Ci sono tre capacità che quasi tutti gli uomini acquisiscono prima di compiere i venticinque anni. Renzi non ne ha acquisita nessuna; l’immaturità è la caratteristica dominante della sua personalità politica, la mancanza di rigore ne è il leitmotif.
Si diventa adulti quando si impara a stare fermi, fisicamente e mentalmente. Renzi è invece restato un bambino di sette anni che saltella in giro per l’aula. La sua inattitudine a focalizzare l’attenzione gli rende difficile la comprensione dei fatti e la loro elaborazione; per cui è spesso male informato sulle sue stesse posizioni, si contraddice, non riesce a controllare la sua retorica. Preso dall’entusiasmo, arriva a promettere una riforma o una grande opera senza avere idea se sia fattibile.
Un secondo aspetto della vita adulta è la coscienza di se stessi, un criterio interiore per valutare i propri meriti e demeriti. Al contrario, Renzi ha continuamente bisogno di conferme esterne per affermare la sua identità e mantenere la sua sicurezza: disperatamente in cerca di approvazione, si autoloda e si attribuisce gesta eroiche e successi immaginari. Ancor più che gli altri, cerca di ingannare se stesso; le sue cazzate sono tentativi di costruire un mondo in cui sentirsi realizzato. In questo senso è una perfetta incarnazione dell’effetto Dunning-Kruger, distorsione cognitiva che impedisce a chi è incompetente di comprendere la propria incompetenza. Renzi pensava che lo avrebbero osannato per il Jobs Act e per il tentativo di rottamare la Costituzione; era sicuro di vincere alla grande il referendum costituzionale. È perennemente stupito che la realtà non rifletta le sue fantasie.
Terzo, nell’età adulta la maggior parte delle persone si accorge di cosa gli altri pensano di loro. Per cui assume atteggiamenti quali la falsa modestia, a evitare di essere considerata insopportabile. Ma Renzi non ha ancora sviluppato una teoria della mente e ciò lo rende pateticamente trasparente: vuole essere apprezzato e per questo non fa che ripetere che tutti lo apprezzano.
Analizzando i discorsi di un politico si tende a supporre che dietro le sue parole ci sia un’intenzione, una strategia; i discorsi di Renzi purtroppo non presuppongono un progetto o un metodo al di là del suo desiderio di fare colpo, di ottenere consenso. Capire il segretario del Pd sarebbe importante; ci aiuterebbe a prevedere le sue mosse: ma se non ci fosse niente da capire?
PS Con alcuni tagli e qualche aggiustamento, questa è la traduzione di una opinione su Donald Trump scritta da David Brooks per la sua column apparsa sul New York Times di martedì 17 maggio. La propongo perché al di là delle marcate differenze fra Stati Uniti e Italia e fra l’ambizioso Renzi e il miliardario Trump, mi pare evidente e preoccupante che il liberismo favorisca l’affermazione di personalità narcisistiche, utili anch’esse a favorire la deregulation morale e la deriva dell’intelligenza su cui si fonda l’egemonia del neocapitalismo globale.