C’è un legame tra quello che Matteo Renzi ha imposto al Comune di Roma e quello che lo stesso capo del governo sta imponendo alla Sicilia? Intanto iniziamo da qualche parallelismo. Fino a poco tempo fa le parole di Matteo Orfini sul sindaco della Capitale del nostro Paese, Ignazio Marino, erano le seguenti: “A Roma la linea dei grillini non cambia: ti.oniramoizangi. Segnalo con affetto che è la stessa linea della mafia”. Qualche settimana dopo quella che era “la linea della mafia” (si parla, ovviamente di linea politica) è diventata la linea del PD. E infatti Marino è stato ‘sbarellato’ dal Campidoglio dal Partito Democratico, non senza l’aiuto di altre forze politiche. @erettemid
In Sicilia lo scenario è un po’ diverso, anche se non manca qualche similitudine. Dopo che il capo dei renziani dell’Isola, il sottosegretario Davide Faraone, aveva auspicato la caduta del governo regionale di Rosario Crocetta, dal quartier generale romano di Renzi è arrivato il contrordine: Crocetta può continuare a governare l’Isola. Però al contrordine a parole non sono seguiti i fatti, tant’è vero che la Regione siciliana è stata lasciata senza soldi da Roma. Crocetta dovrebbe varare il suo quarto governo, ma non si capisce cosa dovrebbe fare il governo di una Regione di 5 milioni e oltre di abitanti con le ‘casse’ vuote. E infatti, in queste ore, sono in tanti a defilarsi: e, guarda caso, a defilarsi dal governo regionale sono proprio gli esponenti del PD. Anche la Sicilia verso le elezioni anticipate?

Ignazio Marino
In queste ore si cerca di capire quale potrebbe essere la linea politica del PD di Renzi. Non si capisce, infatti, il perché i romani, dopo l’esperienza di Ignazio Marino, dovrebbero votare di nuovo il PD. E’ stato il Partito Democratico a scegliere Marino. O meglio, sono stati gli elettori del PD a volere sindaco il noto medico chirurgo. Non sta a noi, dalla Sicilia, giudicare l’operato da Marino sindaco di Roma. Anche se alcune cose, a dir la verità, sono apparse chiare leggendo i giornali e guardando la Tv.
La Città eterna era ed è veramente ridotta male. Una Capitale con le strade piene di buche e con la metropolitana che si blocca intrappolando centinaia di persone non è il massimo. Se a questo aggiungiamo l’inchiesta Mafia Capitale con tutta la corruzione che è emersa, beh, ce n’è abbastanza per affermare che Roma, oggi, è il simbolo di un’Italia in declino. Ma siamo sicuri che il sindaco Marino abbia avuto responsabilità? Con molta probabilità, avrebbe potuto fare di più. Anche, in verità, alcune cose le ha fatte. Ha messo a nudo, per esempio, il mondo degli appalti. A quanto pare, da anni, a Roma – forse da più di un decennio – non si celebravano gare, ma si procedeva con gli affidamenti diretti. Un modo per favorire imprenditori ‘amici’. Proprio come si fa ancora oggi in Sicilia con gli appalti per le opere che riguardano i rifiuti. Solo che in Sicilia c’è la mafia che, in materia di discariche, di autorizzazioni per le aperture e gli ampliamenti delle discariche non ammette interferenze. E’ così anche a Roma per le opere pubbliche? La mafia esercita questo grande potere anche nella Capitale?
Sembra che il sindaco Marino, in materia di appalti, si sia opposto al parallelismo con la Sicilia. E abbia cercato, a quanto sembra contro il parere del PD romano, di chiudere il capitolo degli affidamenti diretti e di passare alla celebrazione delle gare. Lasciando capire, a chiare lettere, che i lavori (e, soprattutto, le forniture) per il Giubileo avrebbero seguito la stessa musica. Era immaginabile che, a Roma, gli appalti e le forniture legate al Giubileo avrebbero abbandonato il ‘modello Expo di Milano’ per celebrare le gare a norma di legge? (non dobbiamo dimenticare, al di là della retorica propinataci in queste ore per la chiusura dell’Expo, che per l’Expo ci sono stati arresti per tangenti e molte delle opere previste, nonostante le tangenti già ‘assegnate’, non verranno mai realizzate).
Tra la Roma di Marino e la Sicilia di Crocetta ci sono parallelismi, ma anche differenze. Nella Capitale, questo va detto per onestà, l’ormai ex sindaco, pur tra svarioni e confusione, ha provato a mettere un po’ d’ordine nella città, ripristinando la legalità. In Sicilia mafia, mafia dell’antimafia (che è di gran lunga peggiore della mafia, come sta dimostrando la telenovelas sulla Sezione per le misure di prevenzione del Tribunale di Palermo), illegalità, discariche fuori legge, depuratori sfasciati che scaricano merda lungo le coste marine, appalti truccati e amministratori pubblici corrotti sono la regola. Tutto ‘regolato’ dal centrosinistra che gestisce la Regione, le nove ex Province (commissariate dalla stessa Regione) e la stragrande maggioranza dei Comuni. Ma in Sicilia, a differenza di quanto avvenuto a Roma, non c’è stato un cambio di passo. Anzi, l’unico tentativo di legalità è stato bloccato dal governo nazionale di Matteo Renzi. Parliamo della legge per il ritorno alla gestione pubblica dell’acqua approvata dal Parlamento siciliano e impugnata dal governo nazionale con motivazioni che hanno poco di giuridico e molto di politico.
L’acqua e le infrastrutture idriche siciliane regalate per 40 anni ai privati sono una delle grandi trovate di Berlusconi quando, tra il 2001 e il 2006, governava l’Italia. Nell’Isola nella quale l’ex Cavaliere si serviva per assoldare gli ‘stallieri’ a guardia di Arcore, l’acqua ai privati è stata vissuta come una grande vittoria della vecchia Sicilia sull’acqua a gestione pubblica nelle città e nelle campagne. Proprio in queste ore, grazie al governo Renzi che ha svuotato le ‘casse’ della Regione, stanno per fallire i vecchi Consorzi di bonifica, con il probabile licenziamento in tronco dei 2 mila e 200 dipendenti.
Al di là delle assunzioni ‘pilotate’ in questi Consorzi di bonifica, da censurare come tutte le operazioni fatte con il precariato, resta il fatto che il governo Renzi sta imponendo alle città siciliane la gestione idrica da parte dei privati e – cosa che nessuno ha ancora il coraggio di dire – l’ormai imminente privatizzazione del servizio per la gestione dell’acqua in agricoltura. Un altro tassello, insieme con l’IMU agricola, per costringere molti agricoltori siciliani a vendere le proprie aziende per quattro soldi. (l'IMU agricola non è stata mai abolita e quest’anno è costata ai Comuni siciliani quasi 80 milioni di Euro che gli stessi Comuni faranno pagare agli agricoltori).
Lo smantellamento dell'agricoltura siciliana è iniziato nel 2011 (da qui la protesta dei Forconi soffocata dai tradimenti e dai ricatti del governo nazionale, checché ne dica il nostro amico Mariano Ferro) e non si è mai arrestato. Con la privatizzazione dell’acqua in agricoltura, a cura dei farisei del PD, si dovrebbe consegnare buona parte del settore chissà a chi (indovina indovinello…). Forse ai tedeschi che già controllano le miniere di Sali potassici della Sicilia e si apprestano a mettere radici nel settore turistico? Chissà.
Differenze e similitudini. La Sicilia di Crocetta e del PD è un concentrato di inganni e di illegalità, ammantate da un’antimafia di facciata. La differenza con Roma, lo ribadiamo, è che da quelle parti Marino ha provato, bene o male, a cambiare rotta ed è stato sopraffatto dal PD e da altri partiti. Mentre in Sicilia la corruzione travolge tutto e tutti. La similitudine con Roma è che, con molta probabilità, anche in Sicilia Renzi punta alle elezioni anticipate. Non si spiegherebbe altrimenti il ‘buco’ di 3 miliardi e 300 milioni di Euro che il governo nazionale ha provocato al Bilancio 2016 della Regione. In queste condizioni il Parlamento siciliano non potrà mai discutere e approvare il Bilancio 2016 (il 'buco' era di circa 3 miliardi di Euro, ma è passato a 3 miliardi e 300 milioni, come potete leggere qui).
Del resto, non è un caso che il presidente della Regione, Rosario Crocetta, figura tragi-comica della politica siciliana, annunci da giorni il suo quarto governo in tre anni che, però, non si concretizza. E’ evidente che la barca-Sicilia sta affondando travolta dai ‘buchi’ di Bilancio avallati da un Parlamento siciliano a maggioranza di ‘ascari’, cioè di deputati venduti agli interessi romani.
Proprio qualche giorno fa, per pagare meno di dieci giorni di retribuzione ai circa 24 mila operai della Forestale, il Parlamento siciliano ha approvato una legge assurda in base alla quale toglie 6 milioni di Euro agli agricoltori e 10 milioni di Euro dai fondi di riserva del Bilancio 2015 (i fondi di riserva dovrebbero essere utilizzati per altri fini, non per la spesa corrente!). Soldi con i quali, per l’appunto, pagherà solo una minima parte delle retribuzioni arretrate. Una goccia in un oceano, se è vero che la Regione è ormai alla frutta.
Scrive sulla propria pagina facebook Angelo Forgia, dirigente della Confederazione Italiana degli Agricoltori (CIA) della Sicilia: “Dopo lo sciopero dei sindacati, nei prossimi giorni minacciano di scendere in piazza anche forestali e precari della formazione e degli enti locali. Una situazione esplosiva, mentre i partiti di maggioranza continuano a trattare”. Forgia fa riferimento a uno sciopero-farsa allestito qualche giorno fa da Cgil, Cisl e Uil, le tre organizzazioni sindacali che, dal novembre del 2012 ad oggi, hanno retto il gioco ai governi nazionali che hanno massacrato la Regione siciliana e al governo Crocetta. E che adesso che hanno portato allo sbaraglio oltre 100 mila precari sparsi tra Regione, Comuni, ex province e società pubbliche fanno la voce grossa, nella speranza che chi gli va ancora dietro la beva. Quanto siano intellettualmente scorretti e falsi i vertici siciliani di Cgil, Cisl e Uil (ma in verità non sono i soli: sono in buona compagnia, a cominciare dai loro tradizionali ‘compagni di merende’ i già citati farisei del PD siciliano, con riferimento ai dirigenti e ai deputato nazionali e regionali) lo dimostra il fatto che non hanno mai chiamato in causa gli scippi sistematici al Bilancio della Regione operati da parte dal governo Renzi. I vertici di Cgil, Cisl e Uil della Sicilia si sono limitati a prendersela con il muro basso del governo regionale, cioè con Crocetta, ovvero con il nulla, dal momento che Crocetta, da quasi un anno, non controlla nemmeno il Bilancio. Invece di attaccare il vero responsabile dello sfascio dei conti economici e finanziarie della Regione siciliana, cioè con l’assessore all’Economia Alessandro Baccei, plenipotenziario di Renzi in Sicilia, i vertici di queste tre sgangherate organizzazioni sindacali chiamano in causa Crocetta. Una farsa. Uno squallido gioco della parti per tutelare il governo Renzi, mandando al macero la Regione siciliana e la sua Autonomia. (Se volete sapere di più dello scarso credito che oggi godono in Sicilia Cgil, Cisl e Uil leggete qui).
Come finirà? A nostro avviso si va verso la fine anticipata della legislatura del Parlamento siciliano. Non sappiamo se verso un commissariamento o verso nuove elezioni regionali. Da Renzi chi scrive si aspetta di tutto, perché il soggetto è capace di tutto: anche di ‘pilotare’ un commissariamento della Regione siciliana ignorando quanto prevede su tale argomento lo Statuto. Del resto, il PD, nel nostro Paese, non controlla governo, Presidenza della Repubblica e Parlamento?
Tornando al discorso iniziale – al parallelismo con Roma – non è da escludere che Renzi, se dovesse perdere le elezioni a Roma e in Sicilia (eventi non improbabili), si riproponga di utilizzare la leva finanziaria per ‘ricattare’ la nuova amministrazione comunale romana e il nuovo governo siciliano. Della serie: vi lascio senza soldi e voi non potete governare.
In Sicilia lo sta già facendo: ‘saccheggiando’ il Bilancio della Regione ha praticamente reso impossibile il proseguimento della legislatura. E, di fatto, sta licenziando non soltanto i 24 mila operai della Forestale, ma anche i circa 24 mila precari dei Comuni siciliani e, in generale, tutti gli oltre 100 mila precari che orbitano tra Regione, Comuni, ex Province e società ed enti collegati a Regione, Comuni ed ex Province (per la cronaca, molti di questi precari che perderanno il lavoro sono stati inventati dallo Stato e poi sbolognati a Regione e Comuni: è il caso degli Lsu, sigla che sta per Lavoratori socialmente utili).
L’unica nota positiva di questa storia è che i leccaculo di Renzi che stanno in Sicilia scompariranno dalla scena politica e parlamentare. Pensiamo soprattutto al Parlamento siciliano, che invece di denunciare gli scippi finanziari romani li ha coperti: nella speranza che Renzi premi i deputati del Parlamento dell'Isola che hanno coperto gli scippi romani i loro silenzi e con i loro tradimenti ai danni di 5 milioni di siciliani. Se, com’è ormai probabile, si andrà al voto anche in Sicilia (a meno che, lo ribadiamo, Renzi non pensi a qualche commissariamento truffaldino della Regione), quasi tutti i deputati del Parlamento dell’Isola legati alla vecchia politica dovrebbero scomparire.