A Tunisi, a poche miglia dalla Sicilia, l’Isis attacca il Parlamento e il museo. Per ora si parla di una ventina di morti e di una cinquantina di feriti. Coinvolti un centinaia di cittadini italiani. Nella baraonda anche cittadini siciliani. Ma ieri, mentre tutto il mondo si interrogava sull’inferno che si scatenava in Tunisia, c’era solo una categoria di politici che aveva altro a cui pensare: i politici siciliani. Mentre l’universo mondo della politica internazionale sobbalzava dopo il nuovo, terribile attacco dei terroristi, nella Regione italiana più vicina alla Tunisia l’intrepido governatore dell’Isola, Rosario Crocetta, affrontava con gli altri altrettanto intrepidi sindacalisti siciliani un tema cruciale: gli stipendi e le pensioni dei dipendenti regionali.
Mentre i miliziani aprivano il fuoco sul Parlamento tunisino, mentre a Tunisi le pallottole fischiavano, mentre la Farnesina contava le vittime, a Palermo si firmava un quasi-accordo epocale: Crocetta proponeva una riduzione della ‘tosatura’ degli stipendi dei dipendenti e dei pensionati regionali e questi ultimi, ‘eroicamente’, revocavano – queste almeno sembrano le ultime notizie – lo sciopero previsto per domani.
Troveranno anche il tempo, i politici siciliani, per provare a ragionare su quello che sta accadendo a Tunisi? Non c’è bisogno, sussurra qualcuno, perché ha già parlato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che alla fine è siciliano e, volendo, ha parlato anche a nome della Sicilia. A Tunisi si spara, certo, ma in Sicilia i pensionati della Regione mandati a meritato riposo con il calcolo retributivo rischiano di essere declassati a pensionati statali con il calcolo contributivo. Ragazzi: qui a perderci il 30-40 per cento della pensione non ci si mette niente: volete mettere?
In Tunisia ci sarà anche una crisi internazionale, nell'aria sfrecceranno anche le pallottole, ma in Sicilia, oltre a pagare le pensioni ai regionali ormai in pantofole, bisogna trovare anche i soldi per pagare 80 mila, forse centomila precari sparsi tra gli uffici della Regione, dei Comuni e delle Province commissariate sì, ma con i dipendenti che costano altri 200 milioni di euro all’anno.
Isis? Ragazzi, centomila precari, circa 18 mila dipendenti regionali più altri 15-16 mila pensionati regionali pagati sempre con il Bilancio regionale (la Regione non ha un fondo pensioni e qualcuno le pensioni retributive le deve pagare, no?) sono una forza elettorale! Non scherziamo con le cose serie. Insomma, il vecchio clientelismo meridionale ancora attivo, in queste ore cruciali, ha altro a cui pensare. Altro che Isis! Altro che onde e sponde del Mediterraeo!
Si racconta che ieri, nel corso della riunione-fiume tra politici e sindacalisti convocata a Palermo per decidere le sorti di dipendenti e pensionati regionali, insieme con la notizia della strage di Tunisi sia arrivata anche la notizia dei turisti presi in ostaggio in un museo.
“Qui non potrebbe succedere”, diceva qualcuno. E ha anche ragione. In queste ore cruciali, in Sicilia, nei musei ci sono i turni ridotti. E alcuni hanno le porte sbarrate. Così, ai musei chiusi da decenni si sommano i musei chiusi perché non ci sono i soldi per pagare gli straordinari al personale. Per non parlare delle aree archeologiche dove non si sfalciano le erbacce da chissà quanto tempo e dove le zecche ballano…