Certe cose sono più grandi di noi. Che siamo piccoli e viviamo nel mondo delle favole che ci siamo raccontati. Poi un giorno ci accorgiamo che è tutto completamente vero e che la realtà supera la fantasia. Una realtà romanzesca in cui ci ritroviamo comparse, nel senso che possiamo solo stare a guardare e subire. Gli attori principali sono dei cani, senza arte né parte, eppure recitano a soggetto. Cioè inventano alla bisogna frasi e colpi di scena. Sembra però che nonostante i colpi non si sia ancora toccato il fondo. Abbiamo un ministro degli Esteri che non parla l’inglese e rischiamo di avere un presidente del Consiglio che non conosce nemmeno l’italiano né ha mai lavorato in vita sua. Di Maio er mejo? Meglio del suo compagno stellato Alessandro Di Battista il quale in Parlamento aveva detto che “Napoleone combatteva sui campi di Auschwitz”. Sì, poi è passato a cavallo sotto la porta, dove c’era scritto “Il lavoro rende liberi”, e ha gettato brioches ai detenuti denutriti.
Luigino è stato battezzato a Rimini dal suo signore e padrone, Grillo, che gli ha detto commosso: “Tutto questo adesso è tuo”. Non so se più tronfio o più rubicondo, Di Maio ha dichiarato: “Noi siamo chiamati a cambiare l’Italia”. Gli mancava solo la fiammella dello spirito santo sopra la testa, che non è scesa dal cielo, benché circa un mese fa a Napoli egli si fosse affidato al suo patrono, San Gennaro. Ma nonostante Grillo si creda Dio e Di Maio l’unto del Signore, siamo più che certi che non faranno alcun miracolo. Se non vogliamo considerare un miracolo il sangue che dovranno versare gli italiani con un governo di somari pentastellati. Speriamo proprio che gli italiani non si sentano il popolo eletto e non li eleggano.
Altrimenti lo scenario è questo: il primo atto di governo, che il presidente Luigi Di Maio farà, sarà apporre all’ingresso di Palazzo Chigi la scritta in ferro battuto: “La politica rende liberi”. E agirà di conseguenza. Grillo assurgerà al Colle dove ogni domenica ci delizierà con la sua voce stridula e piagnucolosa, coperto da una tunica bianca come un novello Nerone. Ma senza cetra, perché tutte le anticaglie romane saranno già esposte al mercato del pesce di Hong Kong per pagare i debiti italici a mamma Cina, che ci avrà comprato a scatola chiusa, immigrati compresi. In saldi anche i quadri del Vaticano, tanto Francesco nella sua misericordia, priva di raffinatezza, si accontenta di abitare in albergo e ben volentieri ha destinato i proventi al pagamento delle pensioni, sostituendosi al presidente dell’Inps che, perseguitato da bande di rivoltosi, si è rifugiato con la sua corte a Marrakech, dove vive come un sultano. Francesco sta anche pensando di estinguere i debiti degli italiani con l’Agenzia delle Entrate, che i cinesi non vogliono addossarsi, adibendo i saloni del Vaticano a bed & breakfast. E’ solo indeciso se fornire brioches surgelate oppure pane burro e marmellata, come gli suggerisce il guru di Slow Food. La classe politica non esiste più, nel senso che è fuggita all’estero, avendo aperto nei tempi d’oro diversi conti correnti in paradisi fiscali vari. Quindi il vero deus ex machina del Paese è il Papa, mentre i 5 Stelle, tronfi d’aver raggiunto il firmamento, fanno finta di governare e nemmeno i giornali riportano più le loro sparate. Francesco è certo che alla fine gli italiani saliranno al Colle, strapperanno la tunica bianca al presidente della Repubblica e lo imballeranno in una cassa, scrivendo correttamente sul coperchio: “Grillo, destinazione: mercato dei volatili di Hong Kong”. Aperta la cassa dopo mesi di navigazione, i cinesi che sono precisi lo metteranno appeso a testa in giù tra i pipistrelli, essendo troppo grosso per schierarlo tra i grilli. Ma si chiederanno preoccupati: “Grillo vecchio farà buon brodo?”
E mentre in Italia il Papa comincerà a governare, gli italiani rimpiangeranno i bei tempi di Berlusconi. E i vecchi rammenteranno com’erano belle le sue ministre.