Un titolo accattivante, di quelli che fanno notizia già da sé e un reportage di nove pagine dedicato a Rosario Crocetta, governatore della Regione siciliana, pubblicato sul Magazine del New York Times, uno dei quotidiani più importanti e influenti al mondo.
Crocetta si guadagna così, in uno dei periodi politicamente più difficili della sua carriera, un servizio giornalistico dettagliato. Un ritratto intimo e personale dove scopriamo che il presidente, oltre a fumare due o tre pacchetti di sigarette al giorno e parlare continuamente al telefono, ama guardare il famoso cartone animato di Peppa Big.
Che non manca, a mio avviso, di qualche lacuna e di qualche forzatura giornalistica studiata ad effetto.
Come il titolo :“Can a Gay, Catholic Leftist Actually Squelch Corruption in Sicily?” (“Può un gay, cattolico, di sinistra, sopprimere la corruzione in Sicilia?)
Ed è proprio sull’omosessualità di Crocetta, omosessualità di cui neanche in Sicilia si discute più, che il giornalista Marco De Martino, corrispondente a New York che con questo articolo inizia la collaborazione col NYT Magazine, si sofferma più volte.
Partendo dal titolo, dove la notizia sembra essere ribaltata: non è più il politico rivoluzionario il protagonista ma lo stupore che sia gay, cattolico e pure di sinistra.
Nell’intervista però, sarà lo stesso governatore Crocetta a precisare: “Non sono un gay ma un omosessuale. Omosessualità è diversa dall'essere gay. I gay si identificano con una cultura di cui non faccio parte. Non sono mai andato in una discoteca gay e, sebbene sia favorevole a matrimonio e adozioni, so che non lo farò mai perchè è qualcosa di troppo conservatore per me”.
Sono otto i giorni che De Martino trascorre insieme al presidente, seguendolo in tutti i suoi movimenti e spostamenti. In quei giorni, che risalgono alla primavera scorsa, gli eventi di cronaca permettono, a chi osserva e scrive, di abbozzare un quadro generale e generico della situazione politico-sociale della Sicilia: le proteste dei forestali e dei lavoratori, la spending review messa in atto dal presidente, gli sprechi del governo precedente, la questione Muos e quella di abolire le province siciliane. Non manca il riferimento alla mafia. Doveroso, per carità.
Poi c’è il ritratto di Rosario Crocetta prima dell’elezione alla presidenza della regione: gli anni trascorsi all’Eni, quelli durante il suo mandato da sindaco, la sua vita sotto scorta (anche qui per ragioni temporali non si fa riferimento al terribile incidente che ha coinvolto gli uomini della scorta di Crocetta, di cui uno si è appena risvegliato dal coma). Vicende politiche che si intrecciano con quelle personali raccontate con precisione durante il soggiorno a Castel di Tusa, ex quartier generale di Crocetta, da qualche mese lasciato per motivi di sicurezza. Una scelta giornalistica che si sposa bene con lo stile tipico del New York Times: raccontare con precisione fatti e persone attraverso quella “giusta distanza” che separa il giornalista dagli eventi.
Sfugge, secondo me, l’aggiornamento odierno, necessario per offrire al lettore una visione di cronaca completa. E sfugge anche l’analisi complessa della Sicilia come laboratorio politico in grado di condizionare le scelte politiche nazionali. Ancora una volta, l’Isola viene raccontata in frammenti, isolata dal contesto nazionale.
Mentre tutte le testate nazionali e internazionali riprendono l’articolo di De Martino, in Sicilia oggi, il rischio che si torni a votare tra un anno o meno non è ipotesi trascurabile. Anzi.
Mentre scriviamo, dieci attivisti No Muos sono entrati a Palazzo dei Normanni spacciandosi per turisti e hanno occupato sala D'Ercole, dove si svolgono le sedute dell'Assemblea regionale siciliana, a Palermo. I giovani hanno esposto striscioni dai balconi contro le mega antenne americane e hanno trascorso la notte nella Sala d'Ercole.
Nel frattempo, da Roma non arrivano belle notizie per il presidente. Dopo l’aut-aut del Partito democratico, il partito di Crocetta, che ha chiesto le dimissioni degli assessori in quota Pd, Luca Bianchi, assessore all’Economia del governo regionale, “sponsorizzato da Luigi Bersani”, ha rimesso il mandato nelle mani di Crocetta.
La vicenda è ormai nota: il Partito democratico non ammette la compresenza all’interno del partito del movimento “Il Megafono” creato dallo stesso Crocetta che ha esposto il suo programma proprio la scorsa settimana nel Megaforum di Catania.
“Il Pd è il mio partito ed è incomprensibile che il mio partito apra la crisi in un momento in cui per la Sicilia si aprono spiragli nuovi”, afferma Crocetta. Una crisi che si intreccia inevitabilmente con la crisi nazionale, che fa apparire Crocetta isolato, mentre invece è inevitabile il legame tra il destino della Sicilia a quello dell’Italia. Così, l’articolo del New York Times, più che un pezzo di attualità, ha l’impressione di essere, forse involontariamente, una di quelle biografie postume scritte per consegnare al pubblico la vita di un uomo che sembra ormai essere un ricordo.