Reazionario e cinico, ma non per questo privo di umorismo, Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord, nella sua vita è stato un po’ tutto: nobile per nascita, politico per vocazione, diplomatico e vescovo (poi dismesso) per convenienza; a scelta: camaleonte o realista: serve la monarchia di Luigi XVI, ma anche la Rivoluzione francese; ne esce indenne, e lo troviamo al seguito dell’imperatore Napoleone; dopo la sua caduta, alla corte di Luigi XVIII, e Gran Ciambellano sotto Carlo X, ambasciatore di Luigi Filippo I. Con l’austriaco conte Klemens Wenzel von Metternich, l’artefice di quella Yalta ante litteram che fu il Congresso di Vienna: quando le super-potenze di allora, scampato il pericolo del ciclone napoleonico, si accordano per spartirsi l’Europa e quella parte di mondo che dall’Europa si controllava.
Tanto lavoro, quello di Talleyrand, e lui viene ricordato soprattutto per una frase: “surtout pas de zèle”, “soprattutto niente zelo”, pare rivolta ai suoi impiegati del ministero degli Esteri: esecutori dei suoi ordini, va bene, ma senza prendere personali iniziative per compiacerlo.
Senza precipitare nel cinismo e nella spregiudicatezza del suo autore, la raccomandazione di non peccare in eccesso di zelo è sempre da tenere a memoria. In automatico – una sorta di pavloviano riflesso – ecco tornare questo ammonimento, dopo aver letto un lungo e dotto articolo di Gianni Riotta, pubblicato su “Repubblica”.

Lo si riassume sperando di non farne atroce sintesi. Riotta fa ricorso a un neologismo: “Putinversteher”. Nell’ignoranza totale della lingua di Goethe e di Shiller, si arriva a comprendere che quel “versteher” (“capire”), preceduto da Putin sta a significare qualcosa del tipo: connivenza con Putin. Riotta lo traduce infatti: “chi si intende con Putin”. Intesa vuol dire molte cose: c’è l’intesa dell’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, lobbysta di “Gazprom”, e dunque fondata più che su una concordanza di opinioni su un consistente dividendo economico; poi ci sono quelli che si “intendono” per “visione” e ideale. Quelli che ci credono, o almeno dicono di crederci, vai a sapere se si tratta di una posa, o di un calcolo: c’è uno spazio libero e lo occupano, avendone in cambio visibilità, possibilità di scrivere sui giornali e inviti televisivi, per esprimere opinioni “contro-corrente”, perché da tempo è invalsa l’abitudine che su qualsivoglia argomento occorre ospitare e dar voce a tutto e al suo contrario, quale esso sia, e per quanto scervellato e ripugnante possa essere. Se si obietta, la risposta, immancabile: “E’ la democrazia, bellezza, e tu non puoi farci nulla!”.
Del resto, la presenza di questi produttori di corbellerie e scempiaggini è una sorta di “uscita di sicurezza”: finché sono liberi di parlare, vuol dire che si può parlare. Nei regimi che loro auspicano e dicono di desiderare, a essere messi a tacere, oltre ai dissidenti, spesso sono proprio loro. Dunque, ben vengano i “Putinversteher“, per quanto possano risultare irritanti e fastidioso il loro berciare.

Qui entra però in campo lo zelo. Nel ricordato articolo di Riotta si compila quella che qualcuno ha definito (anche qui con un eccesso di zelo), una lista di proscrizione. Segue, puntuale come sempre in questi casi, discussione, dibattito, polemica.
A modesto modo di vedere, l’errore primario è di Riotta stesso: nel suo articolo (si è maliziosi se si sospetta che proprio questo piccolo polverone abbia cercato e desiderato? Forse sì) compone un’insalata mista di difficile digeribilità. Cita uno studio della Columbia University (che consente di fare sempre una bella figura), “Russian Active Measures: Yesterday, Today, Tomorrow“, curato dai docenti Olga Bertelsen e Jan Goldman; studio che analizza il fenomeno dei “Putinversteher” italiani, collazionati nel capitolo “Russian Influence on Italian Culture, Academia, and Think Tanks“ curato da Luigi Germani e Massimiliano De Pasquale, anticipato dal magazine online “Linkiesta”, diretto da Christian Rocca.

In questo studio una sorta di armata Brancaleone: Claudio Mutti, editore del fascio-putinista Aleksandr Dugin che, in nome di quest’ultimo, cercherebbe intese con la sinistra anti-yankee; l’ex ambasciatore a Mosca Sergio Romano, (nel mirino, in particolare, la prefazione a un saggio di Edward Lucas sulla nuova guerra fredda; il timore, da Romano avanzato, che l’Occidente voglia umiliare la Russia); il filosofo Massimo Cacciari, di cui si va a pescare un’intervista rilasciata al quotidiano triestino “Il Piccolo” del 2014 (l’interessato ha liquidato la cosa definendo – parole sue – Riotta un cretino); un giurista diventato noto per essersi schierato con gli antivaccinisti, il professor Ugo Mattei; un oscuro ex parlamentare del partito di Beppe Grillo, Pino Cabras; un filosofo di non si sa bene quale filosofia, Diego Fusaro, autore di una storica affermazione: «E’ Zelensky che manda il popolo ucraino al massacro»; una commentatrice, Barbara Spinelli propensa a distribuire equamente le responsabilità di quello che accade a Putin, Russia, Nato, USA, Occidente; i “Putinversteher“, secondo Riotta sarebbero annidati anche in un paio di giornali: “Il Giornale” dei fratelli Silvio e Paolo Berlusconi, e “Il Manifesto”; del primo sarà sopravvissuta qualche incrostazione dei tempi del “caro amico Putin”; del secondo ci si deve fidare di quanto sostiene Riotta: che da ragazzo su quelle pagine scriveva.

Il fatto è che per quello che riguarda Putin pochi, almeno in Italia, possono dire di essere nella condizione di lanciare l’evangelica prima pietra; un po’ tutti si sono comportati come Michael Corleone: “Niente di personale, solo affari”. Attenzione: “un po’ tutti”, non tutti (il Partito Radicale di Marco Pannella denuncia Putin in ogni sede da anni: per i massacri in Cecenia, in Siria, in Crimea, in Ucraina; e ha avuto i suoi morti assassinati: Andrea Tamburi responsabile della sede di Mosca; Antonio Russo, giornalista di “Radio Radicale”).
Ora occorre un po’ di pazienza, nella lettura. Altro che la “Riotta-list” e il suo “Putinverseher”. Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ospite della recente convention repubblicana a Orlando in Florida ha detto in polemica con il presidente Joe Biden: «Nessuno mi toglie dalla testa che senza lo scandaloso ritiro delle truppe da Kabul ieri, non avremmo mai visto il tragico assedio di Kiev oggi. E, certamente, nessuno si appresterebbe a vedere Taiwan occupata domani».

La memoria, a quanto pare, non è uno dei suoi pregi. Chi ha detto «Putin meglio di Renzi»? Giorgia Meloni, a ‘Otto e mezzo‘, 3 dicembre 2015; chi ha scritto: «Complimenti a Vladimir Putin per la sua quarta elezione a presidente della Federazione russa. La volontà del popolo in queste elezioni russe appare inequivocabile»? Giorgia Meloni, Facebook, il 18 marzo 2018. Chi ha scritto che la Russia di Putin «difende i valori europei e l’identità cristiana e combatte il fondamentalismo islamico»? Sempre Meloni, nel suo libro ‘Io sono Giorgia‘.

Certo: nulla a confronto con quello che ha detto Matteo Salvini:
«Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin!» (Facebook, 25 novembre 2015); Ucraina: ‘non si rompano le palle a Putin’ (TgCom24, “Ansa”, 12 novembre 2014); «Fra Putin e Renzi io scelgo Putin tutta la vita. Putin lo vorrei domani mattina come presidente del Consiglio» (‘Radio Anchi’io‘, 3 dicembre 2014); «Chi gioca contro Putin è un deficiente» (incontro con la stampa estera, 10 dicembre 2014); «L’Europa processa Putin, ma io lo preferisco a tanti euro-buffoni!» (Facebook, 11 marzo 2015); «Io credo che la Russia sia sicuramente molto più democratica dell’Unione Europea di oggi, una finta democrazia. Io farei a cambio, porterei Putin nella metà dei paesi europei, mal governati da presunti premier eletti che non sono eletti da nessuno, ma telecomandati da qualcun altro» (al Parlamento europeo, 11 marzo 2015); «Putin è una delle persone con le idee più chiare al mondo, mi basterebbe essere a un minimo del suo livello. Scambierei Renzi con Putin domani mattina, saremmo un Paese migliore» (‘Radio Cusano Campus‘, 20 marzo 2015); Salvini posta sul suo profilo Facebook delle foto con Putin e poi scrive, «Io sto con lui» (‘Ansa’, 9 maggio 2015); Salvini si presenta al Parlamento europeo con una maglietta bianca con la faccia di Putin di profilo, sotto un colbacco militare. «L’ho comprata a Mosca è una risposta agli euro-cretini che giocano alla guerra con Putin e con la Russia» (‘Ansa’, 9 giugno 2015); «Preferisco Putin all’Europa, non ci sono dubbi. Basta pensare che in Russia hanno una tassazione bassa, al 15%» (‘Zanzara’, su ‘Radio 24‘, 17 luglio 2015); «Putin e Le Pen sono due tra i migliori statisti in circolazione. Noi siamo vicini a chiunque difenda un futuro pacifico per l’Europa» (a Montecitorio, 9 dicembre 2015); Salvini presenta libro su Putin: «lui ha idee chiare» (‘Ansa’, 21 dicembre 2015); «Mi aspetto che domani escano dossier segreti che coinvolgono Putin nella strage di piazza Fontana e sull’aereo di Ustica. O ci sono prove o ci rido sopra» (sulle ipotesi di coinvolgimento del leader russo nella morte Alexander Litvinenko, ‘Ansa’, 21 gennaio 2016); «Faremo la storia con Trump, Le Pen e Putin» (manifestazione a Milano, 29 maggio 2016); «Renzi vede Putin? Un coniglio che incontra un gigante» (‘Ansa’, 17 giugno 2016); Putin è una «fonte di speranza», Donald Trump «un grande uomo», Marine Le Pen una “donna forte”, Nigel Farage “ha avuto il merito storico di aver creduto nella Brexit” (a “Die Welt”, 3 gennaio 2017); “Averne dieci di Putin in Italia, metterebbe un po’ di ordine” (a Napoli, “Ansa”, 11 marzo 2017); “Se devo scegliere tra Putin e la Merkel… vi lascio la Merkel, mi tengo Putin!” (su Twitter, 25 marzo 2017); “Meno male che Putin c’è” (Facebook, 7 aprile 2017); “Ritengo che Putin sia uno dei migliori uomini di governo al mondo. Lo dico perché lo credo e non perché me lo suggerisce qualcuno: se avessimo un Putin in Italia staremmo assolutamente meglio” (“Ansa”, 28 novembre 2017); “Putin mi piace perché lo stimo, non perché mi pagano per dire che mi piace” (“Radio 1”, 11 dicembre 2017); “Mi auguro che domani i russi rieleggano il presidente Putin, uno dei migliori uomini politici della nostra epoca, e che tutti rispettino il voto democratico dei cittadini” (su Twitter, 17 marzo 2018); “Vado a incontrare Putin. Uomini come lui, che fanno gli interessi dei propri cittadini, ce ne vorrebbero a decine in questo Paese” (durante un comizio nel Bresciano, 8 luglio 2018); “L’annessione della Crimea alla Russia è avvenuta dopo un referendum”; “Ci sono alcune zone storicamente russe, in cui c’è una cultura e delle trazioni russe, e che quindi appartengono legittimamente alla Federazione Russa”. Che sia stato un referendum falsato dalla presenza dei militari di Mosca “è un punto di vista, ma non è il mio” (“Washington Post” e “La Stampa”, 20 luglio 2018); “Putin è un grande presidente. E lo dico perché lo penso, non perché mi pagano” (alla festa della Lega Romagna, “Ansa”, 3 agosto 2019); “Lasciatemi dire che Putin è uno dei migliori uomini di governo che ci sia ora sulla faccia della terra… Insieme a Trump” (alla festa della Lega di Oppeano, Verona, “Ansa”, 12 luglio 2019); “Putin è un uomo di governo stimato e stimabile” (alla stampa estera, 13 febbraio 2020); “Voi ritenete davvero che Obama sia il buono e Putin il dittatore? Non insultate l’intelligenza della gente. (…) Io spero che Trump, Putin, Marine Le Pen e il sottoscritto possano fare qualcosa di utile per la democrazia e la pace nel mondo” (“Otto e mezzo”, “La7”, 30 marzo 2017).

Vladimir Putin e Silvio Berlusconi a Roma nel 2005 (Foto Wikimedia/ The Presidential Press and Information Office)
Vero è che Salvini si trova in buona compagnia; Silvio Berlusconi, per esempio, non è da meno. Il leader di Forza Italia, ha “un rapporto fraterno con Vladimir. Credo sia il migliore:
…ritengo che per la Russia sia una fortuna” (“Euronews”, 17 gennaio 2013); sulla questione ucraina ha ragione Putin? “Assolutamente sì. Putin porta le sue truppe sul confine e le porta perché gli abitanti della Crimea hanno paura che Kiev invii truppe che possano compiere stragi” (a “Bersaglio mobile”, “La7”, 20 maggio 2014); “Putin è una persona sensibile, di sentimenti profondi, ha un sentire delicato: è un vero guerriero della libertà e della democrazia nel suo paese” (in “Il Cav. in una videointervista per il libro “Berlusconi si racconta a Friedman, my way”, 6 ottobre 2015); “Vladimir è sensibile, aperto, ha il senso dell’amicizia, ha rispetto per tutti, soprattutto per le persone umili, e una profonda comprensione della democrazia” (“Frankfurter Allgemeine Zeitung”, 22 ottobre 2010); “Vladimir Putin è un dono del Signore” (Forum sulla democrazia a Yaroslav, in Russia, 10 settembre 2010); Putin “è in assoluto il numero uno dei leader mondiali. Lo assumerei in una mia impresa”, “ha un’idea molto chiara della pace del mondo. Tra tutti i leader mondiali è quello che ha una visione più lucida della situazione mondiale…è una persona di grandissima intelligenza e rispettosa degli altri, non prende il telefonino e fa un tweet quando sente che un capo di Stato gli ha detto qualcosa contro” (alla convention di Forza Italia a Milano, ”Ansa”, 5 ottobre 2018).
Putin piace al centro-destra, ma anche al Movimento 5 Stelle. “La politica estera degli Stati Uniti è stata un disastro sotto Obama. Se Trump ha voglia di convergere con Putin, di rimettere le cose sulla giusta strada, non può che avere il nostro appoggio Due giganti come loro che dialogano: è il sogno di tutto il mondo! Eravamo in guerra fredda, con l’arma nucleare. La politica internazionale ha bisogno di statisti forti come loro. Considero questo un vantaggio per l’umanità. Putin è quello che dice le cose più sensate sulla politica estera” (“traduzione autentica” dell’intervista rilasciata da Beppe Grillo al settimanale francese “Journal du Dimanche”, a cura del M5S Europa, 23 gennaio 2017); “L’alleanza Trump-Putin ci deve rassicurare” (Luigi Di Maio, “Di Martedì” su “La7”, 10 gennaio 2017); per la pace mondiale “meno male che c’è Putin”, (Alessandro Di Battista, “Il Post”, 25 gennaio 2019).; “Putin riconosce Donbass? Nulla di preoccupante…La Russia non sta invadendo l’Ucraina. Poi, per carità, tutto può accadere ma credo che Putin (e non solo) tutto voglia fuorché una guerra” (Alessandro Di Battista, su Facebook, “Adnkronos”, 22 febbraio 2022).
Con lo ‘sciocchezzaio’, almeno per ora, si può finirla qui. Qui sì, siamo al vero “Putinversteher”; altro che i nomi di quattro o cinque ciarlieri opinionisti o accreditati tali.

Per inciso: c’è chi ha rilevato che il citato studio della Columbia University risale al 2021; e alcuni nomi citati non si sono: in particolare quelli di Stefano Fassina, Ugo Mattei, Laura Boldrini, Barbara Spinelli; forse in un afflato di quelli di cui Talleyrand mette in guardia, li ha aggiunti lui. Pare che la stessa Columbia University c’entri fino a un certo punto; sarebbe invece parte di un documento di ricerca che fa parte di una raccolta di saggi (oltre 400 pagine) pubblicata dalla casa editrice tedesca “Ibidem”, che negli Usa è distribuita dalla Columbia University Press, la casa editrice dell’università in questione. I curatori non sono docenti della Columbia: Bertelsen lavora alla Embry-Riddle Aeronautical University di Prescott, Arizona; Goldman alla Citadel di Charleston, South Carolina. Gli autori italiani dello “studio” non lavorano alla Columbia, non hanno alcun incarico accademico: Di Pasquale si presenta come “fotogiornalista e saggista”, Germani è “direttore scientifico dell’Istituto Gino Germani di scienze sociali e studi strategici”.
Gli autori del documento di ricerca si propongono di “discutere l’influenza russa sulla cultura e sull’accademia italiana”. Distinguono “due diversi tipi di intellettuali filorussi in Italia”: i neo-eurasianisti, con “posizioni radicali pro-Mosca e anti-occidente”, e i “Russlandversteher” con “una posizione pro-russa pragmatica e moderata, basata su considerazioni di realpolitik“. Insomma, pare che le cose siano un po’ diverse da come presentate.
Ad ogni modo, non ci si può considerare che fortunati per il fatto che si è qui a poterne parlare e scrivere liberamente. Mentre si raccoglieva il materiale per questo articolo, ci si è imbattuti nel resoconto di Josh Dawsey del 6 marzo, per la “Washington Post”. Si racconta del discorso dell’ex presidente Donald Trump a un’assemblea del Partito Repubblicano a New Orleans.

Mister Trumplethinskin propone di “etichettare” gli F-22 statunitensi con la bandiera cinese e “bombardare la merda dalla Russia…E poi diciamo, la Cina l’ha fatto, noi non l’abbiamo fatto, la Cina l’ha fatto, e poi iniziano a litigare tra loro e noi ci sediamo a guardare“. Elogia il dittatore nordcoreano Kim Jong definendolo “seriamente duro”; dice di essere stato più duro con Putin di qualsiasi altro presidente; ribadisce le false affermazioni di aver vinto le elezioni del 2020; esorta il GOP a essere “più duro” sulla presunta frode elettorale; denigra gli oppositori interni; definisce il riscaldamento globale “una grande bufala” che potrebbe effettivamente portare uno sviluppo positivo: più proprietà sul lungomare. Sembra che l’uditorio si sia molto divertito a questa girandola di stupidaggini.
Davvero scherza, Trump? Davvero battute? Come sia: meno male che alla Casa Bianca c’è “Sleepy Joe”. Davvero meno male.