“Chi ha scritto la poesia ‘Il 5 maggio’: Ei fu. Siccome immobile…?” Silenzio. “Quella che parla della morte di Napoleone… e quando era nato?” Ah sì, Leopardi. Mah, Napoleone era nato all’inizio del ‘900.
“Quando Mussolini era al governo in Italia?” Tra il 1950 e il 1960.
“Quando le donne hanno avuto il voto in Italia?” Nel 1980.
Che sistema di governo abbiamo in Italia? Presidenziale.
Queste le risposte di giovani maturati, secondo la scuola italiana, all’intervistatore di una radio un mesetto fa. La ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, non deve averle udite altrimenti non avrebbe firmato il decreto che fa partire un piano sperimentale che permetterà a 100 classi di conseguire il diploma di maturità in 4 anni, anziché cinque. Ma che dico? La ministra è una precursora del livellamento culturale in basso, considerato che lei di anni alle superiori ne fece solo due, tanto bastava per insegnare all’asilo. Poi è entrata a piè pari nel sindacato e da lì ha fatto carriera. Povera Italia e poveri italiani, sempre più asini.
Se il lavoro è un diritto, lo studio è un dovere, perché gli asini non li vuole assumere nessuno. E non c’è posto per tutti nel Parlamento e nel governo. Altrimenti saremmo a cavallo. Ma per ora gli asini cavalcano noi. Ci trasciniamo aggiogati e gravati dalla pesante rottamazione fiscale in questa torrida estate per portare biada fresca nelle stalle dell’urbe a settembre. Quando le ferie dell’Italia che parla, ruba e non produce saranno finite. Intanto altri imprenditori probabilmente si suicideranno, meno che i banchieri che non rischiano nulla, avendo trovato il sistema di privatizzare gli utili e rendere pubbliche le perdite, facendole pagare allo Stato, cioè a noi cittadini.
Furio ha lavorato 32 anni come commesso in un negozio di ferramenta. Il proprietario ha dovuto chiudere e Furio non trova lavoro perché ha già 62 anni e non assumono commessi oltre i 40. Per mangiare è costretto a fare dei lavoretti saltuari in nero. Gianna ha lavorato come segretaria 31 anni, ha presentato domanda per fare dei lavori socialmente utili, ma il Comune non la assume perché il marito ha una pensione decente. “Dovrò separarmi per lavorare a 800 euro il mese e finire di pagare i contributi pensionistici a 1000 euro il mese” mi dice disperata. Ma questo è un Paese normale? Un Paese che non ha ammortizzatori sociali per i suoi cittadini che perdono il lavoro e che hanno contribuito al suo benessere pagandogli regolarmente le tasse.
Lo Stato italiano non ci permette di invecchiare: non solo perché si è mangiato i soldi delle nostre pensioni, ma perché già trent’anni fa non aveva un sistema di inserimento nel mondo del lavoro nemmeno per i giovani laureati. Si veniva assunti per raccomandazione politica, curiale, mafiosa oppure si pagava l’obolo. Un mio amico venne assunto in banca perché il padre pagò una mazzetta di 28 milioni di lire. Così abbiamo formato dei banditi banchieri e dei politici infami. Chi non ha foraggiato il sistema ha scelto di fare l’imprenditore o il libero professionista finendo nel mirino del fisco, che lo considera un probabile evasore e lo perseguita a vita fino a sbatterlo per la strada, istigandolo al suicidio.
Perciò siamo vecchi giovani perché il lavoro e la pensione ci sono precluse, mentre sforniamo giovani vecchi che pretendono tutto subito: il lavoro vicino a casa, la casa col mutuo e tutto il resto come in un film. Nessuno pensa di mettersi in proprio e chi partorisce una start up è considerato un eroe.
In Italia fino a pochi anni fa funzionava così: fino a 40 anni ti ripetevano che eri troppo giovane per fare questo o quel lavoro, soprattutto se eri una donna, poi di colpo eri troppo vecchia per potere soddisfare i tuoi sogni. Ma da quando Berlusconi ha messo al governo giovani donne solo perché erano belle e Renzi donne belle solo perché erano giovani, la bellezza e la gioventù sono diventate un must in Italia: guerra ai vecchi che vanno tassati e tartassati per finanziare la giovinezza… “Giovinezza, primavera di bellezza…” Ma prima la canzone goliardica diceva: “Son finiti i giorni lieti degli studi e degli amori, o compagni, in alto i cuori e il passato salutiam”. Questa canzone “Addio agli studi” è del 1909, ma nel decennio seguente venne modificata per portare i giovani al fronte della Grande Guerra e poi per incanalare altri giovani dietro al pifferaio magico fascista verso la Seconda Guerra Mondiale.
Stavolta non basterà una canzone per far capire ai giovani che la ricreazione scolastica è finita e sono semplicemente adulti, a prescindere dall’età sulla carta d’identità.