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February 5, 2012
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SPECIALE CRISI IN MEDIO ORIENTE/ Il Consiglio della farsa dell’Onu

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
L’ambasciatore russo Vitaly Churkin durante una riunione del Consiglio di Sicurezza

L’ambasciatore russo Vitaly Churkin durante una riunione del Consiglio di Sicurezza

Time: 8 mins read

Come spesso accade al Consiglio di Sicurezza, mentre migliaia di persone continuano ad essere massacrate in Siria, il passaggio di una risoluzione che non vada a sbattere contro il muro di un veto Crusso diventa una questione semantica.

Ma facciamo un passo indietro. Martedí scorso, al Palazzo di Vetro, si sono presentati molti boss della diplomazia, tra i quali spiccavano il Segretario di Stato Hillary Clinton, il ministro degli Esteri francese Alain Juppé, il ministro degli Esteri britannico William Hague. La Russia e la Cina invece, i due paesi da convincere a non porre il veto alla risoluzione presentata dal Marocco che ricalcava una risoluzione approvata dalla Lega Araba dopo il ritorno della missione dei suoi ispettori da Damasco, Martedí erano presenti solo con i loro capi missione all’ONU, gli ambasciatori Vitali Churkin a Lee Baodong.

Cosí già martedí mentre andavano in scena le dichiarazioni di ogni capo delegazione dei Quindici, si capiva che la Russia non avrebbe fatto passare la risoluzione preparata dal Marocco se non fosse stata riscritta in alcune parti.

Mentre per quanto riguarda la Cina si notava un atteggiamento piú prudente, soprattutto perché si sa che Pechino, una volta che la risoluzione veniva presentata sotto l’ombrello della Lega Araba, voleva evitare un confronto che andava contro i suoi interessi, infatti alla Cina sempre piú assetata di petrolio, non conviene entrare in rotta di collisione con i paesi fornitori di greggio per venire in soccorso del regime di Assad. Quindi l’ostacolo principale restava la Russia, dato che la Siria rimane fin dai tempi della Guerra Fredda nell’orbita di influenza di Mosca, che oltre ad avere l’unica base per la flotta russa nel Mediterrano, quella di Tartus, continua a rifornire il regime di Damasco di armi per miliardi di dollari e quindi gli interessi in ballo russi restano altissimi.

Ma quando arrivano per sedersi attorno al tavolo del Consiglio di Sicurezza i ministri degli Esteri, una risoluzione entro pochi giorni deve pur andare ai voti, altrimenti qualche paese importante ci perde la faccia e cosí anche l’intera Onu. E infatti ormai al massimo agli inizi della prossima settimana si voterá. Martedí al Consiglio di Sicurezza il premier del Qatar Hamad al Tahni, che guidava la missione della Lega araba che si occupa del caso siriano, aveva detto che in Siria “la macchina della morte continua il suo lavoro” ed che il livello delle uccisioni, che all’ultima conta dell’ONU era quasi arrivata a quota 6000, ha raggiunto un punto tale che “i morti non sono piú numerabili”.

Poi gli interventi del segretario di Stato Usa Hillary Clinton e i ministri degli esteri di Francia e Gran Bretagna, Alain Juppé e William Hague. Clinton ha detto che il presidente siriano “Assad vuol mettere i gruppi etnici e religiosi in Siria gli uni contro gli altri, rischiando la discesa in una guerra civile”, e poi ha detto agli altri ministri e ambasciatori seduti attorno al tavolo che “tutti noi abbiamo una scelta: sostenere il popolo siriano o diventare complici di altre violenze”. Clinton inoltre ha respinto le analogie con la risoluzione dell’anno scorso approvata nel caso della Libia, affermando di essere consapevole che “alcuni membri qui sono preoccupati che ci stiamo dirigendo verso un’altra Libia. Questa é una falsa analogia. La Siria é una situazione unica, che richiede proprio approccio, su misura per le specifiche circostanze sul terreno.

Ed é quello che la Lega Araba ha proposto, un percorso per una transizione politica che preservi l’unitá e le istituzioni della Siria”.

Nella prima bozza di risoluzione presenta dal Marocco Martedí, si ricalcava la proposta giá approvata in un documento della Lega Araba in cui si chiede espressamente al presidente al Assad di farsi da parte, passando tutti i suoi poteri al vice presidente per avviare la transizione, attraverso un governo di unitá nazionale.

Nel documento, si condannava con forza il regime di Assad, ma non si faceva cenno a specifiche sanzioni tranne che su embargo sulla vendita di armi che però é stato subito cancellato per favorire l’approvazione di Mosca.Già Martedí la Russia – che tre mesi fa con la Cina aveva bloccato una risoluzione simile – aveva definito quel testo di risoluzione presentato dal Marocco “inaccettabile”. Ma poi, nella serata di Martedí, l’ambasciatore russo Vitaly Ciurkin aveva riaperto le speranze dicendo ai giornalisti che al testo delle Lega araba erano state fatte delle modifiche, e che quindi, Mosca aveva ri-trovato alcuni elementi del testo a sua volta presentato dalla Russia alcuni mesi fa ma rifiutato da altri paesi, e questo faceva aumentare le speranze di un accordo che, diceva Churkin “non é solo possibile, ma necessario”.

Quindi mercoledí e giovedí sono state giornate di estenuanti trattative a porte chiuse, con i ministri giá partiti e gli ambasciatori a cercare di trovare nelle parole della risoluzione quei molteplici significati da annullare o ingigantire. Nocciolo della questione che non permetteva alla Russia di accettare la risoluzione? Il pararagrafo 7 della risoluzione presentata del Marocco, che nel punto B, ricalcando la risoluzione della Lega Araba, chiedeva espressamente che Assad cedesse il potere al suo vice. Per Mosca – ma anche per Pechino – questa era un chiaro elemento che quella risoluzione stava spingendo per il “regime change”, il cambio di regime, come nel caso della Libia, e quindi per i russi era inaccettabile far commettere al Consiglio di Sicurezza un altro errore simile, perché l’Onu non si deve occupare di “regime change”.

Così dopo quasi 48 ore di trattative, pur di evitare il veto, Mosca viene accontentata sul punto B del paragrafo 7 della risoluzione marocchina che quindi viene totalmente cancellato dalla risoluzione. Tutto a posto finalmente? Si può votare? Macché, ecco che un’altra parola, rimasta all’inizio del paragrafo 7 che diventa la ragione del perché la Russia si rifiuta ancora di votare a favore della risoluzione ma anzi, come ha dichiarato l’ambasciatore Churkin uscendo giovedì sera ad un certo punto dalla stanza delle trattative, avrebbe posto il veto se il giorno dopo, venerdí, la risoluzione sarebbe stata messa ai voti del consiglio.

La parola in questione era “Fully”, che in questo caso aveva il significato di “pieno” e faceva riferimento al “Fully supports”, all’appoggio pieno della precedente decisione della Lega Araba che il 22 gennaio si era giá espressa affinché il presidente Assad consegnasse il potere nelle mani del suo vice, formula che poi era stata ricalcata nella risoluzione del Marocco.

Era lo stesso ambasciatore francese Gerard Araud a scoprire il gioco con cui si voleva raggirare Mosca, quando interpellato dai giornalisti sul fatto che la cancellazione nella risoluzione del punto B indicava che la Francia si era dovuta piegare alla Russia sulla questione che la risoluzione non dovesse chiedere la cessione del potere da parte di Assad, il diplomatico francese aveva risposto che non era cosí, che per lui non cambiava nulla perché la risoluzione che sarebbe stata votata dal Consiglio avrebbe “appoggiato pienamente” quella della Lega Araba che infatti faceva riferimento alla cessione del potere.

Così, quando sia l’ambasciatrice americana Susan Rice che quello francese Araud si sono detti sicuri che con le modifiche fatte il Marocco avrebbe messo giovedí sera “in blue” la risoluzione- dal colore dell’inchiostro utilizzato nel documento pronto al voto e che tecnicamente indica il passaggio della fine delle trattative per andare al voto entro 48 ore – ecco che dalla Russia arrivavano segnali discordanti.

Dopo che quindi la risoluzione aveva con la cancellazione nel paragrafo 7 del punto B creato le condizioni per il raggiungimento del compromesso per superare la minaccia di un nuovo veto russo, l’ambasciatore russo Churkin dichiarava che serviva piú tempo per discutere i termini del documento, di cui l’ultima versione sarebbe stata inviata nelle capitali e quindi era troppo presto per metterlo al voto venerdí. Il problema per raggiungere l’ accordo si era capito che rimaneva il paragrafo sette della bozza, con quuelle due parole che esprimevano ancora “pieno supporto” alla posizione della Lega Araba, che chiedeva nel suo precedente documento l’uscita di scena del presidente Bashar al Assad. Quindi anche se questo elemento era stato rimosso nell’ultima versione rivista della risoluzione da votare al Consiglio di Sicurezza, per la Russia, quella frase di “pieno supporto” rimasta doveva essere cambita con qualche altra parola. Ma quale?

Ecco che nelle prossime ore potrebbe spuntare tra Mosca e New York una parola diversa da quel “fully”, qualcosa più sul “partially supports”, che parzialmente appoggia. Senza una tale sostituzione il veto di Mosca sarà probabile. Ma come la prenderebbero la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti una risoluzione così “ammorbidita”? Ormai é chiaro che le potenze occidentali vogliono al piú presto la caduta del regime di Assad e questo perché, è bene ricordarlo, ha per loro la colpa gravissima non tanto di essere filo russo, ma filo iraniano.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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