Con la crisi economica che ancora aleggia nell’Unione Europea più che nella maggior parte dei paesi occidentali, facendole pagare un pedaggio pesante, un paese in questo momento diventa per tutti gli altri una scommessa aperta, l’Italia del dopo le elezioni. L’intero mondo guarda all’Italia speranzoso che con la nuova classe politica possa farcela a superare l’empasse, altrimenti si potrebbe scatenare un effetto domino che metterebbe in pericolo la già lenta ripresa economica globale.
La conversazione avvenuta lunedì sera all’Istituto Italiano di Cultura di New York (IIC), tra Maurizio Molinari (corrispondente USA per La Stampa) ed il professor Sergio Fabbrini (Direttore della School of Government della LUISS, di Roma) ha trattato questi argomenti, cercando di approfondire, dopo le elezioni, il futuro dell’Italia e degli italiani che, per il momento, vedono ancora lontana una stabilità politica. Sia Fabbrini che Molinari, hanno evidenziato durante i loro interventi, che l’Italia sta vivendo un’altra situazione drammatica, sta affrontando cioè insieme alla instabilità politica, anche una delle più disastrose crisi economiche dalla seconda guerra mondiale. Ad aggiungersi alla lista dei problemi del Bel Paese c’è poi la necessità di pianificare riforme strutturali a lungo termine.
La conversazione, indirizzata dal Direttore dell’IIC Riccardo Viale, ha coinvolto molto il pubblico in sala che a stento riusciva a trattenere i commenti. Su una cosa si è stati tutti d’accordo: per quanto l’Italia viva in questi anni molta incertezza politica ed economica, rimane un paese con delle basi ed una cultura storiche molto forti che difficilmente la faranno colare a picco. Come ha affermato in principio il professor Fabbrini, “dalle elezioni di Febbraio 2013 non è emersa una maggioranza, bensì tre partiti di minoranza e quasi equivalenti. I tre gruppi si sono mostrati reciprocamente insignificanti, ed hanno creato così una situazione di stallo”. La cattiva notizia, come chiarirà Fabbrini, è che dopo le elezioni l’Italia non ha visto una maggioranza salire al potere, mentre la buona notizia, è che c’è stato un incremento della presenza femminile tra le fila del Parlamento italiano. Un fatto molto importante evidenziato da Fabbrini, è che a peggiorare la formazione di un nuovo governo, o per lo meno a renderla più complicata, è stata la coincidenza tra le elezioni politiche e quelle del presidente della Repubblica, che lui chiama simpaticamente “King Giorgio”.
Da sin. Sergio Fabbrini, Riccardo Viale e Maurizio Molinari
Come sappiamo infatti, al termine del mandato, il presidente in carica non può utilizzare quello che Fabbrini nel suo intervento chiama “nuclear weapon” ovvero il potere di sciogliere le camere. Con questo elemento fuori uso, la formazione di un governo è stata anche più scomoda. Fabbrini poi ha parlato anche della crisi “morale” del paese, avvenuta a seguito di quella politica ed economica. Gli alti tassi di disoccupazione nel Sud Italia, uniti alle misure di austerity imposte dalla Germania hanno creato nel Bel Paese soprattutto una sensazione di sfiducia nelle istituzioni e voglia di ribellione. “Grillo – afferma Fabbrini – è stato l’imprenditore di questi umori”. Anche se poi osserva: “Si registrano situazioni simili anche in Spagna, Grecia e Portogallo”.
Molinari invece ha focalizzato il suo intervento sui concetti di trasformazione e instabilità, che si inter-scambiano vicendevolmente in Italia in questo momento storico. Molinari è sembrato fiducioso quando ha parlato del potere che hanno la Costituzione e il Presidente Napolitano, “quest’ultimo ha restituito – come osserva il giornalista de La Stampa – all’Italia la propria credibilità con i paesi esteri”. Molinari ha sottolineato quindi la potenza rappresentativa di Napolitano, collegandola a questo momento di trasformazione per l’Italia dove non si capisce se ha più potere il parlamento o il presidente. “Così è iniziata la trasformazione, non si tratta di stabilire chi governa – afferma il corrispondente de La Stampa – è più complesso, ogni singola forza politica si sta trasformando”. Molinari ha poi elencato una serie di problematiche che interessano la destra e sinistra in Italia. La prima pur avendo riscontrato grande successo nelle ultime elezioni, manca di leader forti, mentre la sinistra si trova divisa in quella che lui definisce una discussione senza fine, tra una parte moderata rappresentata da Letta, ed una storica identificata invece con Bersani. I due elettorati a sinistra non combaciano più e hanno reso, secondo Molinari, ancora più difficile la formazione di una rappresentanza politica stabile. Ad inserirsi in questo quadretto, ci sarebbe poi Grillo, secondo Molinari “una reazione popolare alle misure di austerità”. L’elemento critico è che non si sa cosa il Movimento Cinque Stelle intenda rappresentare e soprattutto, raggiungere, visto che nella maggior parte dei casi “sembrano essere sempre contrari a qualcosa, ma non sanno a cosa sono a favore”, ha poi concluso.
Entrambi, Fabbrini e Molinari, sono d’accordo nel concludere che l’Italia ha soprattutto bisogno di leader politici forti che si possono trovare solo con il coraggio di chi porta avanti idee economiche non adatte a “sopravvivere”, ma per far crescere economicamente il paese. Nonostante l’incertezza politica ed economica dunque, per Fabbrini e Molinari l’Italia del dopo elezioni potrebbe farcela.