dio e quindi non è nato imparato. Infatti, come ha chiosato venerdì mattina alla Radiotelevisione italiana Renzi, concludendo la sua intervista: “Di Maio non ha un problema con i congiuntivi, ma con la matematica”. Il suo programma economico – recuperare 50 miliardi di sprechi, tagliando le partecipate, le pensioni d’oro e centralizzando gli acquisti – non sta né in cielo né in terra essendo il computo molto lontano dalla cifra sbandierata; in sintesi è quanto hanno osservato sia Tommaso Cerno, condirettore di Repubblica, che il giornalista rai Antonio Caprarica, ospiti giovedì sera alla trasmissione Piazza Pulita, ben condotta da Corrado Formigli, su La Sette.
Diceva sempre mio padre: la matematica non è un’opinione; il che per un Di Maio, che ambisce a stare al governo, diventa un problema faraonico, perché egli potrebbe non essere in grado neppure di fare i conti della serva. Come dev’essere accaduto a Theresa May la quale, avendo rinunciato a stare in Europa, non ha più euro per portare avanti la baracca. Pertanto se uno non sa né parlare né far di conto, evidentemente a scuola ha scaldato il banco e poi, come sappiamo, ha scaldato il computer arrivando ai vertici del movimento 5 Stelle.
Roberta Lombardi, candidata dei 5 Stelle al governo del Lazio, candidamente ha chiesto: “Qual è l’unità di misura per la quale una forza politica viene dichiarata adatta a governare?” Le è stato riposto: la credibilità, che ovviamente viene meno ove si dimostri incapacità amministrativa, vedi la questione rifiuti della capitale, e inadeguatezza culturale, vedi le sparate di Di Maio. Infatti Caprarica ha osservato che “vi è assenza di fiducia in un possibile governo dei 5 Stelle, nonostante siano sulla scena politica ormai da 10 anni”. E pure Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, ha affibbiato a Luigi “un’insufficienza per inesperienza e inadeguatezza”.
Eppure non la pensa così Luigi Bersani, pronto a fare un accordo di governo con Luigi Di Maio piuttosto che con Matteo Renzi, secondo lui reo perfino di aver fatto perdere al Pd molte città d’Italia. Al che Sallusti lo incalza: “Non le sorge il dubbio che quegli elettori li abbia persi lei non Renzi?” Bersani farfuglia che “la sua gente dopo il 2013 è andata nel bosco non volendo sapere più niente del Pd, che ha preso la strada del tradimento non facendo più nulla di sinistra. Perché gli elettori o votano Grillo o stanno a casa”. Da liberi e grilli a liberi e grulli il passo è breve. Del resto, come ha sottolineato Caprarica: “Quello di Bersani è ancora un partito leninista”.
Se gli italiani continuano da duemila anni ad aspettare fiduciosi il messia, tuttavia quasi l’80 per cento non crede alle mirabolanti promesse elettorali. Sembra però che abbiano la memoria corta, perché dai sondaggi elettorali Berlusconi risulta risorto. E’ ancora lui il piccolino nella mangiatoia?
Tuttavia questa è stata una settimana di passione anche all’interno del centro destra per l’improvvisa defezione del leghista Roberto Maroni che non si ricandida al governo della Lombardia. Che si sia ritirato ambendo a ben altro? Per esempio, al governo: “Specchio, specchio delle mie brame, non assomiglio forse a Berlusconi? La statura è la stessa e con un trucco adeguato potrei sembrare verosimile”.
Lui giura che la sua scelta è dovuta a motivi familiari. Speriamo che non confonda il significato dell’aggettivo con “familisti”, considerando il centro-destra la sua famiglia. Quo vadis, Maroni?
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