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May 29, 2011
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May 29, 2011
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INCHIESTA: I CONTI CHE NON TORNANO 3/ Sicilia, tangenti al sole

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Time: 6 mins read

(Terza puntata) 

“La Sicilia è passata da una classe dirigente in mano alla mafia a politici che fanno affari in proprio”. Parole pesanti come macigni, quelle pronunciate nei giorni scorsi da Ugo Rossi, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa. Una denuncia a trecentosessanta gradi da parte di chi, per il ruolo che ricopre, sa bene come vanno le cose nell’Isola. 

“Il problema – ha precisato il procuratore Rossi – si è solo spostato. Il dramma di questa terra sono i politici che devono guadagnare su tutto. Se un appalto non prevede la tangente, non si fa e basta”. Il tutto in un Paese dove la magistratura, al di là delle sparate ormai giornaliere di Berlusconi, deve fronteggiare un numero crescente di indagini e di processi con risorse finanziarie sempre più ridotte. Insomma, aggiunge il magistrato, “va via la mafia e arriva la politica”. La mala-politica, aggiungiamo noi. Che non molto diversa dalla mafia. Anzi, forse sono due facce della stessa medaglia. 

Paragone un po’ troppo forte? Non esattamente. Partiamo da un raffronto tra presente e passato. Perché certe volte anche nel Sud d’Italia la storia riesce a essere “maestra di vita”. Mai come in questo momento storico, infatti, nel Mezzogiorno e, in particolare, in Sicilia, le parole di un alto magistrato dell’Isola si sposano con le considerazioni sugli uomini pubblici italiani che Indro Montanelli ha lasciato alla spesso distratta posterità del suo Paese, ovvero alla nostra martoriata Italia. Nel volume “L’Italia del Settecento”, commentando l’opera di Bernardo Tanucci, un uomo pubblico di grande spessore, forse il migliore amministratore della cosa pubblica della storia del Regno di Napoli (Tanucci occupò il ruolo di segretario di Stato e di ministro degli Affari esteri della casa reale Borbonica), Montanelli scrive: “Quando Tanucci morì lasciò molta nomea e pochi patrimoni, a differenza dei nostri odierni governanti, che lasciano poca nomea e molti patrimoni”.

E qui torniamo alle considerazioni del procuratore della Repubblica di Siracusa, Rossi, sulla Sicilia dei nostri giorni. “Se un appalto non prevede la tangente non si fa e basta…”. E’ il caso delle cosiddette energie alternative che, dai primi anni del 2000 ad oggi, sono il grande affare di questi giorni, complici i copiosi contributi a fondo perduto elargiti dallo Stato (che nelle vicende di mafia, chissà perché, gioca sempre un ruolo centrale). Sull’eolico ci sono già indagini della magistratura che provano la pesante presenza della mafia in questo settore. Per onestà di cronaca, il primo a parlare di “mafia delle pale eoliche” è stato Vittorio Sgarbi, il noto critico d’arte sindaco di Salemi, un Comune della valle del Belìce, in provincia di Trapani (non è da escludere che le polemiche che oggi coinvolgono Sgarbi possano essere la solita vendetta della mafia). 

Sul fotovoltaico – settore nel quale i margini di guadagno sono elevati – lo scenario è ancora più inquietante. Perché siamo davanti a un settore dove, per dirla con il procuratore di Siracusa, Rossi, “i politici fanno affari in proprio”. Qualche mese fa è stato arrestato un parlamentare regionale del Pd. Ad inchiodarlo ci sono inequivocabili intercettazioni e, soprattutto, una tangente di 10 mila euro che lo stesso deputato ha incassato qualche minuto prima di finire in manette. E’ interessante notare la linea di difesa adottata da questo parlamentare arrestato e l’atteggiamento complessivo della politica siciliana. 

Il parlamentare arrestato si difende dicendo che quella che ha intascato non è una tangente, perché lui dice di essere socio del titolare della società che gli ha dato i 10 mila euro. Al di là della veridicità di tale affermazione (di questo si sta occupando la magistratura), resta un dato: un politico in carica afferma di essere socio di un gruppo imprenditoriale che realizza impianti fotovoltaici). Siamo davanti a un’interpretazione, come dire?, un po’ ‘estensiva’ del ruolo della politica. La politica – anche attraverso incentivi finanziari – deve creare opportunità per le imprese e non sostituirsi alle stesse imprese. 

La cosa ancora più ‘interessante’ è che l’iter burocratico per la realizzazione di impianti ad energia solare è lunghissima. Ma le pratiche, guarda un po’, volano da un ufficio all’altro alla velocità della luce se il meccanismo viene ‘oleato’ a colpi di tangenti o se il titolare della società che realizza l’impianto è un politico. E poiché, in queste settimane, va sempre più emergendo la presenza di politici dietro alcune società che operano in Sicilia nella realizzazione di impianti fotovoltaici, sorge il legittimo dubbio che la politica siciliana (che già si sostituisce alle imprese per “fare affari in proprio”) possa anche alterare il “buon andamento della pubblica amministrazione” e, quindi il mercato, favorendo le imprese riconducibili alla stessa politica e, naturalmente, chi paga le ‘mazzette’. 

Attualmente il ruolo di assessore regionale all’Energia è ricoperto da un stimato dirigente dello Stato, il prefetto Giosuè Marino. Già è singolare che uno stimato prefetto della Repubblica faccia parte di una giunta regionale il cui presidente – Raffaele Lombardo – è indagato per mafia (l’inchiesta che coinvolge Lombardo si trascina da tempo, anche tra qualche settimana si dovrebbe sapere se il presidente della Regione verrà prosciolto o rinviato a giudizio). Ma queste sono considerazioni politiche e ognuno si assume le proprie responsabilità. Ciò che non sembra molto comprensibile è che, ancora oggi, non sia stata fatta piena chiarezza sui titolari delle società che operano in Sicilia nel fotovoltaico. Per appurare – è inutile girarci attorno – l’eventuale presenza ‘incestuosa’, in tali società, di politici e, segnatamente, di attuali parlamentari regionali. 

Un governo regionale che dice di essere per la ‘legalità’ e, naturalmente, contro la mafia, dopo l’arresto di un parlamentare della maggioranza, avrebbe dovuto rendere noti i nomi dei titolari delle società che operano nel fotovoltaico (e, magari, anche le visure camerali per accertare se dentro tali società ci sono parenti di politici o gli stessi politici che, quando si tratta di affari, non si fidano nemmeno dei loro parenti). Invece questi nomi restano coperti dalla privacy. Solo che in questa vicenda la privacy, con rispetto parlando, fa venire meno la ‘trasparenza’, soprattutto quando aleggia il dubbio, tutt’altro che infondato, che dietro alcuni di questi gruppi ci possano essere politici siciliani. E’ per questo che non vengono resi noti i nomi, per non far venire fuori i noi dei politici coinvolti in questo grande (e losco) affare?

Ancora più ‘simpatico’ l’atteggiamento della politica siciliana nel suo complesso, con riferimento sia alla maggioranza di centrosinistra, sia all’opposizione di centrodestra. Davanti all’arresto di un parlamentare preso con un ‘mazzetta’ in tasca la politica – a cominciare dal prefetto e dai due magistrati che fanno parte della giunta (del governo Lombardo, oltre al prefetto Marino, fanno parte i magistrati Massimo Russo e Caterina Chinnici: e tutt’e tre, in quanto impegnati in un contesto politico, fanno per definizione politica) – si è trincerata nel più assoluto silenzio. Per non parlare del Pd siciliano, sempre pronto – naturalmente a parole – a chiedere chiarezza se i fatti riguardano gli altri, ma a tacere se il malaffare sta dalla loro parte. La ‘speranza’, così si sussurra, è che il parlamentare arrestato taccia e non ‘sputtani’ tutti i colleghi politici –di maggioranza e di opposizione – coinvolti in questo affare (quando si dice che la politica siciliana si ‘alimenta’ con l’energia fotovoltaica…).

Va da sé che tutti i protagonisti di questi ‘silenzi’, appena la scorsa settimana, o si sono direttamente presentati alle manifestazioni, magari in prima fila, per ricordare – a parole, ovviamente, e non certo con i fatti – la figura e l’opera di Giovanni Falcone, o li hanno celebrati in lunghi e ‘commossi’ comunicati stampa. E siamo certi che tra qualche mese, e precisamente a luglio, saranno ancora una volta in prima fila per ricordare, naturalmente sempre a parole, la figura e l’opera di Paolo Borsellino e bla bla bla. 

 

(terza puntata – continua) 

ti.orebilobfsctd-12ebc0@oiluigittesorbma

 
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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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