E’ stato scelto da Donald Trump lo scorso luglio, ma il nuovo ambasciatore americano a Roma Lewis M. Eisenberg è giunto stabilmente in Italia solo da pochi giorni, accompagnato dalla moglie Julie e accolto, al suo arrivo nella Capitale, dall’incaricato d’affari dell’ambasciata Usa in Italia, Kelly C. Degnan. Il tempo di un «Grazie mille», rigorosamente in italiano, rivolto ai giornalisti schierati per immortalare il suo arrivo, per poi salire con la consorte a bordo dell’auto dell’ambasciata che lo ha atteso all’esterno del Cerimoniale di Stato, l’area riservata al transito delle personalità civili e religiose.
E’ stata comprensibilmente repentina la prima apparizione pubblica dell’ambasciarore Eisenberg, ma c’è da scommettere che nei prossimi mesi sarà più semplice imparare a conoscerlo. Un po’ perché capita in Italia in un periodo politicamente complesso, con l’attesissima tornata elettorale alle porte che si preannuncia infuocata e ricca di colpi di scena; ma anche perché a nominare Eisenberg è stato proprio lui, Donald Trump, il Presidente più discusso e chiacchierato degli ultimi anni: sarà dunque interessante valutare l’operato del nuovo Ambasciatore per capire meglio quale direzione prenderanno i rapporti transatlantici nel prossimo futuro.
E chissà se Eisenberg sarà più “riservato” del suo predecessore John Phillips, imprenditore di Philadelphia di nonni italici, qualche mese fa assurto all’onore delle cronache del Belpaese per la sua decisione di schierarsi esplicitamente per il sì al referendum costituzionale promosso dall’allora premier Matteo Renzi, finendo per essere accusato da parte della politica e dei media di indebita “ingerenza”. Per ora, del nuovo Ambasciatore Usa in Italia sappiamo che, come diversi altri collaboratori del Presidente, è un uomo che viene dalla finanza. Nato nel 1942 in Illinois da una famiglia ebraica, trapiantato a New York durante gli studi di economia alla Cornell University, ha lavorato in Goldman Sachs dal 1966 al 1989, divenendo partner e capo della Equity Division.
Così, dopo aver fondato la sua compagnia di investimenti nel 1990, la Granite Capital International, ed essere entrato come senior advisor nella Kohlberg Kravis & Roberts & Co, si è avvicinato alla politica attiva, nell’entourage dell’allora governatrice del New Jersey Christine Todd Whitman. Già presidente della Port Authority of New York e New Jersey, l’agenzia pubblica che controllava il World Trade Center, ha vissuto da vicino il dramma dell’attacco alle Twin Towers quel drammatico 11 settembre 2001. Nel gennaio del 2002, è stato scelto dall’allora governatore Pataki come direttore della Lower Manhattan Development Corporation, l’agenzia che ha gestito la ricostruzione.
Nel tempo, quella di Eisenberg è diventata una figura eminente nel Partito Repubblicano, di cui è divenuto tesoriere. Secondo le fonti giornalistiche, è anche un amico personale di Donald Trump, pur appartenendo a un’ala più moderata del Gran Old Party. Nel partito, infatti, il neo-ambasciatore si è distinto per aver fondato il Republican Leadership Council, un gruppo politico che ama definirsi “fiscalmente conservatore e socialmente inclusivo”, e che si impegna a limitare l’influenza della destra religiosa, assumendo posizioni più libertarie come quelle pro-choice sull’aborto. Eisenberg avrebbe addirittura firmato, inizialmente, la petizione promossa da Ken Mehlman, ex consigliere di George Bush, che invitava la Corte Suprema a legalizzare i matrimoni gay.
Posizioni poi riviste nel tempo, ma che non ne modificano di molto la matrice sostanzialmente moderata della sua appartenenza al Partito Repubblicano. Secondo quanto riferiscono i media, peraltro, sarebbe stato lui a incoraggiare, anche sul piano finanziario, la progressiva accettazione del tycoon nell’establishment del GOP, che prima si contraddistingueva per posizioni piuttosto scettiche nei confronti del suo stesso candidato.
Quello di Eisenberg è dunque un profilo di uomo equilibrato, di elevata professionalità e capace di far convergere le varie anime del suo partito e, dunque, dell’amministrazione Usa. Basti pensare che, oggi legato a Trump, nel 2008 sostenne la candidatura di John McCain, divenuto in seguito uno degli esponenti conservatori in assoluto più critici verso il nuovo Presidente. Nei prossimi mesi lo vedremo dunque all’opera nel Belpaese, proprio nel momento in cui, con l’imprevedibile tornata elettorale che si avvicina, l’Italia si prepara ad attraversare uno dei passaggi politici forse più delicati degli ultimi decenni.