Fino a che punto, oggi, sono ancora validi gli strumenti classici della politica in Sicilia? La domanda sorge spontanea osservando quello che succede nella nostra Isola. Dove possiamo osservare il fallimento, pressoché integrale, della politica tradizionale. Partendo da due casi emblematici: i Gal e le elezioni comunali di Gela. Proviamo a illustrare quello che sta succedendo.
Nel primo caso i fatti vanno in scena nel silenzio generale. Anche perché è solo da qualche tempo che i Gal – sigla che sta per Gruppi di azione locale – sono entrati nell’immaginario dei siciliani. I Gal sono società consortili che vedono insieme soggetti pubblici e privati. Obiettivo: favorire lo sviluppo locale. I Gal, se utilizzati dalla società in modo intelligente, si possono sostituire alla stessa pubblica amministrazione nell’utilizzazione di alcuni importanti segmenti dei fondi europei.
Il problema è proprio questo: l’azione sostitutiva dei Gal rispetto alla politica e alla stessa burocrazia. Perché oggi, stringi stringi, dell’Autonomia siciliana restano qualche partito, i movimenti politici e la burocrazia. I partiti, a parte il Pd, sono quasi scomparsi. In Sicilia, in questo momento, l’unica vicenda che certifica l’esistenza in vita di quello che resta dei partiti politici classici (ci riferiamo al Pd, all’Udc, al Nuovo centrodestra democratico) sono le ‘creste’, più o meno occulte, che ruotano attorno all’assistenza ai migranti. Basta girare per i luoghi dove avvengono gli sbarchi (ma il fenomeno si va diffondendo anche in altre aree dell’Isola), per raccogliere, tra la gente, il seguente ragionamento: hai una villa, una casa magari spaziosa, un mezzo agriturismo? Andiamo subito in Prefettura e diciamo che possiamo ospitare migranti. Con 45 euro al giorno cadauno lo ‘sgobbo’ (cioè il guadagno) è assicurato. Quanto ci può costare ogni disgraziato? Gli diamo 5 euro al giorno in tasca, 10 per farlo mangiare e per vestirlo e il resto ce lo teniamo noi…
In fondo, è il ragionamento che sta dietro l’inchiesta di Mafia Capitale: “Mi dai un euro per ogni migrante”. Questa è, ormai, l’unica forma di economia messa in campo, negli ultimi due-tre anni, dalla politica siciliana. Tutta a carico della pubblica amministrazione. Non economia che crea ricchezza, ma appena qualche servizio con costi a carico della collettività.
L’altro volto di questo sistema politico ed economico malato sono i fondi europei. Con l’avvento del governo regionale di Rosario Crocetta alla guida della Sicilia si è affermata una classe di parassiti-finti imprenditori che, lungi dall’aver elaborato un progetto di sviluppo, in due anni e mezzo non ha fatto altro che provare a impossessarsi di quello che resta non dell’economia siciliana – che ormai è quasi scomparsa – ma dei fondi della pubblica amministrazione non ancora imbrigliati dal Bilancio della Regione ormai ‘rigido’ al 99 per cento (fatto, cioè, di sole spese correnti). Le risorse ancora libere sono quelle europee: e su queste si è concentrata l’attenzione della classe di parassiti-finti imprenditori rappresentati dal governo Crocetta (che in realtà avevano gettato gli occhi anche sui beni confiscati alla mafia: ma sono stati respinti…).
Il caso della Formazione professionale e dei Servizi per il lavoro sono emblematici: nati per sostenere servizi pubblici (la Formazione professionale siciliana e i Servizi per il lavoro pensati dalla Regione ai tempi di Piersanti Mattarella sono pubblici!), negli ultimi due anni e mezzo sono stati bloccati. L’obiettivo non è nemmeno la privatizzazione, ma la loro assegnazione – con modalità che ancora non sono state del tutto ‘perfezionate’ – ai finti-imprenditori parassiti vicini al governo Crocetta. Lo stesso discorso vale per altri settori della vita pubblica siciliana. Con la variante che, a un certo punto, il Pd ha chiesto e ottenuto una ‘fetta’ di queste risorse non per sostenere l’economia siciliana, ma per alimentare le proprie clientele. La terza Giunta Crocetta, alla fine, non è altro che una spartizione di risorse tra le burocrazia del Pd (più nazionale che siciliano, in verità), i finti imprenditori parassiti del governo Crocetta e la burocrazia regionale.
In questo scenario la presenza dei Gal siciliani è quasi 'devastante'. Impegnati a ‘drenare’ le risorse della Regione per fini che non hanno nulla a che vedere con l’interesse pubblico e, in particolare, con l’interesse dei siciliani, i finti imprenditori parassiti del governo Crocetta, le burocrazie del Pd e la burocrazia regionale non possono che guardare con sospetto e paura a strutture che puntano a far crescere i territori utilizzando, nell’interesse pubblico, le risorse comunitarie.
Ricordiamo che, dal 2008 in poi, in Sicilia, in materia di fondi comunitari, vige una legge non scritta: se noi (noi governo della Regione, noi burocrati della Regione siciliana, noi finti imprenditori parassiti e anche noi ‘partiti’) non bagniamo il ‘becco’ nei fondi europei, trattenendone almeno il 40 per cento, questi soldi, per quanto ci riguarda, possono anche non venire spesi. E infatti è così: piuttosto che spendere i fondi europei ‘liberamente’, la politica, la burocrazia regionale e i finti imprenditori parassiti preferiscono lasciare queste risorse dove sono. Agli osservatori attenti di fatti politici e amministrativi siciliani non sfugge un particolare: e cioè che il grosso dei fondi europei si utilizza (quando si utilizza) negli ultimi mesi, quando, nel nome della ‘fretta’, si possono effettuare le ‘spartizioni’ con le ‘creste’ in favore della politica, della burocrazia e dei finti imprenditori parassiti (in questi giorni, sui giornali, si legge: “Sei mesi appena per spendere 400,500.600 milioni di euro di fondi europei… e bla bla bla”).
In questo scenario, lo ribadiamo, i Gal rappresentano un ‘attentato’ alla potestà quasi mafiosa di politica, burocrazia e parassiti vari. Provate a immaginare una struttura consortile che strappa alla politica siciliana, alla burocrazia regionale e ai finti imprenditori parassiti la gestione di una parte dei fondi europei. Giamnmai! E infatti, quello che va in scena in questi mesi, nel silenzio generale, è il tentativo dei territori (i Gal, anche attraverso l’azione dell’ANCI Sicilia) di affrancarsi da un sistema di potere che impone ‘creste’, a tutti i livelli, alla spesa dei fondi europei. Questa ‘guerra’ è in corso e non sappiamo come finirà. Anche perché non ne parla nessuno.
La seconda vicenda emblematica è rappresentata dal ‘caso’ Gela. E’ la cittadina nella quale, domenica prossima, si celebrerà il ballottaggio tra il candidato della vecchia politica siciliana, rappresentato dal sindaco uscente, Angelo Fasulo, e il grillino Domenico Messinese. I grillini, almeno fino ad ora, non sono ancora stati calamitati dalla vecchia politica. O meglio: a Sala d’Ercole, sede del Parlamento siciliano, sono ormai entrati a far parte dei ‘giochi di Palazzo’, ora in modo pesante (vedere il fallimento del ritorno all’acqua pubblica), ora parzialmente (in queste ore l’assessore regionale, Vania Contraffatto, sta provando a convincere i grillini, per conto dei renziani del Pd, circa la ‘bontà’ degli inceneritori di rifiuti, ovvero l’ultima trovata dei finti imprenditori parassiti del governo Crocetta).
Ma se nel Parlamento siciliano i grillini sono più volte caduti nei giochi della vecchia politica politicante, nei territori la base è ancora pura. A Gela, per esempio, i grillini di questa comunità vanno a ruota libera. E domenica rischiano di battere il candidato del presidente della Regione, Rosario Crocetta, e del Pd: cioè Fasulo. Da qui la disperazione non tanto di Crocetta, che ormai nella sua città è in larga parte detestato (l’ultimo suo comizio, a Gela, è stato un tripudio di fischi), quanto del Pd che rischia una doppia sconfitta: il Partito democratico perderà quasi sicuramente a Enna, dove vincerà Vladimiro ‘Mirello’ Crisafulli, il candidato del Pd avversato dallo stesso Pd; mentre a Gela rischiano seriamente di vincere i grillini, che si sono alleati con tutti pur di battere Fasulo, Crocetta e il Pd. Da qui la disperazione del segretario regionale del Pd siciliano, Fausto Raciti, che ieri ha vergato il seguente comunicato: “Faccio i complimenti a Di Maio e Di Battista, i ‘puri’ del Movimento 5 Stelle, sempre pronti a fare tutt’uno di giustizialismo e politica, sempre i primi a chiedere una testa ad ogni indagine, quelli del ‘noi mai con nessuno’, che poi però si trovano l’alleanza tra il candidato sindaco grillino a Gela Domenico Messinese, e Ncd (Nuovo centrodestra), pur di battere Angelo Fasulo, candidato sindaco del Partito democratico. Fosse stata un'altra forza politica avrebbe impressionato poco, ma dopo mesi di accuse di ‘corruzione’ al Pd, fa veramente ridere”.
Insomma, pur di cercare di tagliare la strada ai grillini di Gela, Raciti è disposto a sbarazzarsi persino del Nuovo centrodestra di Alfano. “La foto di Messinese abbracciato al candidato sindaco Ncd Lucio Greco, classificatosi terzo al primo turno elettorale – scrive il malinconico segretario del Pd siciliano – diventa il simbolo del ‘tradimento’ dei 5 Stelle che fino ad oggi hanno votato a Roma contro norme giuste, e sostenuto norme ingiuste, pur di non ‘apparire’ d’accordo con qualcuno, pur di tenere fede al motto ‘noi non ci alleiamo, noi siamo diversi, noi non scendiamo a patti con nessuno’. Da oggi in poi – conlcude Raciti – quel motto è carta straccia, e ogni volta che lo sentirò ripetere tirerò fuori la foto dell’abbraccio di Gela”.
Foto tratta da cosapubblica.it