Provate a immaginare se a New York, una bella mattina, uomini con potenti seghe elettriche dovessero iniziare ad abbattere gli alberi storici della città. Alberi che hanno cinquanta, sessanta e forse anche più anni di vita. Scoppierebbe il finimondo, no? Soprattutto se poi si venisse a sapere che alcuni giorni prima i titolari dell’impresa che esegue i lavori, convocati dal Consiglio comunale della città, hanno omesso di dire che avrebbero tagliato gli alberi secolari! Le proteste sarebbero rumorosissime. E si bloccherebbero subito i lavori. Ebbene, tutto questo succede a Palermo, in Piazza Politeama, dove per realizzare una demenziale stazione ferroviaria, proprio mentre scriviamo, stanno abbattendo gli alberi secolari (sì, avete letto benissimo: una stazione ferroviaria nella Piazza più famosa di Palermo!).
Quella che vi raccontiamo è una storia incredibile. Piazza Politeama è il cuore di Palermo. I palermitani la chiamano Piazza Politeama perché lì c’è il teatro Politeama Garibaldi. In realtà, le Piazze sono due e hanno nomi diversi: la prima è Piazza Ruggero Settimo (con relativa statua di Ruggero Settimo), dove si staglia il Teatro Politeama; la seconda Piazza, che è divisa da Piazza Ruggero Settimo da via Libertà, è Piazza Castelnuovo, che prende il nome di Carlo Cottone, principe di Castelnuovo (anche in questo caso c’è la statua a lui dedicata). Il principe di Castelnovo fu un liberale, protagonista della Costituzione siciliana del 1812. Ma anche fondatore di una scuola agraria all’epoca all’avanguardia in Europa: un istituto agrario realizzato a Palermo nella zona delle ville storiche di San Lorenzo ai Colli. Il principe di Castelnuovo era un uomo innamorato della Sicilia, della sua storia e della sua natura. E infatti è pensando alla ‘natura’ che stanno abbattendo gli alberi di Piazza Politeama! (sopra, a destra, foto del Teatro Politeama tratta da hercole.it),
Scrive su facebook Filippo Occhipinti, uno dei pochi consiglieri comunali di Palermo che tiene sempre gli occhi aperti: “Altri alberi saranno tagliati perché ricadono all’interno di un cantiere dell’anello ferroviario: non è giusto, uccidere un albero significa uccidere la vita che ci circonda. Ci hanno raccontato e distratto con le quattro palme e nel frattempo non ci hanno detto che avrebbero tagliato i ficus. A che è servito convocare la cittadinanza per raccontare di una Palermo futura non dicendo realmente quello che sarebbe successo? In occasione dell’assemblea del 4 giugno nessuno ne ha fatto cenno. Il verde è più importante di opere faraoniche progettate con superficialità e senza rispetto del territorio. Uccidere gli alberi significa uccidere la storia di Palermo”.
Insomma, stanno abbattendo gli alberi secolari dopo aver preso in giro il Consiglio comunale! La vera vergogna è che l’assessore al Verde del Comune di Palermo è il mai rintracciabile professore Francesco Maria Raimondo, una specie di “Alicio nel Paese delle meraviglie”. Chi scrive ha sostenuto con lui l’esame di Botanica all’università di Palermo. E’ un docente universitario bravissimo, per carità. Ma come assessore comunale al Verde pubblico del Comune di Palermo è una frana. Non ne sta indovinando una: la città fa schifo, all’immondizia abbandonata nelle strade (soprattutto nelle periferie) si sommano i giardini della città (o presunti tali, ormai) abbandonati; altri spazi verdi sono chiusi: basti pensare che per riaprire al pubblico Villa Giulia (una delle ville storiche di Palermo, oggetto di continui vandalismi: vandalismi che il Comune con il suo esercito di quasi 20 mila dipendenti non riesce a fermare) c’è voluta la protesta di centinaia di cittadini. Proviamo da tempo a rintracciare l’assessore Raimondi: per farci spiegare questa ed altre cose e, magari, se è vero che il sindaco gli avrebbe tolto la competenza su una parte del verde. Ma non siamo fortunati. Il suo predecessore, Giuseppe Barbera, anche lui docente universitario alla Facoltà di Agraria di Palermo, era rintracciabilissimo. Rispondeva. Sarà un caso, ma da quando Raimondi è assessore al Comune di Palermo, gli alberi della città vengono massacrati. A ripetizione e senza sosta. Insomma, per distruggere gli alberi secolari della città ci voleva un botanico di fama internazionale nel ruolo di assessore comunale al Verde. Il solito ‘tocco’ alla siciliana in salsa pirandelliana…
Dobbiamo raccontare ai lettori – soprattutto ai lettori americani – che Palermo, pur trovandosi in quella che un tempo era la “Conca d’oro”, è povera di verde. La “Conca d’oro” – un immenso giardino di agrumi e altre essenze arboree ed erbacee – non c’è più. Inghiottita in buona parte dal cemento delle periferia di Palermo e dal cemento dei paesi che si distendono a sud est della città, da Villabate a Bagheria, passando per Ficarazzi, Santa Flavia, fino ad arrivare a Misilmeri. Alla ‘cementificazione’ della “Conca d’oro” si è sommata la tremenda ‘cementificazione’ della parte nord-ovest di Palermo: l’assalto alle ville storiche – a cominciare da Villa Trabia – il cemento del ‘Girato delle rose’, via Lazio e, soprattutto, viale Strasburgo: chilometri di città con pochissimi alberi e con pochissimi giardini. Risultato: Palermo è oggi, in assoluto, una della città italiane con meno verde. Per la città della “Conca d’oro” è un paradosso. Ma tant’è.
Rimangono, anzi rimanevano gli alberi lungo alcune via storiche della città. Rimanevano. Perché l’appaltismo imperante li sta massacrando, uno dopo l’altro. Da quasi due anni, infatti, grazie ad appalti pubblici demenziali, la città assiste attonita ai lavori per la realizzazione di grandi opere per la viabilità che avrebbero avuto un senso nei primi del ‘900, ma che oggi fanno sorridere amaramente. Adesso proveremo, per grandi linee, a descrivere quello che stanno combinando, e perché stanno distruggendo alberi e strade.
Si comincia con tre linee di Tram. Dimenticando che Palermo ha già avuto il Tram. Venne realizzato nei primi del ‘900 dalla società Italo Belga. Questa società aveva avuto in concessione le paludi di Mondello per realizzarvi la zona a mare della Palermo ‘in’ di quegli anni (è proprio di quegli anni la realizzazione dello ‘stabilimento’ a mare, storicamente il primo ‘mostro’ in cemento realizzato nel mare cittadino). In cambio la società Italo Belga realizzò e donò al Comune della città le linee di Tram che, all’epoca, si trovavano in pochissime città europee. Allora la “Palermo Felicissima” era una delle capitali d’Europa, meta privilegiata del Grand Tour, il viaggio a tappe – una tradizione iniziata nell’Europa del Quindicesimo Secolo – che vedeva i giovani rampolli delle aristocrazie del Vecchio Continente completare la propria formazione culturale e umana passando quasi obbligatoriamente dalla Sicilia, Palermo in testa. Il Tram ci stava, a conti fatti.
Il Tram, a Palermo, attraversava la città in lungo e in largo, da Mondello alla Rocca di Monreale (a Monreale, a partire dal 1900, si arrivava attraverso vetture tranviarie). Negli anni ’50 del secolo passato, quando inizia quello che passerà alla storia come il ‘Sacco di Palermo’, il Tram viene abbandonato. Sostituito prima dai filobus e quindi, dai primi anni ’70 in poi, dai mezzi di trasporto pubblici gommati. Insomma, hanno sbaraccato un mezzo pubblico che non inquinava per puntare sui mezzi gommati inquinanti!
Ha senso rifare il Tram oggi, dopo averlo abbandonato? Secondo gli attuali amministratori comunali, sì. Forse, sull’argomento, sarebbe stato più democratico un pronunciamento dei cittadini di Palermo con un referendum. Invece ha deciso la politica. E gli affari. Per la cronaca, le tre linee di Tram – o meglio gli appalti di questa mega opera pubblica – sono già finiti nel mirino dell’anticorruzione. Vicenda caduta nel dimenticatoio. Ed è logico: in Sicilia, in materia di Giustizia, dove il maggiore c’è il minore cessa: siccome il Comune è governato dall’antimafia le truffe e le ruberie si insabbiano.
Per la cronaca, per realizzare queste tre linee di Tram hanno tagliato decine e decine di alberi in via Notarbartolo (a destra, alberi abbattuti: foto tratta da dipalermo.it). Una follia totale, in un tratto della città già privo di verde! A poco sono servite le proteste degli abitanti della zona, dei Verdi della città, con in testa la leader del Movimento, l’artista Beatrice Filangeri. Tutto inutile. A Palermo gli appalti sono appalti. Quando c’è da fottersi i picciuli, come si dice dalle nostre parti, c’è poco da fare. Fu così negli anni del ‘Sacco’, quando tante le vie e le ville Liberty vennero travolte dal cemento. E – lo ribadiamo – è così oggi. Allora Palermo venne sventrata e cementificata nel nome della mafia. Oggi viene sventrata e cementificata nel nome dell’antimafia. E’ cambiato l’ordine degli addendi, ma il prodotto mafioso, anzi ‘mafiogeno’ della città è rimasto tale e quale.
Ma se si trattasse solo di tre linee di Tram sarebbe nulla. Agli appalti del Tram si aggiungono gli appalti per il passante ferroviario. Di che si tratta? Di una linea ferroviaria che unirà Terrasini a Cefalù. Passando per Palermo. Ebbene, invece di farla passare fuori dalla città – dove ci sono già in via di realizzazione le tre linee di Tram – la si fa passare dentro la città: altri sventramenti, altri verde che va a farsi benedire, altre stazioni da realizzare in città. Altri picciuli mansi per gli amici… La regola è sempre quella: dove il maggiore c’è il minore cessa. Antimafia docet. (in Sicilia per picciuli mansi, in Sicilia, si intendono soldi facili).
Fine dell’appaltismo folle? Ma quando mai! Ecco la chiusura dell’anello ferroviario. E’ una tratta ferroviaria in costruzione che, dalla stazione di via Notarbartolo, dovrebbe arrivare al Porto della città lungo un tracciato circolare di poco meno di 7 chilometri a binario unico. Una linea inutile (che peraltro non verrà ‘chiusa’, contrariamente a quello che dicono: i treni faranno infatti avanti e indietro) che sta costando una barca di soldi (fondi europei). Sette chilometri che vanno a sovrapporsi alle tre linee di Tram e al passante ferroviario. Ovviamente, sempre nel nome dei picciuli, i ‘ragazzi’ ci spiegano che le tre opere si ‘integreranno’: già, si integreranno, soprattutto, nelle tasche di chi si sta ‘ammuccando’ i soldi per questi lucrosi e milionari appalti (attenzione: parliamo, tra fondi europei e fondi nazionali, di centinaia e centinaia di milioni di euro!). Come già ricordato, questa demenziale quanto finta ‘chiusura’ dell’anello ‘appaltogeno’ , pardon, ferroviario sta provocando il già citato taglio degli alberi di Piazza Politeama! E chissenefrega! I picciuli su picciuli…
Fine del mangia mangia ferrato? Assolutamente no! E secondo voi, dopo essersi ‘mangiata’ tutta questa ‘roba’ ferrata pesante, questi signori si facevamo mancare il ‘digestivo’? Ecco il quarto mega-appalto: la metropolitana leggera (a quanto pare 3 milioni di euro sono già volati via per la progettazione: pappati…).
Riassumiamo: tre linee di Tram, il passante ferroviario che taglierà in due la città, l’anello ferroviario semichiuso, sempre dentro la città e, per ‘digerire’, il Cynar della situazione: la metropolitana leggera. Alla fine di questo ‘bordello’ appaltizio Palermo sarà la prima città ferroviaria d’Europa. Ammesso, naturalmente, che i lavori vedranno la fine. Eh già, perché in Sicilia le grandi opere pubbliche si sa quando iniziano, ma non si sa mai quando finiscono…
p.s.
Le tre linea di Tram sono ‘cosa’ del Comune di Palermo. Mentre gli appalti per il passante e per l’anello sono ‘cosa’ delle Ferrovie, oggi spa. Quelle Ferrovie che in Sicilia hanno realizzato qualcosa di utile solo ai tempi del Ministro Bernardo Mattarella. Cioè negli anni ’50 del secolo passato. E che dagli anni ’70 in poi, in combutta con una politica siciliana di ‘ascari’ (leggere venduti) e con i titolari delle autolinee private (mezzi gommati per il trasporto passeggeri), hanno sbaraccato le ferrovie siciliane. Sì, hanno sbaraccato le ferrovie siciliane per fare guadagnare soldi a palate ai titolari delle autolinee private che dividevano con i politici. Vergogne su vergogne. Ebbene, le Ferrovie che hanno abbandonato la Sicilia oggi trovano i soldi e il tempo per ‘sminchiare’ Piazza Politeama, tagliando gli alberi secolari! (‘sminchiare’, in Sicilia, significa distruggere con disprezzo).
Che strano: solo dopo che una frana ha bloccato l’autostrada Palermo-Catania, i ‘filosofi’ delle Ferrovie italiane hanno scoperto che, con qualche piccolo aggiustamento, il percorso in treno dal capoluogo dell’Isola alla città Etnea si può fare in meno di tre ore: come mai non se ne sono accorti prima?
Ah, dimenticavamo: Palermo è la città dove risiedono il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (quello che ha firmato la legge sull’Italucum) e il Presidente del Senato, Piero Grasso (quello che è diventato Procuratore nazionale antimafia con il governo di centrodestra Berlusconi e poi numero uno di Palazzo Madama con il centrosinistra). I due non hanno nulla da dire sul fatto che, nel nome degli appalti, stanno distruggendo una città?
Ultimissima cosa: ancora i quattro progetti ferroviari che taglieranno Palermo non sono completati: ma i politici hanno già acquistato i treni modernissimi. Che volete, i picciuli c’erano: valeva la pena non spenderli? Dubbio con domanda: volete vedere che, tra qualche anno, i mezzi che hanno acquistato qualche anno fa saranno obsoleti e ne acquisteranno altri? Scommettiamo?
Aggiornamento:
Apprendiamo che il vice sindaco della città, Emilio Arcuri, in un momento di resipiscenza, avrebbe bloccato l'abbattimento degli alberi di Piazza Politeama. Ci volevano le proteste dei cittadini per bloccare questo scempio? Forse sindaco e vice sindaco hanno capito che, questa volta, nel nome degli appalti, muto tu e muto io, l'hanno veramente combinata grossa?
Foto tratta da ilsitod'italia.com