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October 3, 2015
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October 3, 2015
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Il Ponte di Messina in salsa Alfano? Una trovata per acchiappare i voti degli ingenui

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Time: 8 mins read

A un certo punto il Ministro degli Interni, Angelino Alfano, quello che si occupa di centri di assistenza ai migranti insieme con i Prefetti, manovrando decine di milioni di Euro senza alcun controllo, ha rispolverato il Ponte sullo Stretto di Messina. A molti osservatori l’uscita del leader del Nuovo Centrodestra Democratico è sembrata una cosa insensata. Parole al vento in questo inizio d’autunno. Così, tanto per finire su giornali e tv. In realtà, la faccenda, per Alfano e per il suo movimento politico sempre più in affanno, è seria. Alfano, riesumando la solfa del Ponte, sta provando a rilanciare il suo partito. Proviamo a capire cosa c’è dietro questa storia.

Intanto, qualche ‘pennellata’ sulla storia del Ponte berlusconiano. Il collegamento stabile tra Sicilia e Calabria è una delle promesse di Berlusconi nelle elezioni politiche del 2001. Ricordate? Il milione di posti di lavoro, le due aliquote fiscali e, per l’appunto, il Ponte sullo Stretto di Messina. Tutte promesse che l’ex Cavaliere non ha mantenuto. Buttanate mediatiche. Col Ponte, però, il Cavaliere, ha preso tanti voti e fatto grandi affari.

Il discorso dei voti è semplice. Su un tema del genere, di solito, un Paese si divide: la metà è a favore e la metà è contro. Berlusconi, nel 2001, contava di intercettare i voti del 50 per cento degl’italiani favorevoli alla grande opera. L’ex Cavaliere, però, non aveva alcuna intenzione di realizzare il Ponte tra Messina e Reggio Calabria. E qui arriviamo agli affari. Chi ha un po’ di memoria ricorderà che, qualche settimana dopo aver vinto le elezioni, Berlusconi fece sapere che la legislatura 2001-2006 non sarebbe servita per iniziare i lavori per il Ponte. In cinque anni il governo Berlusconi avrebbe “creato le condizioni” per avviare i lavori nella legislatura successiva…  

berlusconiInsomma, qualche settimana dopo aver incassato il voto – soprattutto i voti di coloro i quali credono nel Ponte – Berlusconi scopriva le carte in tavola lasciando capire che la storia di quest’opera era tutta una presa per i fondelli. Una sceneggiata che avrebbe dovuto far guadagnare un sacco di soldi a un ristretto numero di soggetti. Il governo avrebbe infatti completato le progettazioni (una barca di soldi per i progettisti); avrebbe avviato gli espropri (e via con le tangenti: olè!); e avrebbe affidato i ‘futuri’ lavori al general contractor, cioè al contraente, il gruppo imprenditoriale che, in teoria, un giorno, avrebbe iniziato i lavori (si fa per dire).

In realtà, il contraente avrebbe acquisito una serie di diritti che avrebbe fatto valere quando il governo successivo avrebbe detto: il Ponte non s’ha da fare. Cosa che si è puntualmente verificata. E infatti il gruppo imprenditoriale che avrebbe dovuto realizzare il Ponte dovrebbe incassare una bella somma a titolo di risarcimento.

Tutto questo Berlusconi lo sapeva fin dall’inizio. La storia del Ponte era tutta una farsa che sarebbe culminata nel pagamento di un’esosa penale al raggruppamento imprenditoriale che sarebbe diventato general contractor. Se ci riflettiamo, è stata un’operazione, studiata a tavolino, per fare in modo che ingenti risorse destinate al Sud del Paese finissero al Centro Nord (il raggruppamento imprenditoriale diventato general contractor non è certo meridionale). Operazione contro gli interessi del Mezzogiorno, lo ribadiamo ancora una volta, perfettamente riuscita.

Perché oggi Alfano riesuma il Ponte? Ovviamente, non per realizzarlo. Anche se ormai il gioco è sputtanato, c’è sempre una parte di italiani che crede nella possibilità di realizzare il Ponte sullo Stretto. Non sono più tante, dopo la presa in giro del 2001. Ma ce ne sono ancora. In molti casi sono persone per bene, magari ingegneri, architetti, geologi, insomma tecnici che credono nell’importanza di quest’opera. Alfano, che non ha alcuna intenzione di realizzare il Ponte, sta provando a solleticare l’interesse di queste persone per rilanciare il proprio partito.

Qui, lo scenario, da tecnico diventa politico. Alfano e i suoi amici sono stati mandati da Berlusconi a sostenere i governi di centrosinistra. Soprattutto il governo Renzi. I risultati sono un mezzo disastro. Perché al di là di quello che racconta l’attuale capo del governo italiano, la svolta economica, nel Belpaese, è più mediatica che reale. Clamorosa, proprio in questi giorni, la disinformazione messa in giro sui dati dell’occupazione. Un aumento dello 0,8 per centro dell’occupazione – frutto dei 12 miliardi di Euro scippati al Sud (fondi PAC, sigla che sta per Piano di Azione e Coesione) e investiti nel Centro Nord sotto forma di sgravi fiscali – è diventato, non si capisce bene sulla base di quali calcoli, un “aumento dell’occupazione del 2 per cento”. Nei fatti, il 2 per cento non c’è. C’è solo il già citato 0,8 per cento che riguarda al 90 per cento le imprese del Centro Nord e solo marginalmente il Sud, con l’esclusione della Sicilia, dove il governo Crocetta-PD ha provocato tanti di quei danni che è ormai impossibile qualunque forma di ripresa.

renzi

Matteo Renzi

Tra l’altro, questo 0,8 per cento è un fatto congiunturale: finiti i 12 miliardi di Euro, il governo Renzi dovrà trovare altri 12 miliardi di Euro per pagare la proroga degli sgravi fiscali del 2016. A chi li scipperà? Di nuovo al Sud? Questo ci dice che per Alfano la situazione si mette male. Il suo partito è allo sbando. Prima delle elezioni europee i sondaggi davano il Nuovo Centrodestra al 12-15 per cento. Chi scrive, allora, dirigeva il quotidiano on line LinkSicilia. In quei giorni scrivevamo che questa formazione politica avrebbe superato di poco il 4 per cento dei voti. Spiegando anche il perché: perché chi controlla il Ministero degli Interni, in Italia, può ‘aggiustare’ i voti delle elezioni i politiche e delle elezioni europee. I democristiani, che nella Prima Repubblica non mollavano mai questo Ministero, lo sapevano benissimo. Di solito, soprattutto nelle circoscrizioni della Camera dei deputati, l’ultimo degli eletti (e spesso gli ultimi due) era appannaggio dei potentati di turno che controllavano il Ministero. Come fu e come non fu alle elezioni europee, per il partito di Alfano, è spuntato il 4 virgola qualcosa per cento. Ma alle prossime elezioni politiche il gioco potrebbe non funzionare. L’eliminazione del Senato, infatti, punta a ‘semplificare’ il quadro elettorale. Saranno le massonerie ‘europeiste’ a controllare la ‘macchina’ elettorale e non più le Prefetture. Ad avviso di chi scrive si tenteranno ‘ammuini’. In ogni caso, ci sarà ‘casino’, perché i grillini – che sono gli ultimi avversari di Renzi rimasti in piedi – dovrebbero organizzare uno spoglio delle schede alternativo a quello ufficiale, per controllare i voti sezione per sezione.

In questo scenario per il Ministro Alfano sarà difficile ‘arzigogolare’ qualcosa. Dove trovare i voti? Berlusconi è ormai il più fidato tra gli alleati di Renzi. Dopo Alfano, l’ex Cavaliere ha mandato Verdini in soccorso dell’attuale governo. Ha sfasciato i due terzi del suo partito, Forza Italia, badando bene a non fare crescere chi vorrebbe costituire un centrodestra alternativo a Renzi. Emblematico come Berlusconi ha tenuto a bada Raffaele Fitto. E che l’operazione sia riuscita lo dimostra il fatto che alcuni alleati di Fitto stanno passando, armi e bagagli, chi con Verdini (per esempio Saverio Romano e i suoi in Sicilia), chi direttamente con Renzi.

Insomma, Berlusconi cercherà di riportare in Parlamento i suoi fedelissimi. E non ha spazio per far tornare Alfano e i suoi in un partito che, nei programmi (anche economici, perché le elezioni costano, soprattutto nel Sud…), deve fermarsi al 10 per cento. Nelle scorse settimane si era pensato che Alfano e i suoi avrebbero trovato posto nelle liste del PD. Ma anche dalle parti di Renzi l’idea non sembra molto ‘gettonata’. Il capo del governo dovrebbe provare a debellare la nascente area di sinistra dei vari Civati, Fassina e Cofferati. Per non parlare di Sel di Vendola al quale deve assicurare qualche seggio. A conti fatti il PD non può candidare nelle proprie liste personaggi di sinistra e Alfano con i suoi amici. Vero è che in Italia, con Renzi, la politica è ormai una pagliacciata. Ma, almeno in questo, l’attuale capo del governo dovrà scegliere: o indebolire lo schieramento che sta per nascere alla sua sinistra, offrendo candidature a chi è disposto a ‘vendersi’ per un seggio, o ‘imbarcare’ Alfano. E sembra che Renzi opterà per il primo scenario.

Così Alfano dovrà cercarsi i voti. Magari in alleanza con i disperati dell’UDC di Casini, ormai in estinzione. Ma in politica, si sa, due debolezze non danno mai una forza. A meno che non si inventino qualcosa. Da qui la storia del Ponte. Alfano e alcuni tra i suoi (non tutti, nel Nuovo Centrodestra la pensano come Alfano, su questo e su altri punti) sono convinti che la storia del Ponte di Messina possa dare linfa a questa formazione politica. Sarà così? Noi siamo un po’ scettici. Certo, ci sono tante persone per bene che pensano che il collegamento tra la Sicilia e la Calabria non sia il “Ponte tra le due mafie”, ma un’opera utile. Ma ormai il gioco sembra un po’ sputtanato. Una persona intelligente, mettendo in fila i dati di questa storia, dal 2001 ad oggi, arriva benissimo alla conclusione che questa non è un’opzione economica, ma una trovata elettorale.

Così Alfano e i suoi vivono in una situazione politica paradossale. Con molta probabilità, il Nuovo Centrodestra è il partito politico che, nella storia repubblicana, ha gestito più denaro pubblico a ruota libera di qualunque altra formazione politica. Per carità, ci sono stati i fondi per le partecipazioni statali e per il Sud. Erano fiumi di denaro pubblico, ma a destinazione vincolata e non a ruota libera. Le tangenti circolavano, ma con tante ‘bocche’ da sfamare e sempre con il controllo della magistratura.

Alfano, invece, con la storia dei migranti, gestisce un fiume di denaro impressionante senza alcun controllo. Non gestisce da solo, perché il PD, ovviamente, vuole la propria parte. Ma le cifre che girano sono impressionanti lo stesso: e sono ancora più impressionanti le modalità con le quali questo fiume immenso di denaro pubblico viene gestito. Pensate: 35 Euro per ogni migrante da consegnare ai gestori dei centri di accoglienza (e non ai migranti come cercano di far credere i leghisti!). Migliaia e migliaia di cooperative – il cosiddetto Terzo settore – che assumono senza concorso, naturalmente in cambio di voti, psicologi e operatori vari. A questo si aggiungono le forniture senza evidenza pubblica: passaggi di decine di milioni di Euro decisi a colazione, come ha certificato l’inchiesta su Mafia Capitale.

Soprattutto in Sicilia il giro di affari è impressionante. Basti pensare al Cara di Mineo (storia di grandi affari insabbiata), alle centinaia e centinaia di piccoli alberghi, agriturismi e persino ville adibite a ricoveri per migranti. Per non parlare dei centri di assistenza per minori non accompagnati (in Sicilia se ne contano quasi 400, ma la stima potrebbe essere in difetto) che fino al 31 dicembre dello scorso anno incassavano 74 Euro al giorno per minore (dal gennaio di quest’anno la diaria è stata dimezzata).

Ripetiamo: non è solo il Nuovo Centrodestra a gestire questo impressionante flusso di denaro pubblico (pagato dagli ignari italiani con le tasse). Ma è questo partito che regge le fila del gioco. Ebbene, pur maneggiando tutti questi soldi – e questo in termini di clientele di scuola democristiana è un paradosso – questa formazione politica è a corto di consenso sociale.

Ad appannare l’immagine di questa formazione politica molto hanno influito gli scandali, dagli appalti per l’Expo di Milano agli affari del Cara di Mineo. Le ‘insabbiature’ aiutano, certo. Ma lo sputtanamento resta. Ad avviso di chi scrive, questa formazione politica, a livello nazionale, non raggiungerebbe l’1 per cento.

Anche in Sicilia – base elettorale del Nuovo Centrodestra – le cose vanno male. A quanto si racconta, Berlusconi avrebbe dato disposizioni ad Alfano di smetterla con gli attacchi al governo siciliano di Rosario Crocetta. E infatti ormai da un anno gli alfaniani siciliani, in buona parte, o tacciono o si accodano al governo. Il rimpasto imminente del governo siciliano gli dovrebbe assegnare un assessorato. Uno sputtanamento totale per un partito che, per due anni, ne ha dette di cotte e di crude sul governo Crocetta. E perdita di altri voti, perché chi si avvicina a Crocetta – che i siciliani considerano una disgrazia – perde consenso elettorale. 

Di fatto, anche il Nuovo Centrodestra è entrato a far parte del ‘rituffo’ centrista che oggi sostiene Crocetta nel Parlamento. Sono tutti deputati con pochissima dignità politica e con un numero di voti che sembra addirittura inferiore alla loro scarna dignità politica. In questo scenario Alfano si è inventato il Ponte sulle Stretto di Messina. Allocchi cercasi…

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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