Un articolo di prima pagina del New York Times di martedì spiega chiaramente che da NAFTA, ossia il patto commerciale fra Stati Uniti, Canada e Messico, non si esce. E questo benché stia diventando sempre più evidente che non funziona e che contrariamente alle promesse di chi lo realizzò (inclusi il primo Bush e Bill Clinton) non ha affatto portato a un abbassamento dei prezzi e dell’inquinamento e a un aumento dell’occupazione e dei salari. Tutto il contrario, al punto che molti economisti, preoccupati per il crescente risentimento popolare espresso dal successo di Donald Trump e di Bernie Sanders, adesso lo considerano un pericoloso ostacolo alla crescita e al benessere. Ma non sanno cosa fare: ormai NAFTA, si sarebbe detto una volta, è un fait accompli. Come l’euro: che pure avrebbe dovuto portare prosperità e che quando non l’ha portata, bè tocca tenerselo perché andarsene sarebbe peggio. In sostanza, cazzi nostri.
Ma non cazzi dei miliardari e delle loro multinazionali, reali promotori del patto nordamericano e della moneta unica europea e loro unici beneficiari, e neppure dei politici, giornalisti e intellettuali che li sostennerero in cambio di vantaggi personali, in sostanza facendosi corrompere – pratica sdoganata dal liberismo, è bastato cambiarle nome e chiamarla lobbismo e fundraising.
Indifferenti alle catastrofi che provocano, miliardari, multinazionali, politici, giornalisti e intellettuali prezzolati sono oggi impegnati a far passare altri accordi commerciali, in particolare il TTIP, momentaneamente sospeso ma tutt’altro che abbandonato e che soprattutto resta saldamente al centro dei programmi del governo Renzi. Il quale come al solito annuncia, a chiacchiere, immensi progressi sociali ed economici; ma quando fra qualche anno ci si accorgerà che era una balla, bè sarà troppo tardi per rimediare. Pensateci, quando a dicembre voterete al referendum. Votare sì significa aumentare enormemente il potere dell’esecutivo, ossia dire sì anche a quell’accordo-capestro. (Incidentalmente, lo sapete cosa significa l’acronimo? Significa Transatlantic Trade and Investment Partnership, ossia Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti: una volta i trattati fra Stati avevano come obiettivo la cooperazione, il progresso, lo sviluppo, la pace, l’emancipazione; oggi, esplicitamente, solo gli interessi degli investitori finanziari).
Sino alla fine degli anni ottanta la DC restò stabilmente al potere in Italia perché molti italiani temevano che votare per il PCI fosse un salto nel buio. Invece persino l’URSS è uscita dal comunismo. L’unico regime da cui nessun paese è mai uscito è il neocapitalismo liberista, dominato da corporation globali più ricche degli Stati e dotate di un immenso apparato propagandistico. Ormai non tollerano neanche i riformisti moderati, come Dilma Roussef in Brasile, liquidata “da una banda di ladri con un colpo di stato soft” (Noam Chomsky). Pensateci, quando voterete al referendum: votare sì è acquistare un biglietto di sola andata: siate ben sicuri che è proprio lì che volete andare; perché sarà per sempre.