Anche La VOCE di New York spera, come la stragrande maggioranza dei newyorkesi, che Bill de Blasio sia eletto nuovo sindaco. Se i sondaggi non mentono e questo oggi accadrà, de Blasio sarà il quarto sindaco di origini italiane a guidare la città più importante del mondo. Oltre a Rudy Giuliani e il piccolo gigante Fiorello La Guardia, non bisogna dimenticare infatti anche Vincent Impellitteri, nato in Sicilia e che riuscì a diventare sindaco nel 1950 nonostante non avesse ottenuto la nomination del partito democratico. De Blasio, per certi aspetti, potrebbe ricordare proprio “Impy”.
Ma la nostra scelta si basa sui contenuti della proposta politica di de Blasio, non certo sulla sua italianità che gli arriva per parte di madre, come del resto può rivendicare anche il suo avversario repubblicano Joe Lotha. Nato a New York nel 1961 col nome di Warren Whilhem jr, anni dopo Bill volle prendere il cognome italiano della madre Maria de Blasio. In questa decisione c’è la tragedia del padre suicida, ma anche l’orgoglio del sentir forti le origini italiane trasmesse dalla madre.
Ma quanto conta ancora l’appartenenza etnica per essere eletti sindaci di New York? Qualche settimana fa, quando Bill de Blasio stava ormai staccando nei sondaggi l’avversario, una studentessa di giornalismo della NYU, impegnata in una ricerca, aveva contattato questo giornale per chiedere se il voto “etnico”, in questo caso italoamericano, potesse essere un vantaggio per de Blasio. La risposta che gli abbiamo dato, con un certo orgoglio, è stata di no. Il voto degli italiani di New York, come del resto d’America, e per fortuna, è già da tempo democraticamente maturo. Si divide nelle sue preferenze e, da almeno mezzo secolo, un candidato a sindaco si vota su ciò che propone, le vocali alla fine del cognome da sole non basterebbero più.
De Blasio propone di alzare le tasse per le fasce più ricche, per poter finanziare più servizi alle fasce medie e povere della città. Soprattutto più servizi riguardanti le scuole pubbliche. E De Blasio vuole anche meglio garantire i diritti civili di tutti i cittadini e la polizia di New York sotto il suo comando dovrà rivedere quello “stop and frisk”, con cui in troppi casi ha calpestato i diritti costituzionali dei newyorkesi.
New York sente proprio il bisogno di cambiare dopo tre mandati di Michael Bloomberg (e due di Rudolph Giuliani). Secondo noi la città cominciava a soffrire di vertigini da “troppo successo”. In un quarto di secolo, da quando l’ultimo sindaco democratico è stato eletto a City Hall, tanto è stato migliorato in questa metropoli. Se pensiamo che Bloomberg ha iniziato a governare dopo l’11 Settembre e finisce ad un anno dall’uragano Sandy, il sindaco repubblicano uscente ha proprio compiuto un’impresa. La città è più viva e vibrante che mai. Ma crediamo che domani, la continuazione delle politiche del “successo” schiaccerebbero la classe media in una condizione d’impossibilità per poter continuare a vivere in città. New York diventerebbe infatti una triste riserva solo per “the richest and the luckiest”, rinnegandone così la storia.
Fin dalla fondazione quattro secoli fa da parte degli olandesi di “New Amsterdam”, New York è stata la meta di chi ha avuto il coraggio di aspirare alla libertà dei propri sogni e ha cercato l’opportunità per realizzarli. Ovviamente non tutti riescono a raggiungerli certi sogni, ma New York ha sempre mantenuto la promessa di tenere per tutti intatto lo spirito della libertà. Libertà di pensiero, espressione, religione, e ora di poter liberamente amare chi si ama, che accompagnata a quella economica, avrebbe garantito alle diverse generazioni l’opportunità di poter vivere in una città straordinaria aperta a tutti, al diverso come agli ultimi che qui possono diventare i primi pur rimanendo se stessi.
Ma se NYC si trasformasse nella mega residenza esclusiva di chi ha già avuto tutte le fortune di questo mondo e raggiunto il successo magari altrove, diventando per tutti gli altri solo una sede di lavoro in cui servire ricchi e famosi, questa città perderebbe quel carattere che la rende così attraente. Siamo certi che si svuoterebbe persino di quei ricchi e famosi che oggi la scelgono. Chi infatti preferisce New York alle “gated community” della Florida o della California, è perché vuol vivere e far crescere i propri figli nella ricchezza della città multiculturale e multietnica, dove la diversità è il suo valore aggiunto. Togli questo carattere a NYC, e sì che scapperebbero anche i ricchi e famosi, come tutti coloro che qui il successo lo realizzano grazie al loro talento e al loro carattere aperto.
L’appello di Bill de Blasio che si sta rivelando vincente, “Se non siete stati così contenti negli ultimi 25 anni votate per me”, è stato definito uno slogan populista. Ma preso alla lettera, significa voler ridare la possibilità a tutti i newyorkesi, e non solo a chi vive nei loft e nei piani alti di Manhattan, di poter continuare non solo a lavorare in questa città, ma anche a poterci vivere con i propri figli. De Blasio vive con la sua famiglia a Brooklyn, nello stesso quartiere dove vive chi scrive queste righe. I nostri figli hanno frequentato le stesse scuole pubbliche, sia elementari che medie. Ma anche Park Slope, quartiere sicuramente fortunato, diventa ormai sempre meno accessibile per una famiglia a reddito medio, come erano i de Blasio quando si trasferirono qui. Il successo del sindaco de Blasio si misurerà sopratutto nella percentuale delle famiglie della classe media che riusciranno a vivere ancora a New York.
Bill de Blasio rappresenterebbe la sinistra troppo liberal? Aiuto si salvi chi può? Il pendolo della storia di questa città oggi indica la necessità del riequilibrio delle risorse. Tassare più i ricchi (e i grandi business) per dare più servizi e pari opportunità a tutti coloro che rendono così viva e unica questa città, significa voler continuare a dare un futuro a New York, non farla precipitare nel passato.
Lo sfidante repubblicano Joe Lotha ha dimostrato di essere un bravo amministratore, soprattutto quando dopo il cataclisma Sandy ha rimesso in piedi la MTA. Ma il figlio del Bronx laureato ad Harvard, ritiene che la stessa linea politica possa essere ripetuta per tutte le stagioni. De Blasio invece, dalla sua esperienza come consigliere comunale e Public Advocate, ha capito prima e meglio dei suoi avversari democratici favoriti alle primarie, che la corda non poteva essere tirata sempre e solo da una parte. Per questo oggi merita di essere eletto a sindaco di New York.
Se alla fine lo diventerà con un margine di voti così imponente (si parla del 45 %, sarebbe record assoluto), Bill de Blasio avrà più forza per far rimanere New York la città non solo che non dorme mai, ma dove si può ancora rimanere a dormirci tutti.
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