Cari amici,
Vi scrivo all’indomani dell’approvazione alla Camera della nuova legge elettorale, una legge che, dico subito, non mi piace e non piace ai miei colleghi di partito: I Popolari per l’Italia. Infatti al voto finale ci siamo astenuti. Ma nonostante gli affanni la corsa del Presidente Renzi sulla strada delle riforme prosegue superando il primo ostacolo, quello del varo della legge elettorale, appunto, alla Camera. Eravamo andati vicini a far passare un emendamento sul ripristino delle preferenze per ridare voce al cittadino e capacità effettiva di scelta dei propri rappresentanti e sono intervenuta anch’io nel dibattito per chiedere di riflettere, di non correre e di fare le cose per bene nell’interesse della cittadinanza e non degli accordi di partito, ma le ampie maggioranze sulle riforme, sostanzialmente hanno tenuto, tanto che neanche la questione della rappresentanza di genere sollevata in maniera trasversale dalle donne elette è riuscita ad avere ragione di essere inserita nell’Italicum. Forse, se permettessimo una maggiore presenza di donne in Parlamento, effettivamente provenienti da espressioni dei mondi vitali – come ho detto in un altro intervento durante il dibattito sugli emendamenti – il nostro Paese potrebbe avere quella marcia in più che serve per ripartire e riavviare lo sviluppo. Sulla preferenza di genere la Camera, dopo un lungo e articolato dibattito, ha bocciato l'emendamento, presentato dal collega di partito Gitti e sottoscritto anche da me, che proponeva di introdurre la doppia preferenza con parità di genere nella riforma elettorale. La differenza di voti è stata veramente esigua: soli 20 voti, nonostante abbiano votato anche i ministri e sottosegretari parlamentari.
Mi sono trovata in un’Aula di Montecitorio confusa dove gli accordi extraparlamentari avevano la meglio sul dibattito, costretti a correre senza avere la possibilità di una riflessione serena per volare alto di fronte ad uno scoglio che sembra essere l’ultimo. Così, l’Italicum va avanti, nella consapevolezza che può essere migliorato e qui il senso della nostra astensione; ora si appresta ad essere esaminato al Senato, un passaggio che si annuncia tempestoso. Ad oggi, i cardini della nuova legge, così come è stata licenziata dall’Assemblea di Montecitorio sono i collegi uninominali medio-piccoli con liste corte, un premio di maggioranza del 15% per chi raggiunge la soglia di consenso pari al 37%, il doppio turno nazionale se nessuno dei partiti in campo raggiunge il 37%, una soglia di sbarramento del 4,5% per i partiti organizzati in coalizioni e dell’8% per quelli che corrono da soli ed una soglia di coalizione del 12%.
In fondo una legge che non è la migliore possibile in questo momento ma che rappresenta l’unica soluzione che noi non vogliamo sprecare incalzando il Governo sul piano del miglioramento del testo, convinti che la legge elettorale rappresenta la traduzione in norma delle caratteristiche del nostro sistema politico e del suo evolversi nei prossimi anni. Non ci diamo per vinti e continuiamo a lottare per migliorarla perché così com’è “a perdere è senz’altro – come ha detto il nostro Presidente di gruppo parlamentare, Lorenzo Dellai – la qualità politica e istituzionale del Paese del quale, pretenziosamente, ha preso in gergo il nome”.
Al Senato daremo battaglia riproponendo gli stessi emendamenti presentati alla Camera; speriamo che il tempo porti consiglio al Presidente Renzi ed a tutti i colleghi! Se si ama veramente l’Italia bisognerà volare alto e superare gli accordi e gli inciuci nell’interesse esclusivo dei cittadini e del benessere delle nostre Istituzioni repubblicane.