Gli appellativi servono? Si direbbe di sì, almeno per Marilina Intrieri, una bionda signora dall’aspetto cortese. Ex deputata dell’Ulivo tra il 2006 e il 2008, attuale Garante per l’Infanzia della Regione Calabria, si è rifiutata di visitare un centro che ospita bimbi immigrati perché sul pass che le avevano inviato vi era scritto “dottoressa” e non “onorevole”. Mon dieu! Che volgarità! Così la signora, ops l’onorevole, ha rispedito al mittente i documenti che il funzionario della Prefettura di Crotone le aveva inviato per autorizzarla a visitare il “Cara”, Centro accoglienza e richiedenti asilo di Isola Capo Rizzuto.
Lo so, lo so, siete indignati, vi sembra eccessivo, siete esterrefatti, provate compassione ed amarezza, ma please, cercate di capirla si tratta di un’offesa che proprio non poteva mandare giù. Lei vuole essere chiamata “onorevole” anche se da cinque anni non lo è più. E allora? Un po’ di sensibilità e di savoir vivre non fa male a nessuno. Così la Intrieri, ha preso carta e penna e ha espresso il suo disappunto scrivendo alla prefettura: “Il titolo non decede dopo la fine della legislatura. Quindi esigo che un'istituzione come la Prefettura rispetti la mia carica perché quando ci si rivolge ad un prefetto si dice eccellenza ed un avvocato non si chiama dottore".
Intanto i bambini aspettano ancora l'ispezione perché l’onorevole ha bloccato sine die la procedura che avrebbe dovuto portarla a svolgere uno dei compiti per i quali è stata nominata dal presidente del consiglio regionale “Garante”.
Mi faccia il piacere signora… E’ vero che In Italia un titolo non si nega a nessuno: cavalieri, dottori, presidenti, che problema c’è. Somigliamo sempre più alla repubblica di Totò, ridotti in queste condizioni dove tutte le idiozie sembrano diritti, ma a tutto c’è un limite: forse una sonora pernacchia ci salverà.