Il bue che dà del cornuto all’asino. Suona così l’accusa di “pensiero unico” e dogmatico (incapace quindi di ogni tipo di confronto democratico) scagliata da Maurizio Landini contro la banda della Leopoda. Anzi, lorsignori, Matteo Renzi in testa, devono “far abbassare i manganelli della polizia”, prima di abbassare i toni del dibattito politico. E poco importa se Landini ha spudoratamente mentito proclamando ai quattro venti di non essere stato chiamato da Renzi dopo il fattaccio delle manganellate romane da parte della polizia agli operai delle acciaierie di Terni. Poco importa se è poi stato costretto a fare inversione di rotta di fronte a prove incontestabili fornite da Renzi e se lo fa (ma a mezze parole) nell’intervista a Repubblica del 31 ottobre (quella dei manganelli da abbassare, per intenderci, affermazione da lui ripresa dalla segretaria della Cgil Susanna Camusso).
Ormai, oltre all’arroganza da capo della Fiom (già pronto allo sciopero generale alla faccia dei drammatici problemi del Paese), Landini assume, e bene, maschere, comportamenti e toni da leader politico in costruzione. Il tutto all’interno di un dogmatismo ideologico tipico residuo (o rigurgito) di quel socialismo reale, che anima da tempo buona parte del mondo sindacale italiano (come ho già avuto modo di scrivere nel maggio scorso sulla VOCE) e che ha animato ora la ben preparata (e gonfiata nei risultati) prova di forza del sindacato contro il governo. Sia ben chiaro, un sindacato che attacca anche per difendere le solide rendite di posizione accumulate negli ultimi decenni a spese degli interessi dei lavoratori e dell’interesse comune, pur sbandierati con pervicacia (come va fatto in questi casi).
Il tutto con l’appoggio della sinistra “sinistra” che ha finalmente ritrovato argomenti e compagni di strada particolarmente autorevoli, spendibili e aggressivi in questo momento di drammatica disoccupazione, vale a dire i due capi sindacali della Fiom e della Cgil, per l’appunto; quella “vera” sinistra più che mai decisa a conservare e ad aumentare i propri spazi politici (nel più puro ossequio ai dettami machiavellici) e soprattutto a scagliare la spallata definitiva alle riforme di Renzi. Ingenuo e inutilmente strafottente come al solito, quest’ultimo, nel suo lanciare guerre inutili e, anzi, controproducenti, è riuscito a creare un’inedita coalizione sindacato-politica, nella quale un leader sindacale si avvia a diventare acclamato leader politico di quella fazione della sinistra “sinistra” che sino ad ora non era riuscita ad esprimere uomini politici degni di questo nome, o dotati del necessario carisma. E mi riferisco al bel tenebroso Landini, dal volto perennemente irato (stavo per usare un termine più scurrile), come si conviene a un capo sindacale.
Bel colpo, caro Renzi, anche perché ora, ancor di più del solito, costoro gridano come ossessi di agire (solo loro ovviamente) nel nome del bene comune, nell’interesse nazionale e dei lavoratori, per la verità sempre più malmenati, e non solo dalla polizia.
Interesse nazionale? Ma come la mettiamo, caro Landini con il super-aumento di stipendio di centinaia di migliaia di euro che Bonanni, sino a fine settembre scorso segretario generale della Cisl, si è assegnato per poter godere di una pensione di parecchche ie migliaia di euro a spese della comunità e quindi anche mie e dei lavoratori? Non ha niente a che fare con lei, mi risponderà di certo. Ma non è forse questa una delle tante manifestazioni di interesse privato, di gruppo, di casta, di privilegiati di cui il sindacato in questi ultimi decenni ha dato prova di sapiente maestria?
Perché caro Landini non ci parla dei sindacalisti delle poste siciliane che con clamorosi imbrogli hanno fatto assumere dalle poste stesse i propri figli, alla faccia di altri giovani concorrenti con aspettative più che legittime e magari anche più meritevoli, ma non figli di sindacalisti?
E che ne dice del corposo e deprimente capitolo “Sindacato, futuro assicurato” inserito da Sergio Rizzo nel suo volume fresco di stampa Da qui all’eternità: l’Italia dei privilegi a vita? Ex sindacalisti in ben remunerati posti di sottogoverno, oltre che con seggi nel parlamento italiano e in quello europeo; addirittura due ex leader sindacali contemporaneamente presidenti di Camera e Senato (Bertinotti e Marini) e persino capaci (che bella pagina di politica!) di mandare a casa il governo Prodi, per far posto a D’Alema, e abbiamo visto, purtroppo, come è finita. Per caso vuole prenderli a modello, caro Landini, e ripetere quanto da loro fatto con Renzi?
Potrei andare molto avanti in questo doloroso elenco di malefatte e di conquiste di rendite di posizione da parte di autorevoli sindacalisti italiani sotto la bandiera e il sacro nome del bene pubblico, un giochino, quest’ultimo, nel quale la Camusso sembra essere degna di massima considerazione.
Ma non vi sfugge che siamo alla canna del gas? Che la mazzata alle banche (già, ai poteri forti da voi tanto sbandierati come se voi foste delle mammolette) ha minato ulteriormente i mercati e l’immagine dell’Italia, e ci ha impoveriti ancora di più, proprio quando non ne avevamo bisogno?
Temo che ne vedremo delle belle con il Landini infuriato che si gioca l’arma dello sciopero generale sulla strada della conquista del potere politico e della difesa dei privilegi sindacali.
Vedo però che ora dialoga con Renzi sulle acciaierie di Terni e sull’industria che lo Stato dovrebbe tornare ad assistere. Che succede? Non ha paura di sporcarsi l’anima dialogando con chi (come grida la Camusso) è espressione dei poteri forti? In ogni caso, se posso esprimere un parere personale, credo che di fronte alla perdita del lavoro si giustificano molti comportamenti, ma da parte di chi lo ha perduto, sia ben chiaro, e credo soprattutto che lo Stato italiano debba tornare a farsi carico di “assistere” settori industriali strategici.
A proposito. Dove eravate voi capi sindacali negli anni della contrattazione? Mi pare che l’abbiate fatta, eccome, e se ci ha portato alle condizioni in cui siamo significa che l’avete fatta malamente e che dovete assumervene le responsabilità, visto che eravate anche voi seduti al tavolo delle decisioni. Proprio come tutta vostra, di leader sindacali nazionali, è la strenua difesa della cassa integrazione, che ha fatto fare per decenni utili lucrosi a società come la Fiat e che ha tenuto in piedi industrie decotte, umiliando nel contempo migliaia di lavoratori, almeno quelli più responsabili. E tutto questo per poter avere saldamente in pugno la situazione, per poterla controllare e averne di conseguenza benefici e importanti rendite di posizione. Altra cosa è ai vostri occhi l’assegno di disoccupazione, decisamente meno “democratico”, proprio perché assegnato quasi automaticamente e quindi al di fuori del vostro controllo. Proprio come la contrattazione regionale, che deve cedere il passo a quella nazionale, procurando i danni che sono sotto gli occhi di tutti.
Ma avanti con lo sciopero nazionale, con la mira non troppo nascosta di arrivare a Palazzo Chigi.
Stia però attento, caro Landini, alle intemperanze dei suoi compagni di strada. Professionista della biliosità politica, Fassina non perde occasione per scavalcarla: “il governo si scusi”, ovviamente per le manganellate veramente indegne ai dimostranti di Terni, facendosi così portavoce della granitica Camusso, sempre più emblema di pensiero forte e unico, ma che sfoggia da qualche tempo legnose e scontate battute ironiche.
E così non solo Renzi è ripagato per i suoi attacchi diretti a quei sindacati che da mesi non perdono occasione per dargli addosso, ma ora sa bene cosa aspettarsi in Parlamento e non solo per il Jobs act.
*Enzo Baldini, professore di Scienze Politiche dell'Università di Torino, insegna Storia del pensiero politico e anche Laboratorio Internet per la ricerca storica. Ha lavorato su Internet fin dagli albori della rete, è stato tra i creatori dellaBiblioteca italiana telematica e poi del consorzio interuniversitario ICoN-Italian culture on the Net, del quale continua ad occuparsi.