“In the future everyone will be world-famous for 15 minutes“, il famoso quarto d’ora di celebrità che Andy Warhol, il visionario artista e icona della Pop art Americana, aveva previsto per il Terzo Millennio. Una previsione quanto mai attuale, che inquadra quelli che sarebbero stati i nostri tempi moderni dove raggiungere la fama diventa semplice: internet e un click, postando foto e video, trasformano chiunque, in una “celebrity”. E di “celebrity” e non solo, ne troviamo tante nella straordinaria mostra sull’artista americano che arriva a Palermo, Capitale della Cultura 2018, a Palazzo Sant’Elia. Dal 19 ottobre 2017 al 7 gennaio 2018, un allestimento particolare sull’icona della Pop Art, grazie al lavoro della Rosini Gutman Collection e del direttore della RosiniGianfranco Rosini che ci ha concesso una video-intervista (vedi sopra e qui).

La mostra “Andy Warhol. L’Arte di essere famosi” comprende 166 differenti soggetti, tra opere uniche, multipli ed oggetti d’arte, della Rosini Gutman Collection, che abbracciano gran parte dell’intero percorso artistico ed iconografico dell’artista, dal 1957 al 1987, anno della sua morte; una raccolta antologica delle “icone” più conosciute, ospitata alla Fondazione Sant’Elia: dal Gold Book, realizzato da Warhol in occasione di una delle sue prime personali di successo alla Bodley Gallery di New York, nei primi anni Cinquanta; alle “ricette” di Suzie Farkfurt, Wild Raspberries, libro realizzato “a mano” con l’aiuto della madre Giulia Warhola, scimmiottando i libri di cucina francese tanto di moda in quel periodo; alcuni dei soggetti più famosi degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, dal mito di Marilyn Monroe al fascino di Liz Taylor, dalle storiche bottiglie di Coca Cola alle leggendarie lattine di zuppa Campbell’s; e ancora, Flowers, Mao, Mick Jagger, Liza Minnelli, Joseph Beuys e Ladies and Gentlemen. Dalla Rosini Gutman Andy Warhol Collection giungono anche alcune opere inedite come gli Space Fruits, di cui Warhol stesso descrive la realizzazione nei suoi diari, a dieci anni dall’attentato subito – il 3 giugno 1968, la femminista e frequentatrice della “Factory”, Valerie Solanas, sparò a Warhol e al suo compagno di allora, Mario Amaya che sopravvissero, nonostante le gravi ferite riportate.

Da quel momento l’artista apparve sempre meno in pubblico – e una serie di Dollars Bills di varie misure; Fish, Candy Box, Drag Queen, Kiku, Dress e Campbell Box, oltre a cover discografiche, numeri di Interview, la rivista fondata da Warhol a New York, ed altri oggetti divenuti opere d’arte dopo essere passati dalle sue mani. La serialità, la precisione della tecnica serigrafica, il concetto stesso di copia e riutilizzo, sono componenti fondamentali per comprendere il percorso di un artista diverso, innovativo, all’avanguardia per anni in cui era ancora in luce la Pop Art, che di lì a poco si diffonderà anche in Europa. L’intento della Rosini Gutman Foundation è quello di far conoscere Andy Warhol da una prospettiva diversa rispetto ad altre grandi collezioni, focalizzando l’attenzione su opere che rappresentano la parte più intima, per affinità, e più vicina, per estetica, alle sue radici europee, sia dal punto di vista intellettuale che da quello artistico.

Un passo in avanti verso l’inquadramento storico e concettuale della Pop Art in Europa e in Italia, dove si salda con forza su spinte già anticipate dal Futurismo. In mostra a Palazzo Sant’Elia anche le immagini di alcuni documenti personali di Andy Warhol: dal passaporto ad una delle sue prime pagelle, il foglio di ricovero ospedaliero dopo l’attentato, alcuni strumenti di lavoro e diversi preziosi libri, come l’“Index Book”, firmati dallo stesso Warhol. In una sala che fa parte del percorso espositivo, verranno proiettati film documentari e video d’arte sull’artista e sulla Factory. Allestito anche un bookshop, che diventa a sua volta, spazio d’arte e un laboratorio di grafica per i più piccoli, aperto alle scuole. L’allestimento di “Andy Warhol. L’Arte di essere famosi” si è perfezionato nel tempo nel corso degli ultimi dieci anni toccando città come Montecarlo, Lugano, Andorra, Barcellona, Spoleto, Trieste, Cordoba, Palma de Maiorca, Pescara, Taipei e Kaohsiung nella Repubblica di Taiwan, San Marino, Ascoli Piceno, Aosta, Bologna, Dusseldorf. L’arte va consumata, come ogni opera commerciale. E va replicata, all’infinito, mutando i contorni ma non i temi, accendendo e spegnendo i colori. Per uno dei più importanti esponenti della Pop Art come Andy Warhol, ogni icona va masticata, ingoiata, copiata e rigettata, in maniera tale da svuotarla da ogni significato. Ecco quindi The Flowers, Mao, Marilyn Monroe, Mick Jagger, Liza Minnelli: soggetti. E basta. Ma dall’impatto talmente forte ed autentico, da divenire esempi di comunicazione.
Un appuntamento da non perdere, un incontro di Libertà e Bellezza e la Pop Art che Warhol definisce così: “la pop art è un modo di amare le cose”. E non sbaglia, neanche questa volta.
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