Domenica 22 ottobre i cittadini lombardi (e veneti) sono chiamati alle urne, anzi no… ai tablet, perché per la prima volta in Italia si voterà con un sistema informatizzato. Questi ventiquattromila tablet (si fa per dire, visto che hanno più la mole di un vocabolario di latino che di un settimanale), serviranno per votare per un referendum inutile che, qualunque sia l’esito della consultazione, non produrrà nessun effetto legislativo immediato, ma che, in caso di vittoria dei sì (non c’è il quorum) darebbe una parvenza di sostegno popolare alle richieste dei politici lombardi per una maggiore, ma non definita, autonomia della regione rispetto al governo centrale. Aggiungo che ritengo questo referendum uno spreco di denaro pubblico per finanziare l’agenda politica di un partito politico con una manifestazione pagata da tutti i cittadini. Vi ricordate quando qualche anno fa, quando la Lega Nord si dichiarava secessionista e periodicamente installava dei gazebo in qualche decina di città della pianura Padana per raccogliere firme per la separazione da “Roma ladrona”, senza peraltro mai indicare il confine preciso che avrebbe separato le due italie? Essendo da anni al governo della Lombardia, la Lega ha finalmente trovato il modo di far pagare alle casse della regione la manifestazione di domenica; e ha poi furbamente inserito l’elemento “high-tech” per dare più risalto a una tornata elettorale di cui pochi, anche all’interno dei confini della stessa regione, sanno qualcosa.
Se quasi ogni città della Lombardia può vantare una storia ricca e per molti versi distinta dalle sorti di Milano (Bergamo fu, ad esempio per più di tre secoli parte della Serenissima), Mantova e i suoi cittadini, in particolare, hanno tanti motivi seri in più per rifiutarsi di partecipare alla consultazione di domenica. Cominciamo con la storia e finiamo con l’attualità. Mantova con la Lombardia così com’è adesso e in particolare con Milano c’entra molto poco. Dal Medio Evo al Rinascimento a tutto il ‘600, Mantova e il suo territorio mantengono la loro autonomia, mentre Milano segue sorti diverse e per più di un secolo sarà dominio della corona spagnola. Gli interlocutori privilegiati della locale ‘famiglia reale’, i Gonzaga, erano più legati a Verona (Cangrande della Scala assicurò ai Gonzaga il suo sostegno militare durante il golpe che li portò al potere spodestando i Bonacolsi) o a Ferrara (città di provenienza di Isabella d’Este, la marchesa che fu definita la First Lady del Mondo). Milano e Mantova si ‘sposarono’ non per amore, ma per forza solo agli inizi del ‘700 quando entrambi i ducati vennero annessi all’impero austriaco. Gli Asburgo però, da capaci amministratori quali erano lasciarono al ducato di Mantova una serie di privilegi ed autonomie. La prova empirica di queste storie sostanzialmente separate e diverse è che quando gli altri italiani cercano di indovinare la provenienza dei mantovani basandosi sul loro accento, inevitabilmente ritengono che siano emiliani.

Qualcuno dirà che sono storie vecchie, che bisogna guardare al presente e agli aspetti pratici di questa dipendenza di Mantova da Milano. Bene, allora chiudiamo i libri di storia e apriamo le pagine degli ultimi 10/15 anni della Gazzetta di Mantova (il giornale più antico d’Italia). L’impressione chiara è che, vuoi per il diverso peso demografico (Milano-Monza-Brianza con 2 milioni di abitanti contro i 400mila di Mantova), vuoi per distanza geografica (Mantova all’estrema periferia orientale della regione incuneata tra Veneto ed Emilia), vuoi per la consolidata discrepanza di leadership politica (centro-destra a Milano, centro-sinistra a Mantova), qualunque richiesta giunga dal capoluogo virgiliano venga respinta o ignorata dalla regione. Basta guardare allo stato miserando della linea ferroviaria e dei treni che collegano Milano (la capitale economica del paese) e Mantova (una delle città più ricche d’Italia), alle condizioni allarmanti di ponti ed altre infrastrutture, alle costanti chiusure di reparti ospedalieri e strutture sanitare della provincia.
Ma allora perché i Mantovani dovrebbero chiedere alla Repubbica Italiana più autonomia per la regione Lombardia? Se proprio un’autonomia devono chiedere, è l’autonomia di Mantova dalla regione matrigna. Della formula si può discutere: dalla ricostituzione del ducato di Mantova al passaggio sotto una delle regioni limitrofe: Veneto o Emilia-Romagna. Credo che entrambe accoglierebbero a braccia aperte la piccola e ricca provincia e i mantovani potrebberoo finalmente sposare se non proprio chi amano chi, per lo meno, porta all’altare la dote più sostanziosa.