La via imboccata è quella giusta o si stanno commettendo nuovi errori? Il titolo del pezzo non scaturisce da un’intima paura che in questo periodo un po’ tutti avvertiamo, ma dall’analisi, libera e schietta, fatta da un economista Usa, Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia, nel corso di un’intervista pubblicata su un importante quotidiano argentino “Pagina 12” (del 10/12).
Ho aggiunto solo un punto interrogativo poiché mi terrorizza il solo riferimento a quella esperienza che per qualche giorno ho vissuto. Infatti, è un interrogativo da incubo che intimamente un po’ tutti inquieta, al quale nessuno dei responsabili vuole dare una risposta convincente e pubblica.
Non sappiamo bene che cosa stia effettiva-mente bollendo nelle cucine dei “mercati”, nella mente di taluni chefs di queste strane entità, senza volto e senza nomi, che continuano ad imporre le loro ricette e i loro uomini a Stati e a continenti interi. Ovviamente, sto parlando di grandi opzioni, di scelte strutturali non delle quisquilie cui ricorrono le varie “compagnie di giro” per tenere aperto il baraccone degli scandaletti a buon mercato e deviare l’attenzione dell’opinione pubblica dai veri malanni che affliggono l’Italia e l’Europa.
Altra domanda drammatica. La via imboccata è quella giusta o si stanno commettendo nuovi errori che, questa volta, potrebbero risultare esiziali? Per i nostri “decisori” nazionali ed europei la strada e le scelte adottate sono le uniche possibili. Gli altoparlanti di stampa e media s’incaricano, senza verificare, approfondire, senza sentire tutte le campane, di confermarle, amplificarle e di propinarle come oro colato a un’opinione pubblica frastornata e inquieta.
Per Joseph Stiglitz, invece, c’è poco da stare tranquilli poiché “lo schema che la Germania sta imponendo al resto dell’Europa porta alla stessa esperienza che l’Argentina ha vissuto sotto la guida del Fondo monetario internazionale (Fmi)”…, “l’incapacità dei governi europei è evidente: invece di trarre insegnamento dagli errori compiuti in precedenza, li stanno ripetendo”. Ovviamente, l’economista Usa, parlando dell’Argentina, si riferisce ai governi neoliberisti degli anni ’90 guidati da Carlos Menem e dall’FMI che portarono il Paese all’insolvenza (default).
Oggi, grazie ai governi della sinistra peronista guidati prima da Nestor Kirchner e oggi da Cristina Fernadez (insediatasi ieri per il suo secondo mandato consecutivo), l’Argentina non solo ha saldato il debito col FMI e rifiutato la sua pelosa assistenza, ma ha varato politiche di sviluppo e d’inclusione sociale che, in pochi anni, l’hanno vista passare dall’insolvenza a una crescita del 7% nel 2010, (seconda solo alla Cina). Ora, qui, non si desidera esaltare il punto di vista di un premio Nobel, ma soltanto ascoltarlo, valutarlo e, quanto meno, farlo conoscere al pubblico.
Temo che in Italia nessuno abbia un tale interesse poiché contrasta con i comportamenti e le direttive dei “mercati” ossia di questo Golem insaziabile che sovrasta l’Europa e il mondo. Secondo Gustav Meyrink, il Golem era una mostruosa creazione alchemica di un ebreo praghese, animata da una irrefrenabile voglia dicrescita e di annessione. Sulla fronte aveva scritta la parola “Ameth” ossia verità. Era mostruoso e potente il Golem, ma aveva un punto debole: per dissolverlo bastava togliere la “A” (aleph), restava “meth” cioè morte. Ogni riferimento alle “A” delle società americane di rating è puramente casuale. Per quanto anche loro quando tolgono le “ A” e conducono gli Stati alla rovina, alla morte.
E così vediamo “grandi” giornali e canali televisivi, economisti di grido, personalità politiche e di governo, opinion leader e comici di turno, ecc, tutti a sgolarsi per inculcare nelle menti atterrite della gente che la crisi italiana è principalmente dovuta ai “costi della politica”.
E, quindi, dagli alla politica, al politico, al deputato, a chiunque è stato eletto in un organo istituzionale di questa Repubblica democratica,fondata sulla sovranità del popolo e non sugli interessi dei mercati, dei mercanti e dei loro lacchè in divisa d’ordinanza.
Ma quanto diavolo costa la politica italiana? Forse di più delle spese militari, dell’evasione fiscale (275 miliardi/anno dice Istat), dei finanziamenti pubblici all’editoria, dell’anarchia del mercato delle professioni, delle banche, delle assicurazioni che pretendono di essere libere quando vanno in attivo, mentre quando vanno(o fingono) in perdita bussano a quattrini alle casse dello Stato? La politica costa molto meno e lo sanno benissimo i fustigatori a senso unico. Con ciò non si vuole negare l’esigenza (che da tempo proponiamo) di una riforma del sistema di finanziamento pubblico dei partiti, dell’abolizione dell’attuale legge elettorale (porcata) introducendo le preferenze e riducendo il numero dei parlamentari, della soppressione delle province, ecc.
Se questo veramente si vuole, si può fare subito dopo l’approvazione della manovra finanziaria. Chi lo impedisce? L’altro giorno, in Sicilia è stata approvata, all’unanimità, una legge che riduce del 30% il numero dei deputati regionali, da 90 a 70. E’ un buon segnale per il resto del Paese. Ma pare che queste riforme non le voglia nessuno. Forse perché verrebbe a mancare la materia dello scandalo e bisognerebbe spostare i fari dei grandi giornali e televisioni sui reconditi interessi di chi sta dietro questa campagna qualunquistica che, in realtà, mira a delegittimare il Parlamento e il sistema della democrazia rappresentativa. Insomma, dopo avere spostato a loro favore quote enormi del Pil nazionale (impoverendo gli italiani), questi signori si vogliono prendere il governo, il Parlamento e quant’altro non possono controllare con i loro giochi di borsa. Spero di sbagliarmi, ma questa è gente che sa il fatto suo e certo non intraprende una campagna così devastante solo per far vendere qualche copia in più ai loro giornali.
C’è un obiettivo nascosto? E, se sì, qual è?
Difficile dirlo, tuttavia è chiarissimo che si punta a demolire il ruolo, insostituibile, degli organi parlamentari costituzionali senza, per altro, dire che cosa si vuole fare, dopo. Gli uomini della concentrazione mediatica e finanziaria sanno benissimo che “il costo della politica” non è il problema principale. Lo stanno ingigantendo ad arte, per usarlo come un separè per non far vedere alla gente cosa stanno combinando i loro committenti nel boudoir dell’alta finanza.
Andate a guardare, per favore. Altro che “casta” (dei politici!), vi troverete di fronte uno scenario variegato, fantasmagorico, una bolgia di caste vere, palesi e occulte, cui attingere per far fare le ossa a generazioni di giornalisti d’inchiesta.
Prima o poi la verità verrà fuori. La gente comincia a capire che trattasi di una colossale mistificazione. Taluni la subiscono in assenza di una politica e di un’ informazione alternative, altri la rifiutano, la contestano e mirano al giusto obiettivo. Come hanno fatto, nei giorni scorsi, i movimenti degli studenti italiani (non quelli degli “indignati” telecomandati) che hanno indirizzato la loro protesta contro le banche e i poteri forti. E qui mi fermo perché desidero riprendere il punto di vista di Joseph Stiglitz che in Italia nessuno ha ripreso perché si teme potrebbe turbare il clima di “pensiero unico” dominante. Avverto che probabilmente la traduzione non sarà perfetta (si fa quel che si può); chi lo desidera può leggere il testo originale sul sito del quotidiano.
Alla domanda circa il ruolo giocato dalla Banca centrale europea (Bce), il Nobel risponde senza molto tergiversare: “La BCE non è democratica. Può decidere politiche che non sono in linea con quanto chiedono i cittadini. Fondamentalmente, rappresenta gli interessi delle banche, non regola il sistema finanziario in maniera adeguata e ha un’attitudine di stimolo ai CDS (Credit Default Swaps) che sono strumenti molto dannosi. Questo dimostra anche che le banche centrali non sono indipendenti…”
A proposito dei governi tecnocratici di Monti in Italia e di Papademus in Grecia dice: “Il principale problema è quello di avere creato un contesto economico a partire dal quale la democrazia è rimasta subordinata ai mercati finanziari. E questo la Merkel lo sa bene. La gente vota, però si sente ricattata. Si dovrebbe riformulare il quadro economico, affinché le conseguenze di non seguire i mercati non siano tanto severe”.
E’ la Grecia a finanziare le banche tedesche, non viceversa. Richiesto di un parere sullo strano ruolo trainante assunto da Francia e Germania e sulle loro “idee errate” circa la crisi europea, così risponde Stiglitz: “E’ chiaro che stanno ponendo l’interesse delle banche sopra quelli della gente. Questo è molto più chiaro nel caso della BCE, però non credo che sia lo stesso per Sarkozy e Merkel…Credo stiano proteggendo le banche poiché temono che se le banche dovessero crollare, l’economia crollerà. Per questo dico che hanno una visione errata, quantunque non creda che stiano ponendo gli interessi dei greci o degli spagnoli in capo all’agenda. Questo è l’altro problema: manca la solidarietà. Essi dicono che non sono una “unione di trasferimento di denaro”. Di fatto, lo sono, però il trasferimento del denaro va dalla Grecia alla Germania”.