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June 24, 2012
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ONU/ General Mood ’ad alta tensione’

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
il Generale Robert Mood con l’inviato speciale per la Siria Kofi Annan, venerdì a Ginevra

il Generale Robert Mood con l’inviato speciale per la Siria Kofi Annan, venerdì a Ginevra

Time: 7 mins read

’Mood’ in inglese sta per ’umore’; ’General Mood’ è quindi ’l’umore general’, quello che era di alta tensione quando martedí scorso al Palazzo di Vetro il Generale norvegese Robert Mood in persona, a capo della missione degli osservatori Onu in Siria, ha partecipato ad una riunione a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza in cui ha dovuto spiegare la sua drammatica decisione, presa solo tre giorni prima, di sospendere per motivi di sicurezza le attivitá dei berretti blu nel paese, martoriato ormai da una vera e propria guerra civile. 

“Ho preso la decisione basandomi sui rischi nel terreno e basandami sul fatto che questi rischi avevano reso estremamente difficile il poter compiere il nostro mandato” ha detto il capo di UNSMIS ai giornalisti dopo essere uscito dalla riunione del Consiglio di Sicurezza. Per il generale Mood la situazione in Siria é ormai troppo pericolosa per far rischiare la vita ai 300 osservatori dell’Onu, che negli ultimi giorni erano entrati nel mirino delle armi da fuoco almeno una decina di volte. Purtroppo da quando è iniziata la missione per far applicare il piano in sei punti dell’inviato speciale per la Siria dell’ONU e della Lega Araba Kofi Annan, la violenza, invece di diminuire, è aumentata cosí come le vittime tra combattenti e tra i civili.

“Negli ultimi otto giorni gli osservatori della missione Onu hanno subito dieci attacchi diretti, un centinaio di incidenti di ’fuoco indiretto’, e nove veicoli delle Nazioni Unite sono stati colpiti o danneggiati”, ha detto il Generale Mood al Consiglio di Sicurezza, secondo quanto hanno riferito fonti diplomatiche, aggiungendo che gli atti di ostilitá nei confronti della missione Unsmis, sospesa ormai da sabato scorso, si sono ripetuti quotidianamente.

Ma chi sta puntando ai 300 osservatori che avrebbero dovuto monitorare il rispetto dei sei i punti portati di Kofi Annan? Fino all’arrivo di Mood al Palazzo di Vetro, in molti pensavano che i maggiori responsabili per la drammatica decisione di sospendere la missione, fosse il regime di Bashar al Assad. Ma quando a Mood è stato chiesto cosa dovrebbe accadere per poter far ritornare operativa la missione, il Generale ha risposto che oltre a una riduzione generale del clima di violenza, sarebbe necessario un impegno da entrambe le parti, sia quindi del Governo siriano che dell’opposizione, a salvaguardare l’incolumitá e sicurezza degli osservatori Onu cosí come la loro libertá di movimento. E ha aggiunto: “Il governo ci ha giá espresso questo suo impegno molto chiaramente negli ultimi giorni. Dall’opposizione invece non c’é stata alcuna affermazione in tal senso”.

Sono i ribelli quindi che sparano agli osservartori Onu? E’ mancato il tempo per porre la domanda direttamente al Generale, rimasto solo pochi minuti davanti ai giornalisti. Cosí quando poi il giorno dopo l’abbiamo girata al portavoce del Segretario Generale dell’Onu Ban Ki Moon, è stato Martin Nesirsky a precisare che “non è ancora chiaro chi sia stato a sparare contro gli osservatori nei diversi casi in cui è avvenuto”. Durante la riunione a porte chiuse “il Generale Mood non ha saputo dirci chi fosse stato per certo. A sparare contro gli osservatori ONU possono essere stati in diverse occasioni entrambi i contendenti” ha aggiunto un ambasciatore che era presente, un diplomatico di un paese del Consiglio di Sicurezza col diritto di veto, intervistato ’off the record’ e del quale quindi non indichiamo il nome.

Ma giá da questa risposta, cosí come dalle dichiarazioni davanti ai giornalisti del Generale Mood, si comprende che in questo momento la missione dell’ONU è in pericolo da entrambi i lati. “Forse è perché queste realtà sono diverse e non connesse tra loro,ma è difficile capire da dove aspettarsi una dichiarazione che possa garantire per tutte” ci ha sempre detto il diplomatico del Consiglio di Sicurezza. Giá, parlare di un’opposizione unica in Siria è sbagliato, e c’è giá anche all’Onu chi inisiste sulla presenza di una ’terza forza’: Al Qaeda.

E infatti giovedí il ’New York Times’ pubblicava la notizia che in Turchia, al confine con la Siria, é operativo un gruppo di agenti segreti della Cia impegnato in una missione delicatissima: far sì che le armi destinate ai ribelli che combattono contro il regime di Assad giungano a destinazione, ma allo stesso tempo che non finiscano nelle mani di al Qaeda. Si tratterebbe di armi contrabbandate attraverso la frontiera turca e che sono finanziate dall’Arabia Saudita, dal Qatar e dalla Turchia, secondo quanto hanno rivelato fonti dell’intelligence araba e funzionari americani citati in forma anonima dal ’New York Times’, secondo cui gli agenti della Cia sono impegnati sul campo ormai da diverse settimane.

Frattanto, il Dipartimento di Stato ha affermato di aver autorizzato lo stanziamento di 15 milioni di dollari per fornire all’opposizione civile assistenza sanitaria e attrezzature per le comunicazioni, e l’amministrazione Obama continua a ribadire di non avere alcuna intenzione di fornire armi ai ribelli. Diversi esperti sottolineano che il conflitto ha oramai raggiunto tutto il potenziale per diventare ancora piú intenso, con l’afflusso di armi sia verso il regime che verso i ribelli. In tutto questo, al Pentagono si continuano a perfezionare una serie di opzioni militari, che vanno dalla sorveglianza aerea delle forze militari, all’imposizione di una no-fly-zone, fino ai passi necessari per mettere in sicurezza le notevoli scorte di armi chimiche e biologiche di cui dispone il regime di Damasco.

Ma tornando al generale Robert Mood, il capo della missione degli osservatori dell’Onu in Siria incontra oggi, venerdí, a Ginevra l’inviato speciale delle Nazioni Unite e della Lega araba sulla Siria, Kofi Annan. Dovranno decidere quando gli osservatori dell’Onu termineranno la sospensione delle loro attivitá a causa della crescente insicurezza. Il generale Mood a New York aveva affermato che “sospendere le operazioni in Siria non é stato un gesto politico” e ha ribadito che in assenza di un impegno sul rispetto del piano Annan la prosecuzione dei compiti di Unsmis sará limitata, ma ció non significa abbandonare la popolazione, verso cui, aveva detto Mood, “abbiamo un obbligo morale”.

 “Il piano Annan rimane il punto di riferimento per risolvere la crisi, ma le condizioni sul territorio hanno imposto di sospendere le attivitá della missione Onu”, aveva detto dal canto suo il capo delle operazioni di pace delle Nazioni Unite, Herve Ladsous, che era apparso davanti ai giornalisti accanto a Mood. “Tuttavia – aveva continuato Ladsous– abbiamo deciso di non modificare il mandato degli osservatori sino al termine dei tre mesi previsti, che scadranno il 20 luglio. Dopo tutto – aveva continuato sconsolato – non abbiamo un ‘piano B’. I sei punti di Annan restano il solo punto di riferimento, la cornice su ci lavorare per trovare una soluzione a questa crisi drammatica” aveva concluso il capo delle operazioni di pace dell’ONU.

Da Rio de Janiero intanto, dove si sta svolgendo la grande conferenza sullo sviluppo sostenibile Rio 20, si è saputo che il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki Moon ha avuto un incontro con il Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad proprio ad argomento Siria. E sembrerebbe che Ban Ki Moon, come del resto Kofi Annan, stiano cercando di far partecipare l’Iran ad un vertice per un nuovo “gruppo di contatto” sulla Siria che possa includere appunto Teheran. La riunione potrebbe tenersi a Ginevra il 30 giugno.

“A quel punto noi non potremmo non partecipare sapendo che c’è anche l’Iran” ci ha detto a sorpresa il capo missione di un paese importante nel Consiglio di Sicurezza, sempre ’off the record’. Al contrario un altro paese con diritto di veto, gli Stati Uniti, aveva indicato – almeno formalmente – che non avrebbero partecipato ad una riunione sulla Siria dove ci fosse anche l’Iran, ritenuto parte del problema e non della soluzione della crisi.

*Una versione precedente di questo articolo è disponibile su www.lindro.it

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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