Sembrava disinvolto Roman Protasevich, o meglio, ci provava a non mostrare segni di estorsione durante la conferenza stampa a sorpresa del 14 giugno a Minsk sul dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius avvenuto lo scorso 23 maggio, quando insieme alla fidanzata Sofia Sapega, il giornalista e noto attivista è stato catturato dalle autorità della Bielorussia con l’accusa di terrorismo.
Indossava abiti civili e sedeva tranquillamente accanto ai generali mentre le telecamere riprendevano le sue lodi a Aleksandr G. Lukashenko, quel leader autocratico che fino a qualche settimana prima aveva paragonato a Hitler.

Non è certo il primo dissidente a rinunciare alle sue opinioni dopo aver trascorso del tempo nelle macabre prigioni bielorusse. Ammettendo i suoi peccati, Protasevich ha affermato di capire “il danno inflitto non solo allo Stato, ma al Paese”, aggiungendo di voler “fare di tutto per correggere questa situazione”.
Dopo l’arresto, Protasevich era già apparso in pubblico. La prima volta visibilmente più agitato, riportava anche lividi sul volto e segni sui polsi. La scorsa settimana, durante un’intervista con Marat Markov, capo del canale ONT della televisione di stato bielorussa ed ex membro dell’amministrazione di Lukashenko, il giovane era scoppiato in lacrime mentre confessava i suoi presunti crimini e negava di essere stato maltrattato. Parole a cui non credono né i familiari né i membri dell’opposizione bielorussa.
In effetti, il voltafaccia di Protasevich appare assai improbabile. Fin dall’adolescenza, il giornalista, ora ventiseienne, è stato un avversario dichiarato del governo. Diventato direttore di NEXTA Live, importante canale di opposizione su Telegram per la circolazione di informazioni libere in Bielorussia, Protasevich ha aiutato a coordinare le enormi proteste dello scorso anno contro Lukashenko, accusato a sua volta di aver truccato le elezioni. Spesso incarcerato per brevi periodi, il giovane ha subito una pressione tale da essere costretto, insieme alla famiglia, a lasciare il paese, trasferendosi dapprima in Polonia e poi nella vicina Lituania per unirsi a Svetlana Tikhanovskaya, la principale candidata dell’opposizione alle elezioni di agosto e anche lei costretta a fuggire.

“Non indosso un Taser e non mi viene somministrato un siero della verità“, ha insistito il giovane, attirando però la compassione della troupe della BBC e di altri giornalisti che hanno lasciato l’aula in segno di protesta. Tatiana Korovenkova, giornalista dell’agenzia stampa indipendente BelaPAN, si è avvicinata a Protasevich e gli ha espresso la sua “più sincera solidarietà – aggiungendo – Posso solo immaginare che cosa possano averti fatto… Per favore resisti”.
Se ritenuto colpevole Protasevich rischierebbe oltre dieci anni di prigione. Ciò che le autorità bielorusse sperano di ottenere sfoggiando il mea culpa di Protasevich è chiaro. La loro tesi rimane che il dirottamento dell’aereo Ryanair non aveva nulla a che fare con l’arresto del noto attivista, ma era dovuto a una minaccia di esplosione inviata via e-mail.
L’episodio, considerato una violazione della Convenzione sull’aviazione civile internazionale, oltre ad aver indignato l’Ue e i paesi Nato, mette in luce la brutalità del dittatore e la sua ferma volontà di fare qualunque cosa pur di reprimere il dissenso con l’appoggio del leader del Cremlino.

La scorsa settimana, il CPJ (Comitato per la protezione dei giornalisti) ha chiesto una maggiore pressione internazionale per porre fine alla repressione contro la stampa portata avanti dal regime bielorusso.
L’appello è arrivato in vista del vertice del 16 giugno tra il presidente USA, Joe Biden, e quello della Russia, Vladimir Putin. Per il CPJ, senza misure chiare da parte di Stati Uniti, Unione Europea e organizzazioni come l’ONU, “la situazione in Bielorussia non si risolverà” e il governo di Alexandr Lukashenko “non fermerà la repressione“.

Dalle Nazioni Unite, i copresidenti del Gruppo di amici delle Nazioni Unite per la protezione dei giornalisti – Grecia, Francia e Lituania – nel condannare il dirottamento aereo del volo Ryanair e ricalcando le dichiarazioni del Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, hanno sostenuto un’indagine completa, trasparente e indipendente su quello che è un attacco alla libertà di stampa. Nel documento si legge:
“La libertà dei media è una parte essenziale delle società democratiche. Gli Stati dovrebbero garantire un ambiente libero, sicuro e che consenta ai giornalisti di svolgere il proprio lavoro in modo indipendente e senza interferenze. Le detenzioni arbitrarie ostacolano il compito del giornalismo di costruire società e democrazie inclusive, contribuendo a plasmare un dibattito pubblico informato e favorendo il dialogo interculturale, la pace e il buon governo. Non ci può essere libertà di stampa quando c’è paura”.