Care lettrici, cari lettori,
Come ogni 8 marzo, anche quest’anno celebriamo la Festa della donna, ma per lo più nell’agenda politica italiana si parla poco dei problemi concreti e quotidiani delle donne, si parla di femminicidio, con grandi risalti mediatici, ma non si affrontano adeguatamente le tematiche del welfare, prevedendo spazi e tempi affinché la donna possa esercitare, nel miglior modo possibile, il ruolo di madre e lavoratrice nella società.
Ancora oggi, nel mondo, molte donne vedono calpestati i propri diritti e ancora in molti Paesi la donna è vittima di soprusi e discriminazioni a cominciare dall’accesso all’istruzione. Sul piano internazionale abbiamo la Convenzione di Istanbul, di cui mi sono occupata durante la mia attività parlamentare, come strumento giuridicamente vincolante a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza. Ma non basta, ci vuole l’impegno quotidiano di ciascuna e ciascuno, nel proprio ambiente di vita, affinché venga estirpata ogni forma di sopruso e discriminazione verso le donne e venga rispettata la dignità di ciascuna senza distinzione di razza e cultura.
Secondo il Rapporto annuale del Word Economic Forum, nella classifica messa a punto esaminando 142 Paesi, l’Italia ha avuto un peggioramento di nove posizioni rispetto allo scorso anno per quanto riguarda il gender gap. Ritengo che questo sia particolarmente allarmante: significa che nonostante i progressi, sul piano legislativo, manca ancora una cultura della parità. Pertanto, penso che sia urgente e doveroso adoperarsi per affermare, soprattutto nella quotidianità, una cultura che favorisca buone pratiche per una parità di genere effettiva.
Dobbiamo lavorare con politiche concrete per evitare quelle discriminazioni a cui sono soggette ancora le donne, soprattutto nel mondo del lavoro, dove è difficile conciliare la maternità e la carriera: è una questione di buon senso che ce lo indica anche con forza l’art. 3 della Costituzione italiana, richiamandoci alla piena realizzazione del principio di uguaglianza.
Credo che nella società multiculturale nella quale ci troviamo dobbiamo lavorare su ogni piano affinché la dignità di ogni essere umano sia rispettata e vengano tutelati i diritti, a maggior ragione se si parla di donne. Dobbiamo arrivare ad un cambio di mentalità e cultura che sappia dare significato profondo alla vita e dignità al vivere sociale. Un pensiero particolare alle donne emigrate affinché trovino contesti di vita aperti all’accoglienza ed all’integrazione e possano essere il legame più vivo con la terra di origine per educare i figli ai valori condivisi della società di origine e di accoglienza.
A proposito di educazione, mi sono impegnata nella promozione della lingua italiana all’estero e nella riforma della scuola all’estero proprio perché i nostri figli avessero accesso a quei diritti linguistici di cui spesso ci si dimentica, come è capitato nel caso del decreto delega alla “buona scuola”. Infatti, la settimana scorsa sono intervenuta in Commissione esteri per chiedere di inserire nel parere della Commissione stessa la necessità di introdurre nel decreto il diritto alla formazione linguistica degli italiani all’estero. Spero che domani, giovedì, recandomi a Roma, avrò la buona notizia che la mia richiesta è stata accolta.