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October 3, 2017
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Consip: carta vince, carta perde. Ma dov’è l’asso?

Dal backstage al front office, i fili di un garbuglio giudiziario su cui nemmeno il Ministro della Giustizia Andrea Orlando si esprime

Fabio CammalleribyFabio Cammalleri
Consip: carta vince, carta perde. Ma dov’è l’asso?
Time: 5 mins read

Prima il “backstage”. Il 15 Giugno scorso il Plenum del CSM ha approvato una Risoluzione, avente ad oggetto una norma: l’art. 18, comma 5 D. Lgs 177/2016 che, tra l’altro, prevede, per gli appartenenti ai Corpi di Polizia, la trasmissione in via gerarchica delle informative di reato, “indipendentemente dagli obblighi prescritti dal codice di procedura penale”. Una norma approvata durante il Governo Renzi, molto invisa alla Magistratura. Di qui la Risoluzione, tesa alla sua modificazione. Il presupposto “di sistema” della norma  è che Polizia Giudiziaria e PM sono i due pilastri di un’unica Pubblica Funzione: l’Accusa Penale. Quell’ “indipendentemente” non significa “contro” il PM, ma “accanto” al PM. Certo, questa tendenziale pariordinazione postula una duplice conseguenza “ordinamentale”: che il PM e la PG, insieme, stanno da un lato, e il giudice, di fronte; sull’altro lato, la Difesa.

Ulteriore conseguenza, ovvia, è che PM e PG starebbero in rapporto di “coordinamento funzionale”; non di “dipendenza” funzionale della seconda dal primo. Com’è invece oggi. Ecco perché sarebbe fisiologica una circolazione delle comunicazioni sulle attività investigative, anche in via gerarchica. Cioè, quella norma non è un cavillo, ma rischia di rilevarsi una Leva di Archimede: postula la separazione delle carriere. Certo con prevedibili, indomite, resistenze. Ma, con quel seme, questo è il germoglio. A meno che non muoia in culla. Infatti, uno degli estensori della Risoluzione, il dott. Antonio Ardituro, asciutto, ha fatto il punto: “Le informazioni delle attività investigative devono essere nel dominio del pubblico ministero, che non mancherà di far arrivare le informazioni agli alti vertici delle forze di polizia… Ma è necessario che il pubblico ministero abbia un dominio…”

Si può notare un certo ricorrere della parola “dominio”. E una rassicurazione dal tono benevolmente principesco: “..non mancherà…”. Lo scopo primario della modifica proposta (una sostanziale abrogazione: poiché verrebbe meno l’avverbio-cardine “indipendentemente”) sarebbe di tutelare la segretezza delle indagini. Tuttavia, giacché, prima dell’Agosto 2016, per fatto notorio, la segretezza non risulta sia stata minimamente tale, pare ragionevole ritenere che altra sia la questione: e che riguardi la preservazione di un potere specifico. Come si diceva.

Ora, andiamo a Consip: il “front office”. Le ultime evoluzioni tardo-estive del Caso, oggetto del consueto clamore di giornata (o di settimana), recano due livelli contenutistici. Il primo, riguarderebbe le nuove acquisizioni sul Noe (Nucleo Operativo Ecologico, dei Carabinieri). In realtà, le indagini, le revoche “romane” delle deleghe d’indagini al Noe, i nomi, le ipotesi di reato, i fatti attribuiti, sono noti e immutati da mesi. Di propriamente nuovo, dunque, non c’è molto. Il secondo, è un pò meno visibile, ma non invisibile. Attiene a quella parola, “dominio”, nei rapporti con la PG. Consideriamo i seguenti passaggi.

All’affacciarsi di ritenute anomalie investigative, si è lasciato spazio all’ipotesi che il dott. Henry John Woodcock fosse ignaro dell’operato border line del Capitano dei Cc, Giampaolo Scafarto. Ma l’ipotesi, nella prima fase dell’inchiesta capitolina, non ha resistito: e dopo un pò a Roma hanno aperto un’indagine anche a suo carico. Ad un certo punto, però, si comincia a parlare e, soprattutto, a “far parlare” più di Scafarto e meno di Woodcock: pur essendo indagati entrambi. E, a partire dall’iniziale stand by di maggio, quando scoppia il bubbone Procura di Napoli-Noe, si accentua pure il focus sul Noe (e sul Colonnello Sergio De Caprio, meglio noto come “Ultimo”, l’ufficiale che catturò Salvatore Riina). Il 15 Luglio, La dott.ssa Lucia Musti, Procuratrice della Repubblica di Modena, innanzi il CSM, rivela condotte “esagitate” di questi carabinieri (a Modena era giunto un stralcio d’indagine, concernente la locale Cooperativa CPL-Concordia, già indagata a Napoli, per presunti contatti di matrice camorristica). Il Consiglio Superiore spedisce, via posta certificata, i verbali della sua deposizione alla Procura di Roma, ma noi ne leggiamo un dettagliato resoconto su Repubblica: a distanza di poche ore dalla loro ricezione istituzionale.

Quanto alle rilevate condotte “esagitate”, non consta tuttavia che la Procuratrice abbia informato il Procuratore Generale: titolare dell’azione disciplinare anche per la Polizia Giudiziaria. Tra gli effetti “sistemici” certi, a prescindere dal merito specifico, uno sarebbe stato quello di mostrare una sovraordinazione: del PM sulla PG, chiara e salda. Ma la tesi sottesa, nell’insieme, è invece che la magistratura inquirente versi in condizione di latente minorità verso la Polizia Giudiziaria. La magistrata sostiene infatti di aver subito pressioni per accusare Renzi. Il figlio direttamente, o tramite il padre; non è univoco, sul punto, il riferimento alle “bombe”: cioè all’effetto delle indagini, a lei presentato dai Carabinieri come dirompente per Renzi. Concentrata sull’effetto novità (che non c’è) delle anomalie Scafarto-Woodcock (che ci sono, ma con graduale dissolvenza su quest’ultimo), sul finire dell’estate, la pubblica opinione pare pronta a recepire la tesi della “latente minorità”. Colpo di stato, gravità inaudita, ecc. Sebbene gli “archetipi” (Caselli/Mori/rifugio di Riina; e Procura CL/Scarantino/La Barbera) abbiano dimostrato tutt’altro che una soggezione “sistemica” dei PM verso le Forze di Polizia.

Un paio di settimane fa, in armonia con la rinnovellata tesi del “PM vittima della Polizia Giudiziaria”, il dott. Woodcock ha affermato di essere stato “ingannato”: da Scafarto. Pertanto, in questa storia a più personaggi istituzionali, tutti inizialmente sospesi fra “l’illecito” e “l’improprio”, si avvia ad uscire di scena il personaggio-magistrato. Vediamo meglio. Il procedimento della I Commissione CSM, sul trasferimento per incompatibilità di Woodcock, ha escluso che egli abbia rivelato la conversazione telefonica Renzi-Adinolfi (“Letta è un incapace”). Anzi, il consigliere Ardituro (lo stesso che ha pure interrogato la dott.ssa Musti al CSM, e che ha concorso all’estensione della Risoluzione sulla “norma del dominio”), ha precisato non esserci “al momento alcun procedimento aperto per incompatibilità”; resta aperto quello disciplinare, ma il mood appare positivo. Ieri, la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione verso Woodcock, anche nell’altra indagine per rivelazione di segreti (con Federica Sciarelli). Quanto al falso, in concorso con Scafarto, la tesi dell’inganno è stata autorevolmente proposta.

Da fonte magistratuale si è rilevato, dicevamo, il “prepotere esagitato” degli ufficiali di PG. Il Comandante Generale dei Cc, al tempo in cui si affaccia il Caso-Consip, Tullio Del Sette (indagato pure lui da Roma), si era dedicato al riordinamento dei Corpi Speciali (fra i quali il Noe); ma questo è affare interno all’Arma: non tocca i rapporti funzionali di essa, in quanto tale, con i PM. Oggetto, invece, della norma, e della Risoluzione del CSM, da cui siamo partiti. Scagionato dalle indagini Woodcock (ed è certo un bene che la sua presunzione di non colpevolezza si sia consolidata), stigmatizzati (ma non troppo) i Cc sulle “bombe/Renzi” (Scafarto, nel frattempo, da Capitano, è stato promosso Maggiore), la pressione sul versante “politico” dov’era, è: a cominciare dal Ministro Lotti, coindagato proprio con Del Sette, e con l’ex Presidente Consip, Ferrara. A Roma.

Infatti, nessuna delle “fughe di notizie”, per cui a Roma hanno indagato e indagano su questo “fronte”, comporta, per ciò solo, che gli elementi d’indagine, finiti sui giornali, siano ritenuti dalla Procura inveritieri; e ovviamente, ci sono ancora le indagini per le “fughe” in quanto tali, pure a carico del Ministro Lotti. La Procuratrice Musti ha affermato, riferendosi alle repliche di Di Caprio, larvatamente accusatorie, che riferirà “solo alla Procura di Roma”; aggiungendo che potrà meglio precisare il contenuto della sua audizione al CSM, di cui avrebbe rilevato l’impreciso resoconto sulla stampa. E anche il Ministro della Giustizia, Orlando tace: mentre sul suo tavolo sta la Risoluzione sulla “norma del dominio”. Quella che, mirando all’eliminazione dalle comunicazioni investigative direttamente “in via gerarchica”, ritenute le uniche responsabili  per la “caoticità” delle fughe di notizie, rimanda a timori della Magistratura a ben più ampio raggio.

Tutti i fili di questo garbuglio finiscono in una sola mano. Anche quello dell’art. 18, comma 5 D. lgs 177/2016. Il seme, col suo germoglio pericoloso. Gli arcana imperii sono eterni, e si lasciano sempre intravedere. Perché si intenda l’imperium: ma senza troppo strepito sul chi e sul perché.

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Fabio Cammalleri

Fabio Cammalleri

Il potere di giudicare e condannare una persona è, semplicemente, il potere. Niente può eguagliare la forza ambigua di un uomo che chiude in galera un altro uomo. E niente come questa forza tende ad esorbitare. Così, il potere sulla pena, nata parte di un tutto, si fa tutto. Per tutti. Da avvocato, negli anni, temo di aver capito che, per fronteggiare un simile disordine, in Italia non basti più la buona volontà: i penalisti, i garantisti, cioè, una parte. Forse bisognerebbe spogliarsi di ogni parzialità, rendendosi semplicemente uomini. Memore del fatto che Gesù e Socrate, imputati e giudicati rei, si compirono senza scrivere una riga, mi rivolgo alla pagina con cautela. Con me c’è Silvia e, con noi, Francesco e Armida, i nostri gemelli.

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