Mentre a Roma il governo Renzi incassa il “sì” sulla riforma della pubblica amministrazione (non senza qualche 'mal di pancia' nella maggioranza, per via delle penalizzazioni previste), in Sicilia si registra il ‘divorzio’, che non sappiamo se definitivo, tra i renziani e il presidente della Regione, Rosario Crocetta. Questo avviene su un tema centrale: la riforma del servizio idrico. Con il governatore dell’Isola che ha, di fatto, bloccato, l’assessore regionale che si occupa di acqua, Vania Contraffatto, voluta in Giunta proprio dai renziani.
In realtà, la rottura tra Crocetta e l’assessore Contraffatto si era già consumata nei giorni scorsi, quando tutta l’ala del PD siciliano non renziana ha deciso di fare muro in difesa del governo Crocetta. A questo punto il governatore, che da quasi tre anni si barcamena tra le diverse ‘anime’ del Partito Democratico siciliano, è stato costretto a scegliere. Così Crocetta ha mollato i renziani e si è schierato con la maggioranza del PD, che in Sicilia non sta con Renzi.
Il passaggio politico è importante. Anche perché il PD siciliano non renziano ha rafforzato la propria posizione rinsaldando l’alleanza politica con l’UDC siciliana. Il messaggio è chiaro: Renzi, in Sicilia, non comanda. Il capo del governo e il suo fedelissimo, il sottosegretario Davide Faraone, avevano dato disposizione al loro assessore in Giunta, Vania Contraffatto, di confezionare una riforma del servizio idrico tutta imperniata sulla privatizzazione, ricalcando la legge nazionale. Ma come ha spiegato il parlamentare nazionale del PD, Giuseppe Lauricella – che, pur appoggiando il governo Renzi, mantiene una propria autonomia politica – la legge nazionale prevede tre opzioni per la gestione dell’acqua: gestione pubblica, gestione mista pubblica-privata e gestione privata. Dunque quanto affermato nelle scorse settimana dall’assessore Contraffatto, circa la necessità di approdare ad una gestione privata dell’acqua, sembra una forzatura.

Vania Contraffatto
Renzi e Faraone sono stati abili nel cercare di far passare la loro tesi sulla privatizzazione della gestione del servizio idrico, sfruttando il parere dell’assessore Contraffato, che nella vita fa il magistrato; ma si è trattato, per l’appunto, di una forzatura, come ha spiegato il già citato Lauricella, che nella vita insegna Diritto Costituzionale all’Università. (maggiori dettagli su tale questione li potete leggere qui)
Il risultato è che i renziani siciliani si sono confermati quello che sono sempre stati: una minoranza all’interno del PD siciliano e della stessa maggioranza che sostiene il governo Crocetta. Infatti il Parlamento dell’Isola sta procedendo all’esame e all’approvazione di una legge sulla gestione del servizio idrico che privilegerà il sistema pubblico. In ottemperanza alle norme comunitarie e nazionali, con molta probabilità, si darà ai Comuni dell’Isola la “possibilità” di rivolgersi ai privati: ma sarà, appunto, una possibilità, visto che esiste già una legge regionale – la legge numero 2 del 2013 – che consente ai Comuni di gestire direttamente il servizio idrico.
In pratica, il governo Renzi, in Sicilia, si avvia ad ‘incassare’ una pesante sconfitta politica, perché il Parlamento siciliano approverà, entro qualche giorno, una legge che prevede il ritorno alla gestione pubblica dell’acqua, secondo quanto previsto dal referendum del 2011, che ha segnato, nel nostro Paese, una grande vittoria dei cittadini che chiedono la gestione pubblica del servizio idrico. Con molta probabilità, la Sicilia sarà la prima regione italiana ad applicare il dettato del referendum del 2011. In controtendenza rispetto al resto d’Italia e, soprattutto, rispetto non soltanto al governo Renzi (che vorrebbe a tutti i costi privatizzare la gestione del servizio idrico), ma anche rispetto all’asse Renzi-Berlusconi (entrambi d'accordo sulla gestione dell'acqua nelel mani dei privati).
Insomma, dalla Sicilia potrebbe partire un messaggio politico importante, in contrasto con i dettami del governo Renzi. Certo, il governo Renzi potrebbe sempre impugnare la futura legge regionale sull’acqua. Ma, con molta probabilità, non lo farà, perché, a questo punto, lo scontro si trasferirebbe sui tavoli della Corte Costituzionale dove il governo nazionale potrebbe subire una sconfitta che scatenerebbe effetti a catena nel resto d'Italia.
Resta da capire quasi saranno gli effetti politici in Sicilia. Il Parlamento dell’Isola sta provando ad ‘addolcire’ la pillola per l’assessore Vania Contraffatto, che esce pesantemente sconfitta. Il presidente Crocetta ha richiamato all’ordine il suo assessore, intimando alla magistrata prestata alla politica (renziana) di attenersi alle indicazioni del governo. Uno ‘schiaffo’ per l’assessore e, soprattutto, per i suoi sponsor, Renzi e Faraone. In condizioni normali non sarebbe strano assistere alle dimissioni dell’assessore Contraffatto, smentita dal governatore dell’Isola su un argomento centrale.
Non sappiamo che l’assessore Contraffatto si dimetterà. Ma sappiamo due cose.
Prima cosa: la crisi del governo Crocetta è stata archiviata, forse definitivamente. Niente più scioglimento anticipato del Parlamento siciliano e niente più elezioni anticipate nella prossima primavera.
Seconda cosa: sappiamo anche che il governo Renzi non ‘incasserà’ quella che, di fatto, è un ‘umiliazione’ politica dalla Sicilia senza reagire. Come già accennato, potrebbe impugnare la legge davanti alla Corte Costituzionale. Ma la reazione, come già accennato, potrebbe non essere questa, perché la Consulta, con molta probabilità, gli darebbe torto. E’ probabile, invece, che il governo Renzi provi a mettere in crisi il governo Crocetta continuando ad utilizzare lo strumento che fino ad oggi ha utilizzato: strappando altre risorse finanziarie alla Sicilia.
Non sappiamo se ciò avverrà: ma sappiamo che, se ciò si dovesse verificare, assisteremo a polemiche dai toni crescenti tra il governo siciliano – PD dell’Isola in testa – e Roma. Fino ad oggi quasi tutti i dirigenti del Partito Democratico della Sicilia hanno fatto finta di non vedere i continui scippi finanziari che il governo Renzi ha operato ai danni della Regione (circa 10 miliardi di euro nell’ultimo anno e mezzo). Ma se si andrà allo scontro non è detto che Renzi possa continuare a distruggere le finanze regionali con la connivenza – che fino ad oggi c’è stata – del PD siciliano.
Del resto, ormai è questione di qualche mese. A ottobre il governo nazionale dovrà presentare il ‘bozzone’ della legge di stabilità 2016 (Bilancio e Finanziaria). E a quel punto si capirà se il governo Renzi vuole prendere per la gola la Regione siciliana, facendola fallire. Sulla carta la Regione siciliana ha grande autonomia finanziaria. Ma lo Statuto siciliano, soprattutto per la parte che riguarda i rapporti finanziari tra Stato e Regione, è rimasto inapplicato. Questo ha consentito allo Stato di introitare risorse finanziarie che, a norma di Statuto, dovrebbero restare nelle ‘casse’ della Regione. Il riferimento è a tre articoli dello Statuto siciliano: articolo 36 (accise), articolo 37 (imposte delle imprese non siciliane che operano nell’Isola che dovrebbero andare alla Regione e che invece vengono trattenute dallo Stato) e articolo 38 (fondo di solidarietà nazionale semplicemente non applicato).
Non solo. Lo Stato si trattiene dal 2009 circa 600 milioni di euro all’anno sulla sanità e non applica ai Comuni siciliani la legge sul federalismo fiscale (non riconoscendo la perequazione infrastrutturale e fiscale). A questo si aggiungono le trattenute su IVA e IRPEF maturate in Sicilia.
Insomma, la battaglia è dura. Finora il PD siciliano ha ignorato queste tematiche per non intralciare l’azione del governo Renzi. Ma adesso si potrebbe andare allo scontro. Anche perché la presa di posizione antirenziana della maggioranza del PD siciliano coincide – e non è un caso – con la riflessione sulle radici del PD avviata in queste ore da Bersani. ex segretario nazionale del Partito Democratico. Bersani si dice preoccupato per la svolta operata da Renzi. Svolta che, al di là della risonanza mediatica (i Tg della Rai e di Berlusconi che ogni giorno celebrano le ‘gesta’ di Renzi…), non sta sortendo effetti positivi.
Il Jobs Act non solo non ha rilanciato economia e occupazione, ma ha fatto schizzare all’insù il tasso di disoccupazione. Sulla scuola, a settembre, si profilerà uno scontro con il mondo dei docenti tradizionalmente legato al centrosinistra (questione molto avvertita tra i docenti del Sud, fortemente penalizzati dalla riforma della scuola, come potete leggere qui). A questo si aggiunge lo scontro con le Regioni del Sud Italia, tutte amministrate dal centrosinistra e tutte in polemica con un governo di centrosinistra che, fino ad oggi, ha penalizzato pesantemente il Mezzogiorno, come certificato dalla SVIMEZ. Per non parlare delle trivellazioni in mare autorizzate dal governo Renzi che ha ignorato le competenze delle Regioni (su tale questione c’è già pendente un ricorso presso la Corte Costituzionale: atale ricorso potrebbe aderire anche la Sicilia, unica Regione italiana coinvolta nella vicenda delle trivellazioni che, finora, non ha presentato ricorso presso la Consulta).
Di più: fino ad oggi, in Sicilia, il governo Renzi ha usufruito della ‘sponda’ berlusconiana. Ma in queste ore, tra gli azzurri siciliani, prende piede la tesi politica di iniziare a contestare a Roma gli scippi finanziari. La dimostrazione che anche Berlusconi comincerà ad avere problemi a tenere ‘buoni’ i suoi in Sicilia. Insomma, anche Forza Italia siciliana potrebbe iniziare ad esercitare un’azione di opposizione al governo Renzi, a prescindere dal suo leader nazionale.