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April 26, 2015
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April 26, 2015
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Sicilia: pronto il Bilancio 2015. Con entrate fittizie. Qualche domanda al Presidente Mattarella

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Time: 5 mins read

La commissione Bilancio e Finanze del Parlamento siciliano ha approvato la manovra di Bilancio 2015. La parola passa, adesso, allo stesso Parlamento dell’Isola che, da domani, proverà ad approvare la legge di stabilità regionale entro il 30 aprile.

Noi abbiamo deciso di informare i nostri lettori solo a manovra economica e finanziaria 2015 completata. Cioè dopo l’approvazione finale da parte dell’Assemblea regionale siciliana (questo il nome del Parlamento regionale). Quella di oggi è un’approvazione a metà, se è vero che siamo davanti a una manovra approvata dalla commissione legislativa di merito del Parlamento siciliano. Tale approvazione, ancorché parziale (è certo che in Aula, da qui al 30 aprile, il testo verrà emendato, cioè cambiato), ci consente qualche considerazione e un paio di domande al Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, e ai giudici della Corte dei Conti.

La prima considerazione è che le parole “legge di stabilità” sono un po’ in contraddizione con quello che rischia di avvenire nei conti pubblici della Regione siciliana. Stando a quello che leggiamo nella manovra approvata dalla commissione Bilancio e Finanze del Parlamento siciliano, all’appello mancherebbero 450 milioni di euro che vengono inseriti nel Bilancio 2015, anche se tali soldi, allo stato attuale, non ci sono. Si tratta, fino a questo momento, di entrate fittizie. Soldi che lo Stato centrale non ha ancora erogato. E’ corretto inserire in una legge di Bilancio soldi che, allo stato attuale dei fatti, non ci sono?

Su tale punto bisogna essere chiari. Non si tratta di soldi che lo Stato dà alla Sicilia. Al contrario, si tratta di soldi siciliani (per lo più Iva e Irpef pagati dai siciliani) che il governo nazionale di Matteo Renzi ha indebitamente trattenuto. E che non è nemmeno detto che restituirà. Di fatto, quello che si sta facendo con l’approvazione del Bilancio regionale 2015 è un falso in bilancio, che non viene considerato reato solo perché si tratta di un bilancio pubblico.

Quello di inserire nel proprio Bilancio entrate false è una pratica molto ‘gettonata’ in Sicilia. Tecnicamente tali entrate fittizie si chiamano “residui attivi”. Da un paio di anni la Corte dei Conti – istituzione che in Italia verifica la correttezza dei conti pubblici – ha imposto alla Regione siciliana di azzerare i residui attivi. Cioè di eliminarli dal proprio Bilancio. Così, con il Bilancio 2015 della Regione autonoma Sicilia assistiamo a un paradosso tutto italiano: da un lato c’è la Corte dei Conti che intima alla Regione di eliminare le entrate fittizie, imponendo che, ogni anno, una quota delle entrate (reali!) venga utilizzata per azzerare le entrate fittizie; dall’altro lato c’è il governo Renzi che sta spingendo la stessa Regione Sicilia ad approvare un Bilancio 2015 con 450 milioni di nuove entrate fittizie (detto per inciso, a nostro avviso le entrate fittizie sono di più di 450: ma questo lo verificheremo, carte alla mano, dopo l’approvazione definitiva del Bilancio regionale 2015) . Soldi – lo ribadiamo ancora una volta – della Sicilia, ma che Roma ha trattenuto per far quadrare i propri conti.

A norma di legge – legge che la Corte dei Conti ha imposto alla Regione Sicilia di rispettare – un Bilancio con entrate fasulle andrebbe impugnato perché viziato di incostituzionalità. Ma lo scorso anno l’ufficio che dovrebbe impugnare le leggi incostituzionali approvate dal Parlamento siciliano – il Commissario dello Stato per la Regione siciliana – è stato, di fatto, bloccato da un pronunciamento della Corte Costituzionale. E sapete chi è stato il giudice costituzionale relatore del provvedimento che, di fatto, ha ridotto al minimo, bloccandolo, l’Ufficio del Commissario dello Stato? Sergio Mattarella. Sì proprio lui, l’attuale Presidente della Repubblica che, prima di essere eletto al Quirinale, svolgeva il ruolo di giudice costituzionale.

Tutto, in Italia, assume i contorni del paradosso. Sapete, cari lettori americani, chi, in assenza dell’Ufficio del commissario dello Stato, ha il potere di impugnare il Bilancio della Regione siciliana eventualmente viziato di incostituzionalità? Il governo nazionale. Sì, proprio il governo nazionale di Matteo Renzi che sta costringendo la Regione siciliana ad approvare un Bilancio 2015 con 450 milioni di euro di entrate che, allo stato attuale, non ci sono (leggere entrate fittizie). Ora, secondo voi un governo nazionale che sta imponendo al Parlamento siciliano l’approvazione di un Bilancio 2015 con 450 milioni di euro di entrate fittizie – in contraddizione con quanto stabilito dalla Corte dei Conti! – può mai impugnarlo? Insomma, il governo Renzi può mai impugnare un Bilancio regionale che è il prodotto di un proprio diktat? Dovrebbe pirandellianamente smentire se stesso. Lo farà?

Una premessa a una domanda ai giudici della Corte dei Conti. La premessa: qualche anno fa – se non ricordiamo male era il 2013 – la Corte dei Conti intervenne subito dopo l’approvazione del Bilancio regionale, intimando al governo e al Parlamento dell’Isola di iniziare ad eliminare i residui attivi. Governo e Parlamento dell’Isola hanno messo a punto una sorta di piano di rientro che dovrebbe abbattere le entrate fittizie nell’arco di pochi anni. La domanda: che senso ha, mentre è in corso l’abbattimento di queste entrate fittizie, iscrivere nel Bilancio 2015 circa 450 milioni di euro che potrebbero rivelarsi entrate fittizie?       

Per certi versi, la situazione siciliana è simile a quella greca. Con differenze e similitudini. La differenza sta nel fatto che il ‘buco’ nel Bilancio della Grecia è il frutto di soldi utilizzati in parte dagli stessi greci e, in parte, utilizzati per pagare la permanenza della stessa Grecia nell’Europa ‘unita’ dell’euro. Mentre il ‘buco’ della Regione siciliana è il frutto di scippi operati negli ultimi due anni dal governo nazionale (oltre 5 miliardi di euro i soldi che Roma ha tolto dal Bilancio della Regione Sicilia dal 2013 ad oggi). La similitudine tra Grecia e Sicilia sta nel fatto che a imporre questa follia del rigore economico è la solita Germania della signora Merkel (anche se, scippando i soldi alla Sicilia in particolare e al Sud Italia in generale, il governo Renzi sistema anche le proprie clientele: le tanto celebrate assunzioni con il Jobs Act sono fatte grazie agli sgravi fiscali concessi alle imprese con lo scippo di 5 miliardi di fondi Pac al Mezzogiorno d’Italia).

Qualche domanda al Presidente Sergio Mattarella. Che farà il capo dello Stato italiano? Farà passare un Bilancio 2015 della Regione siciliana con entrate fittizie, solo perché voluto da Roma? Insomma, Sergio Mattarella assisterà silente a una vicenda nella quale anche lui ha avuto una parte – di certo non secondaria – visto che è stato, da giudice costituzionale, il protagonista della quasi-abolizione dell’Ufficio del Commissario dello Stato per la Sicilia? Un’ultima domanda al Presidente della Repubblica che – lo ricordiamo – è un siciliano: non trova, Presidente Mattarella, molto singolare che il governo nazionale, calpestando lo Statuto autonomistico siciliano, trattenga imposte che spettano alla Regione, non le restituisca e, addirittura,  imponga alla stessa Regione la redazione di un Bilancio 2015 con entrate aleatorie?

Diciamo questo per un motivo semplice: perché se lo Stato non restituirà alla Sicilia i 450 milioni di euro di Iva e Irpef che ha indebitamente trattenuto, per i siciliani, quest’anno, ci saranno 450 milioni di euro di mancati pagamenti. E siccome il Bilancio della Regione siciliana, ormai, è fatto per il 99 per cento da stipendi e pagamenti vari, ci saranno 450 milioni di stipendi e pagamenti in meno…  

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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