Docenti universitari, avvocati, ex dirigenti della Regione, insegnanti, commercialisti e tanti altri professionisti negli ultimi in tempi stanno ingrossando le fila dell'indipendentismo siciliano. Si organizzano, nascono movimenti e associazioni, a volte in conflitto tra loro (soprattutto su temi quali le future alleanze o l'euro). Stilano documenti tecnici precisi per smascherare le bugie della politica, formulano denunce circostanziate sui trattamenti riservati alla Sicilia dal Governo nazionale. Dimostrano competenza e argomentano ogni posizione assunta.
C'è da dire che, a parte gli esponenti dei movimenti indipendentisti più tradizionali, per tanti neofiti l'indipendenza è ormai l'ultima possibilità rimasta alla nostra Isola, come ha sostenuto pure il famoso politologo americano, Edward Luttwak che ha riconosciuto una importante rilevanza a questo tema, esortando la Sicilia a staccarsi dall'Italia.
Un ragionamento che deriva non solo dall'osservazione dei fatti di Sicilia, una terra ormai alla deriva e del tutto strangolata dal Governo nazionale, ma anche da quelli scozzesi e catalani, due realtà che, pur non avendo ottenuto l'agognata indipendenza, per il solo fatto di lottare per raggiungerla, stanno ottendendo riconoscimenti sempre più ampi da parte dei governi centrali.
La questione, dunque, è succulenta. Tanto da fare la sua comparsa, con sempre più frequenza (seppur relegata, spesso, ad articoli eccessivamente critici o di taglio basso) su molti giornali europei. Ancora di più dopo la vittoria in Corsica della lista degli indipendentisti che, nella tornata di elezioni amministrative francesi, hanno raggiunto, con una lista unica, la percentuale record del 35% dei voti.
Dunque, il vento indipendentista soffia forte su tutta l'Europa e anche in Sicilia non scherza, dove come detto, trova forza nuova tra professionisti e intellettuali che prima mai avrebbero pensato a tale ipotesi.
Eppure, ed è questo il tema su cui vogliamo soffermarci oggi, gli indipendentisti in Sicilia non fanno mai 'notizia'. Qualsiasi cosa dicano, qualsiasi analisi propongano, qualsiasi proposta facciano, per la stampa siciliana, semplicemente non esistono e stupisce che lo stesso accada in quei media che si definiscono 'innovativi' e 'alternativi'.
Con le dovute eccezioni, ovviamente, riscontrabili su qualche blog (come i Nuovi Vespri.it), su qualche giornale online da sempre sensibile al tema, anche con spirito critico (come Siciliainformazioni.com) e qualche agenzia di stampa , come la siciliana Italpress che, evidentemente, per riconoscere una notizia, non aspetta la telefonata propiziatoria di qualche conoscente, per il resto è buio.
(Ci scusiamo se dimentichiamo qualcuno, ma non ci pare – l'andazzo è questo – e siamo comunque pronti a correggerci).
E' difficile credere che si tratti solo di distrazione. Come abbiamo detto, gli indipendentisti siciliani ormai non passano più inosservati, sia per i nomi e le professionalità messe a disposizione, sia per le tesi portate avanti con dovizia di particolari ed espresse pubblicamente.
Ed è difficile credere che si tratti di semplice ignoranza, perché se così fosse, anche in questo caso i giornalisti farebbero il loro mestiere: informarsi per informare. Con spirito critico, come sempre, ma non eludendo la questione.
Sarà censura? Il dubbio c'è, ma ovviamente non possiamo avere certezze.
Certo è che, in qualsiasi parte d'Europa, gli indipendentisti danno fastidio all'establishment oligarchico-finanziario che detta l'agenda alla politica e che mal sopporta la democrazia nei singoli Paesi, figuriamoci nelle regioni (nonostante l'Onu riconosca il principio di autoderminazione dei popoli, principio che dovrebbe essere vincolante per le Nazioni che ne fanno parte).
E' per questo che anche in Sicilia si tace sul tema? O, al di là delle limitazioni imposte dalle linee editoriali legate ai soliti – ahinoi – potentati nazionali, c'è una forma di autocensura ancora più pericolosa della censura in sé?
Il dibattito è aperto.
Per inciso, non facciamo riferimento alla stampa italiana che dalla Sicilia, e dal Sud in generale, è lontana anni luce, come più volte denunciato dalla Svimez, l'Associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno (in merito potete leggere l' articolo intitolato: l'Unità d'Italia non cè neanche su giornali).