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August 13, 2015
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August 13, 2015
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Rifiuti/ Gli inceneritori del governo Renzi: un imbroglio per fare affari

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Time: 7 mins read

Nella seconda metà degli anni ’80, in Sicilia, quando la politica doveva organizzare ruberie in grande stile, per fare sparire decine di miliardi di vecchie lire, si utilizzava la seguente formula ‘magica’: opere strategiche da realizzare con il ricorso alla somma urgenza. Allora mafia e politica si alimentavano con le opere idriche; oggi mafia e politica, alle ‘operazioni’ sull’acqua, hanno aggiunto la gestione dei rifiuti. E’ in questo scenario che si inseriscono le discariche che ancora oggi tormentato la nostra Isola (non è un caso che ci sono inchieste della magistratura sulle discariche, tutt’ora aperte). Ed è sempre in questo scenario che il governo nazionale annuncia la realizzazione di 12 inceneritori di rifiuti. E’ cambiato l’ordine degli addendi, ma il prodotto, truffaldino e mafioso, è rimasto immutato.

In queste ore si assiste a una polemica, vera o presunta, tra il governo nazionale di Matteo Renzi e il

Renzi e Crocetta

Matteo Renzi e Rosario Crocetta

governo regionale di Rosario Crocetta in materia di gestione dei rifiuti. Roma ha tirato fuori dal cilindro, ancora una volta, le opere ‘strategiche’ – che sarebbero 12 inceneritori, due dei quali da realizzare in Sicilia – e la solita ‘emergenza’ rifiuti, tesa a giustificare le opere di ‘somma urgenza’. Sintetizzando, si sta profilando un mangia mangia di denaro pubblico tra soldi rastrellati con le tasse pagate dai cittadini e, magari, con i fondi europei. Del resto, tutti i governi nazionali, dal 2006 ad oggi, hanno fatto sparire montagne di denaro pubblico: basti pensare ai 3 miliardi di Euro spariti con il Mose di Venezia (tangenti al centrodestra e al centrosinistra); il condono di 98 miliardi di Euro alle sale da gioco (chissà che tangenti, ragazzi!); i 7,5 miliardi erogati alle banche; altri 7 miliardi di Euro spariti tra i ‘flutti’ del Monte dei Paschi di Siena; quindi i 4 miliardi di Euro per Alitalia e, ultima in ordine di tempo, i 9 miliardi di euro spariti con l’Expo di Milano. Pensavamo veramente che il governo Renzi e il Parlamento delegittimato si sarebbero fermati?

Da qui le ‘operazioni’ annunciate con i rifiuti. Non senza contraddizioni. Cosa c’è, infatti, di ‘strategico’ negli inceneritori, una tecnologia che il resto d’Europa sta abbandonando? Nulla. E che c’entrano gli inceneritori con la presunta ‘emergenza’ nella gestione dei rifiuti? Ammesso che ci sia questa benedetta ‘emergenza’, non si capisce per quale motivo il governo nazionale dovrebbe affrontare l’emergenza con opere la cui realizzazione durerebbe, nel migliore dei casi, non meno di tre-quattro anni!

Attenzione: tre-quattro anni se tutto va bene. Prima, infatti, bisogna individuare le aree. Poi bisogna acquisirle. Nel frattempo scatteranno le proteste delle popolazioni locali. Poi dovrebbero essere celebrate le gare europee (per non aver celebrato gare europee la Sicilia, dopo quattro-cinque anni di lavori avviati, ha detto addio a quattro termovalorizzatori). E siccome già si sa chi dovrebbe vincere le gare per la realizzazione di questi 12 inceneritori di rifiuti, bisognerebbe ‘confezionare’ le gare su misura per gli ‘amici’. Da qui l’allungamento dei tempi, complice anche la probabile pioggia di ricorsi: delle imprese escluse e dei cittadini che non vogliono gli impianti.

Quindi, finiti ‘sti ‘casini’ – ammesso che finiscano – ci sono i lavori. In Sicilia, tra il 2002 e il 2006, sui quattro termovalorizzatori, si andava spediti: aree individuate in tempi celeri, ‘pedaggi’ pagati addirittura prima della realizzazione delle opere (da qui i ‘bordelli’ quando la magistratura europee bloccò tutta l’operazione…), lavori realizzati a rotta di collo con autorizzazioni (VIA, VAS) concesse dagli uffici regionali allontanando fisicamente i funzionari che chiedevano solo il rispetto della legge: ma con tutta l’accelerazione possibile e immaginabile, cinque anni dopo, i quattro impianti di termovalorizzazione dei rifiuti della Sicilia (si tratta di inceneritori che, bruciando i rifiuti, producono energia) non erano pronti: anzi.

Da qui la solita domanda: che c’entrano i due inceneritori con l’immondizia che ristagna nelle strade di Palermo e di mezza Sicilia? L’emergenza, ammesso che sia vera e non provocata ad arte, è qui ed ora: a che servirebbero impianti che sarebbero pronti, bene che vada, tra quattro o cinque anni? La risposta è solo una: per fottersi i soldi nel nome di un’opera definita ‘strategica’ e nel nome della somma urgenza.

Aurelio Angelini

Aurelio Angelini

“Tra l’altro – ci dice Aurelio Angelini, docente di sociologia dell’ambiente e del territorio presso l’università di Palermo – gli inceneritori non sono opere strategiche. Su questo punto il governo regionale sarebbe dovuto intervenire subito per eliminare un equivoco di fondo”. La parola passa al già citato presidente della Regione, Rosario Crocetta. Che in queste ore sembrerebbe orientato a contrastare la linea del governo nazionale. Da qui una domanda: i due inceneritori fanno parte del Decreto Sblocca Italia: perché, Crocetta, invece di parlare, non lo impugna? E’ lo stesso Decreto del governo nazionale che, calpestando le prerogative delle Regioni, ha deciso di autorizzare la ricerca di idrocarburi in mare. Sei Regioni italiane hanno già presentato ricorso contro le trivelle che dovrebbero andare a caccia di petrolio e metano, distruggendo i fondali marini (e mettendo in pericolo lo stesso Mediterraneo: basti pensare a quello che è successo qualche anno fa nel golfo del Messico: ma i disastri ambientali provocati dallo sversamento di idrocarburi in mare, dal 1910 ad oggi, sono tantissimi: l’ultimo si è verificato tre mesi fa circa in California). Solo la Sicilia di Crocetta non ha presentato ricorso. E’ un caso?

La sensazione è quella di trovarsi davanti a un gioco delle parti. Di centrosinistra è il governo Renzi. E di centrosinistra è il governo Crocetta. L’opposizione di quest’ultimo potrebbe essere vera, ma potrebbe trattarsi di una recita per cercare salvaguardare i voti di un elettorato siciliano che, in larghissima maggioranza,  è contrario sia alle trivelle, sia agli inceneritori di rifiuti.

Del resto, cos’ha fatto, fino ad oggi, la minoranza del PD rispetto ai provvedimenti impopolari del governo Renzi? Grande clamore mediatico. Ma poi le riforme – bruttissime – sono passate lo stesso: basti pensare al peraltro fallimentare Jobs Act e alla “Buona scuola” che sta condannando almeno 20 mila docenti del Sud Italia a scegliere tra la distruzione del nucleo familiare emigrando nel Nord del Paese e la disoccupazione (che è poi il vero obiettivo del governo Renzi per ‘risparmiare’). Oggi assistiamo alla rivolta della solita minoranza del PD contraria alla riforma del Senato: sarà una vera opposizione o finirà come con il Jobs Act e la ‘Buona scuola’?

Sui rifiuti, in Sicilia, i mafiosi – soprattutto quelli con i ‘colletti bianchi’ – hanno fatto i porci comodi. Nonostante gli errori commessi dai governi di Totò Cuffaro, tutto ‘sparato’ sui quattro termovalorizzatori con una lottizzazione che coinvolgeva i gruppi economici legati al centrosinistra, in Sicilia la raccolta differenziata stava crescendo. Crescita interrotta dal governo di Raffaele Lombardo, che ha segnato l’ingresso nella Giunta di personaggi legati a doppio filo al mondo delle discariche private.

Gli stessi personaggi, senza soluzione di continuità, si sono riproposti nel governo Crocetta. Dove, a parte un’esigua minoranza del PD, i grandi affari, sotto il segno di una falsa se non farsesca  antimafia, hanno avuto il sopravvento su tutto. La sensazione è che, anche questa volta, sia in corso un tentativo di gestire la solita barca di soldi nel nome dell’emergenza. Magari facendo ricorso al commissariamento.

“Tra l’altro – ci dice sempre Angelini – il commissariamento della Sicilia, in materia di gestione dei rifiuti, non ha mai risolto i problemi. Semmai li ha complicati. Ed è servito, soprattutto, per gestire lucrosi appalti aggirando le leggi”.  Siamo arrivati al secondo punto di questa vicenda. Gli inceneritori, come abbiamo raccontato, non servono ad affrontare l’emergenza, ma a fare sparire soldi (e a fare arricchire qualcuno). Lo stesso discorso vale per i commissariamenti: quando una Regione è commissariata, nel nome dell’emergenza le leggi vengono aggirate: se c’è l’urgenza, infatti, non c’è bisogno di ‘perdere tempo’ con le evidenze pubbliche: bastano gli affidamenti diretti, magari a gruppi imprenditoriali ‘amici’. E il gioco è fatto.

“Vorrei ricordare – rimarca il professore Angelini – che con il commissariamento della Sicilia in materia di gestione dei rifiuti, dal 2000 fino a qualche anno fa, è stato speso oltre un miliardo di Euro. Ma i problemi, come si può notare, non sono stati risolti”. Di certo non sono stati risolti i problemi di 5 milioni di siciliani ma, a nostro modesto avviso, sono stati ‘risolti’ i problemi degli imprenditori che, in combutta con i politici, tra il 2008 e il 2013, hanno gestito gli appalti siciliani in materia di rifiuti. Se vi volete divertire e volete capire come sono stati spesi questi soldi e, soprattutto, nelle tasche di chi sono finiti, andatevi a leggere cosa scrive l’ingegnere Roberto Sciascia nel suo blog (lo potete trovare qui). Se quello che dice l’ingegnere Sciascia (che ha anche dato alle stampe un libro) non fosse vero, a quest’ora dovrebbe essere stato super-querelato. Invece non è successo nulla. Non è successo nulla ai protagonisti di queste incredibili operazioni 'appaltizie' descritti, con nomi e cognomi, dall’ingegnere Sciascia; e non è successo nulla allo stesso ingegnere Sciascia.

Come mai non è successo nulla se quello che scrive l’ingegnere Sciascia è vero? Semplice: perché in queste storie è coinvolto il centrosinistra (la stessa parte politica che gestisce, insieme con le cooperative ‘bianche’, i centri di accoglienza per gli immigrati, dal Cara di Mineo in poi). E in Sicilia, dai tempi dell’operazione Milazzo, anno di grazia 1958, quando c’è di mezzo una certa parte politica, tutto è consentito…          

 

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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